La cosiddetta dieta mediterranea, tradizionale per secoli in Italia, si è dimostrata efficace nel prevenire le malattie cardiovascolari, l’obesità, il diabete e i tumori. Il ritorno a un’alimentazione di tipo mediterraneo ha contribuito alla diminuzione della mortalità per malattie cardiovascolari”. – Prof. Umberto Veronesi
COS’È LA DIETA MEDITERRANEA
Per dieta mediterranea si intende l’insieme degli alimenti che costituiscono la dieta degli abitanti dei paesi che si affacciano sul mare mediterraneo, alimenti prevalentemente di origine vegetale, ortaggi, frutta, cereali e legumi.
Questo tipo di alimentazione è considerata la più efficace per la prevenzione di obesità e malattie cronico degenerative come il diabete, tumori, ipertensione, per cui rappresenterebbe un modello salutare da seguire, poiché un’alimentazione equilibrata unita ad un corretto stile di vita sono la base essenziale per la nostra salute.
L’origine della dieta mediterranea è fatta risalire a circa 10.000 anni fa in medio oriente dove frumento, olio d’oliva e vino costituivano gran parte delle colture di questa terra, a cui successivamente grazie anche agli scambi commerciali, si aggiunsero altre piante e ortaggi che contribuirono progressivamente alla nascita della dieta mediterranea definitiva.
STUDI NEGLI ANNI ’50
Il termine alimentare che sta per “dieta mediterranea” venne invece “ battezzato” negli anni ’50 dallo studioso statunitense Ancel Keys, che richiamò l’attenzione internazionale sui bassi tassi di malattie cardiache in alcune aree del mediterraneo. Questo studioso effettuò numerosi studi per quanto riguarda l’alimentazione dei popoli dell’area mediterranea e asiatica confrontandoli con l’alimentazione dei popoli del Nord Europa e degli Stati Uniti. Infatti le popolazione delle zone mediterranee e di quelle asiatiche presentavano una minore incidenza di malattie cardiovascolari rispetto alle popolazioni del Nord Europa e degli Stati Uniti.
Ancel Keys prese come punto di riferimento le abitudini alimentari degli abitanti di Creta che presentavano un’incidenza particolarmente bassa di malattie cardiache e una più elevata aspettativa di vita, nonostante gli scarsi servizi medici previsti per l’epoca (anni ’50). Sempre negli anni ’50, Keys avviò lo “Studio dei Sette Paesi”, che interessò la Finlandia, l’Olanda, l’Italia, la Jugoslavia, la Grecia, il Giappone e gli Stati Uniti.
Risulta che nelle aree del mediterraneo (tra cui l’Italia e la Grecia) nonostante vi fosse un elevato consumo di grassi, soprattutto olio d’oliva, si godeva di una bassa incidenza di malattie cardiovascolari e si iniziarono a comprendere gli effetti fisiologici e salutistici degli acidi grassi monoinsaturi dell’olio d’oliva. Anche il Giappone, insieme, alle zone dell’area mediterranea, presentò una bassa incidenza di malattie cardiovascolari e presentava una dieta con un basso contenuto di carni e un elevato consumo di pesce (ricco di omega 3) e tè verde (con potere antiossidante). La Finlandia orientale, invece, risultò la zona con il più elevato tasso di malattie cardiovascolari, dovuto alla dieta particolarmente ricca di acidi grassi saturi (carni e grassi solidi).
CRITERI DELLA DIETA MEDITERRANEA
La piramide definitiva alimentare della dieta mediterranea prevede:
- Consumo mensile di carne rossa;
- Consumo settimanale di pesce, pollame, uova;
- Consumo giornaliero di farine grezze e integrali come pane nero, pasta e riso integrale, cereali (orzo, farro, cus cus), legumi, ortaggi, noci, mandorle, frutta, olio d’oliva e vino rosso.
E’ inoltre indicata l’attività fisica quotidiana, lunghe passeggiate all’aria aperta.
PARADOSSO FRANCESE
Il “paradosso francese” invece riguarda il fatto che i francesi hanno un rischio di malattie cardiache pari ad un quarto di quello degli inglesi e degli scozzesi. Una funzione protettiva è stata associata ad un maggior consumo da parte dei francesi dell’olio d’oliva, del pesce, la frutta, la verdura, il vino rosso, grassi e pochi carboidrati. Questo paradosso (dovuto al Maggiore consumo di grassi e minore presenza di malattie cardiologica) è stato giustificato dal rilevante consumo di vino rosso in cui è presente una grande quantità di polifenoli (tra cui il resveratrolo) che hanno un potere antiossidante e protettivo per il cuore. Molti studi epidemiologici, infatti, hanno dimostrato che un moderato consumo di vino esercita effetti protettivi per quanto riguarda tutte le malattie cardiache.
DIETA MEDITERRANEA OGGI
In definitiva chi pratica la dieta mediterranea in ogni caso ha risultati davvero sorprendenti, la mortalità per cardiopatia ischemica risulta infatti molto più bassa nel mediterraneo che in altri paesi.
Purtroppo però questo stile di vita e alimentazione è andato via via scomparendo con conseguenze allarmanti e drammatiche, soprattutto per quanto riguarda la malnutrizione, questa è una condizione biologica che si verifica quando gli apporti di energia e nutrienti sono carenti o eccessivi rispetto ai bisogni. La nostra Dieta mediterranea purtroppo va sempre di più americanizzandosi.
Delle antiche regole vigenti negli anni 50 rimane ben poco. La pubblicità dei prodotti alimentari oramai è uno dei principali strumenti di orientamento per il consumo alimentare nel nostro paese, e molto spesso i prodotti reclamizzati non sono idonei per una corretta alimentazione. A farne maggiormente le spese sono i più piccoli in quanto più esposti ai messaggi mediatici soprattutto perché i prodotti più sponsorizzati sono indirizzati a loro, con personaggi accattivanti che reclamano solo gli aspetti positivi di tale prodotto senza minimamente far accenno alle conseguenze negative che un alimentazione scorretta può portare. Attualmente il numero dei bambini obesi in Italia e in forte aumento, proprio in virtù del consumo di tutti questi prodotti spazzatura che sono ben lontani dai prodotti salutari presenti nella nostra antica dieta mediterranea.
DIETA MEDITERRANEA IN ITALIA
L’Italia rappresenta ancora il prototipo della dieta mediterranea con la sua dieta apparentemente salutare a base di cerali, pasta, legumi, ortaggi, frutta, verdura, olio d’oliva, pane e vino, in effetti questo varrebbe solo per quanto riguarda le regioni del Sud Italia, infatti vi sono ancora oggi delle grosse differenze alimentari tra il nord e il sud. Diciamo che in grandi linee, più andiamo al nord e più ci allontaniamo dal mare e dalla dieta mediterranea; più scendiamo al sud e ci avviciniamo al mare, più ci avviciniamo alla dieta mediterranea.
BREVE VIAGGIO MEDITERRANEO NELLE TRE AREE D’ITALIA
LIGURIA
Il nostro viaggio nella cucina dell’Italia settentrionale inizia dalla Liguria: una striscia di terra, costretta tra i monti e il mare, la cui cucina esprime il naturale connubio tra queste due anime del suo territorio. Possiamo affermare che il pesce e le erbe sono alla base della gastronomia ligure. Emblema assoluto ne è forse il pesto (fatto di olio di oliva e basilico con pinoli o nocciole) un vero concentrato di antiossidanti. Viene usato sia come salsa per condire la pasta, sia aggiunto ai minestroni di verdure.
In apparenza povera, perché fatta di alimenti semplici e comuni, la cucina ligure ha saputo arricchirsi di usi culinari esterni, grazie anche all’importanza di Genova nel passato. L’uso del baccalà, ad esempio, presenta grandissime quantità di omega 3.
PIEMONTE
Risalendo verso nord ci addentriamo in una cucina italiana più vicina a quella francese: quella piemontese. In essa, infatti, è notevole l’impiego del burro e del lardo, il consumo di verdure crude, la grande varietà di formaggi e l’uso diffuso del tartufo e dell’aglio. La cucina di questa regione presenta forti radici contadine ma, allo stesso tempo, suppone un’alta valorizzazione dei propri prodotti e risente degli influssi della cucina europea. Un altro alimento distintivo è il riso, coltivato nella provincia di Vercelli, detta “la risaia d’Italia”.
LOMBARDIA
Entriamo in Lombardia: questo vasto territorio mette in comune gastronomie di province molto diverse tra loro che presentano un denominatore comune: il pesce d’acqua dolce, il latte, i formaggi e il burro, la carne bovina e suina, il riso e il mais. La cucina lombarda è la cucina dei bolliti e degli stufati, degli intingoli adatti ad accompagnarsi alla polenta, del riso, delle paste ripiene, del burro e del lardo. Come si può ben capire, un po’ troppo contaminata dalla cucina del nord Europa.
EMILIA ROMAGNA
La cucina di Romagna, è assai più povera e semplice. La povertà di questa cucina è stata condizionata dalla presenza di piccole signorie instabili, con corti e mense di non forte lustro e poi dal lungo dominio dello Stato della Chiesa. I caratteri della cucina romagnola sono molto semplici e contadini; l’apporto della cultura marinara è di scarso peso e si estende unicamente nella zona costiera. La cultura gastronomica del pesce, seppur ristretta alla fascia costiera, è fondamentale in questa regione. Il vertice della cucina di mare di Romagna è infatti rappresentato dal cosiddetto brodetto.
ITALIA CENTRALE
Definire l’Italia Centrale in due parole di tecnica gastronomica non è certo facile, le tradizioni culinarie delle quattro regioni che la compongono sono troppo diverse e senz’altro legate alle radici storiche e ai popoli che le abitarono: gli Umbri, gli Etruschi, i Romani e gli Ebrei. Eppure se volessimo riassumere in due aggettivi l’essenza di questa cucina, questi sarebbero sicuramente: semplice e sublime. In effetti, la Toscana, le Marche, l’Umbria e il Lazio condividono il segreto di una cucina popolare che esalta il sapore dei singoli ingredienti, pochi, spesso poveri, ma sempre di notevole qualità. Una cucina che si serve sapientemente dei prodotti a sua disposizione senza sprecare nulla.
TOSCANA
La cucina toscana è sobria, genuina e raffinata. Sfrutta abilmente quanto le offre il territorio: pesci e frutti di mare sulla costa tirrenica, carni, uova, ortaggi (con il cavolo nero in testa) e legumi secchi (prevalgono i fagioli), nell’entroterra; castagne, funghi e patate nei pressi delle Alpi e dell’Appennino. L’alimento fondamentale è senza dubbio il pane, rigorosamente senza sale, un tempo troppo costoso, che è alla base di numerosissime ricette toscane come: la panzanella, la pappa al pomodoro, l’acquacotta e la ribollita. Altri rinomati piatti toscani sono il cacciucco, gustosissima zuppa a base di pesce e molluschi; ed infine la famosa bistecca alla fiorentina, la bistecca italiana per eccellenza, preparata con la carne chianina.
MARCHE
Le Marche rappresentano un punto di incontro tra la gastronomia settentrionale e quella meridionale. Cucina elaborata e raffinata, nella zona costiera punta su pesce e frutti di mare, cotti allo spiedo o nel tradizionale brodetto; nell’entroterra invece il principale ingrediente è la carne, di maiale e di cinghiale, dalla quale si ottiene un eccellente prosciutto da gustare in tocchetti e la famosa porchetta che i marchigiani ritengono una loro invenzione. Da non dimenticare le olive ascolane, simbolo gastronomico di Ascoli Piceno; i vincisgrassi maceratesi; lo stoccafisso in potacchio e le lumachelle all’urbinate.
UMBRIA
I piatti della cucina umbra sono semplici e naturali, quasi monastici: i prodotti, sempre rigorosamente di stagione, vengono lessati o arrostiti, aromatizzati con un olio extravergine d’oliva leggero e saporito, verde come i boschi umbri e sicuramente uno dei migliori d’Italia. Fonte infinita di delizie gastronomiche, l’Umbria offre prodotti pregiati: protagonista indiscusso è il tartufo nero di Norcia, ingrediente di molti primi piatti della zona. Un posto altrettanto importante occupano le carni, di maiali e cinghiali che si nutrono di ghiande, mais e grano, sapientemente trasformate in salumi dai macellai di Norcia, considerati da molti i migliori del mestiere. Altri prodotti di rilievo sono le patate, i formaggi, le lenticchie di Castelluccio da Norcia, tanto tenere da non necessitare l’ammollo previsto per i legumi; il farro della Valnerina.
LAZIO
Il Lazio segna la frontiera tra la ricchezza gastronomica del Nord e la cucina povera del Sud. La cucina laziale è rappresentata quasi esclusivamente dalla cucina romana, nella quale convergono tutte le specialità di zone confinanti e le tradizioni culinarie della regione, divenendo così un ricco riassunto di una gastronomia varia e di estrazione popolare. La cucina laziale nasce dal connubio fra la raffinata cucina ebraica e quella sorta intorno ai mattatoi che ha come protagonisti frattaglie, guanciali ed altri scarti.
ABRUZZO
Il nostro viaggio nella cucina dell’Italia centrale termina con la cucina dell’Abruzzo e del Molise. La cucina abruzzese è una cucina dai sapori forti e robusti. Assai diffuso è l’uso dello zafferano che è alla base di molti piatti abruzzesi. Famosi, in tutta la regione, sono i maccheroni alla chitarra, conditi con un ragù di maiale e coniglio. L’agnello è alla base dei cosiddetti arrosticini, degli spiedini la cui cottura avviene su di un bracere dalla caratteristica forma allungata. L’Abruzzo è stato tradizionalmente una terra di pastori.
“Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti”. – D’Annunzio
MOLISE
Il Molise è la più piccola regione italiana dopo la Valle d’Aosta. Storicamente annesso all’Abruzzo, presenta attualmente una cucina molto simile a quella della regione vicina. Il suo territorio è caratterizzato da una vasta area montuosa e da una piccola striscia situata sulla costa adriatica. Questo aspetto territoriale si riflette anche all’interno della cucina molisana in cui domina la cultura del maiale. Sul breve tratto di mare domina la cucina marinara fatta di zuppe, minestre e risotti.
CAMPANIA
L’annessione di Napoli al Piemonte, ovvero i primi passi verso l’Unità d’Italia, fu celebrata da Camillo Benso, conte di Cavour con una manciata di pasta: “I maccheroni sono cotti e noi li mangeremo“. Nonostante le differenze tra Nord e Sud, la pasta fa da trade union nel Belpaese, che, indubbiamente, anche dal punto di vista gastronomico, riflette una travagliata storia nazionale che contempla commistioni e conoscenze trasmesse da regione a regione e da città a città.
Il rapporto città e campagna, e ancor più tra ceti sociali diversi, è raffigurato nei piatti dell’arte culinaria. Spesso sono le città che vengono identificate con alcuni cibi, ma, in realtà, è dalla campagna che arrivano le specialità. Probabilmente perché i cuochi provenivano dai ceti più umili e servivano nelle case dei ricchi, portando con sé una tradizione alimentare essenziale su cui avevano la possibilità di innestare l’abbondanza degli alimenti che erano finalmente largamente disponibili.
Gastronomicamente Italia vuol dire pasta, gelato, e pizza, antichissimi ma da sempre di successo. La pizza, vero emblema nazionale è, in realtà, un piatto povero, nato a Napoli durante una terribile carestia. Quando si parla di gastronomia dell’Italia meridionale si ritrovano delle costanti in tutte le regioni, e, spesso, la cucina campana, rappresenta un punto di riferimento. Probabilmente per ragioni storiche, vincolate alle carestie e alla povertà, il cibo è per i meridionali una vera e propria fissa, spesso la principale paura è proprio quella di rimanere a digiuno. Perciò il mangiare, come momento di condivisione, rappresenta molto di più che il semplice nutrirsi.
Napoli, è rappresentata da Pulcinella, maschera napoletana durante l’epoca della Commedia dell’Arte. Il servo che ama mangiare ed è sempre alla continua ricerca di cibo, visto che avverte incessantemente un gran bisogno di sfamarsi. In alcuni film, poi, la pasta, ed in particolare, gli spaghetti sono stati spesso protagonisti di scena, sia sulla tavola dei ricchi che alla mensa misera dei poveri: cibo come realismo e specchio della vita quotidiana, cibo come icona dell’identità nazionale o come icona d’identità familiare. È indimenticabile Totò nell’opera di Scarpetta, nel film “Miseria e nobiltà” (1954), che danza sul tavolo assieme a Peppino De Filippo: i due mangiano con ingordigia afferrando e ficcandosi gli spaghetti un po’ ovunque, in bocca, nelle tasche dei pantaloni…
Di Napoli è anche Sophia Loren che nella sua produzione televisiva e cinematografica ama ostentare questa sua passione per il cibo. Addirittura la Loren è stata battezzata, dalla critica cinematografica, pizzaiola, poiché impersonò una sanguigna e prosperosa pizzaiola nel film a episodi “L’oro di Napoli” diretto da Vittorio De Sica.
Ingrediente fondamentale della pizza è il pomodoro. In realtà sin dal ‘600 si trovano le ricette delle pizzelle, dischi di pasta di pane, fritti, con condimenti assortiti. Ma bisogna aspettare verso la fine del ‘700, con l’arrivo in tavola del pomodoro per avere la pizza contemporanea. Le prime versioni di pizza con il pomodoro vengono condite con aglio e olio a crudo, o mozzarella e acciughe salate, e mantengono la classica chiusura “a pacchetto”, tipica del calzone.
La pizza Margherita, mostra i colori della bandiera nazionale, con mozzarella, pomodoro e basilico. L’entusiasmo della regina nei confronti della versione “patriottica” portò il pizzaiolo partenopeo ad un scelta storica: la pizza con mozzarella, pomodoro e basilico si sarebbe chiamata proprio come la regina.
È evidente che, quando si parla di gastronomia, a Napoli, il principe della cucina campana è il pomodoro, ingrediente principale per la pizza ma anche per il ragù, “o rraù” piatto tipico domenicale e base per altre pietanze altrettanto saporite, come ad esempio la tipica lasagna. È molto di più della semplice carne ca’ pummarola, come recita la poesia di Eduardo De Filippo, che veniva cotto su di una fornacella a carbone e doveva cuocere per almeno sei ore. Attualmente si usa chiamare ragù un sugo di pomodoro nel quale si è cotta della carne.
Ecco la poesia di Eduardo De Filippo che rende omaggio al ragù napoletano:
‘O ‘rraù
(Il ragù)
‘O rraù ca me piace a me
(Il ragù che piace a me)
M’ ‘o ffaceva sulo mammà
(Ma lo faceva solo mia mamma)
A che m’aggio spusato a te
(Da quando mi sono sposato con te)
Ne parlammo pè ne parlà
(Ne parliamo solo pour parlair)
Io nun songo difficultuso
(Io non sono difficile)
Ma luvàmmel’ ‘a miezo st’uso
(Ma è meglio che togliamo quest’abitudine)
Sì,va buono: cumme vuò tu
(Sì, va bene, come vuoi tu)
Mò ce avéssem’ appiccecà?
(Non è mica il caso di litigare?)
Tu che dice? Chest’ ‘è rraù?
(Tu che dici? Che questo è ragù?)
E io m’ ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià
(Ed io lo mangio solo per mangiare)
M’ ‘ a faja dicere na parola?
(Posso dire giusto una parola?)
Chesta è carne c’ ‘ a pummarola
(Questa è carne con il pomodoro)
BASILICATA
Scendendo verso il Sud ed addentrandoci nelle montagne, incontriamo la Basilicata, terra molto ricca di tradizioni culinarie. La gastronomia lucana non appartiene ai riferimenti culturali, ma, senza alcun dubbio, la cucina lucana è tradizionalmente una sapiente unione di prodotti semplici e genuini, lontana dalle sofisticate elaborazioni della cucina moderna. Basti pensare che nella preparazione dei piatti è contemplato il solo uso dell’olio di oliva, mentre il burro, il burrino, è usato come formaggio.
PUGLIA
Proseguendo verso la costa adriatica, con il paesaggio punteggiato a perdita d’occhio dagli ulivi, lambito da 784 chilometri di costa e dominato dai rilievi calcarei delle Murge, la Puglia è il luogo dove le tradizioni della civiltà contadina si fondono e si confondono con il fascino del mare, in un’osmosi di idee, usi e tradizioni. La Puglia è il crocevia marittimo e terrestre fra oriente e occidente, la terra delle mille chiese, delle cattedrali romaniche, dei castelli federiciani e delle grotte. Anche la cucina pugliese è semplice, legata soprattutto al lavoro della terra, che non conosce gli apporti delle corti, ma ha elaborato piatti tipici dai molti sapori e profumi. Quattro i cardini di questa gastronomia: olio, grano, verdure e pesce. Dalla fascia costiera adriatica, tutta ammantata di stupendi oliveti, si ricava quell’olio che ha un posto d’onore in cucina e che rappresenta circa un terzo della produzione complessiva italiana. Nella pianura del Tavoliere si coltiva il grano duro, all’origine di innumerevoli tipi di pasta e del celebre pane pugliese, scuro e saporito. Molto diffuse e di qualità pregiata sono le produzioni ortofrutticole, alla base di piatti originalissimi, elaborati comunque in tutte le province senza differenze sostanziali.
Nella regione coesistono tre diversi modi di mangiare, probabilmente risalenti all’assetto dato alla Puglia da Federico II che, nel 1222, distinse la terra di Bari dalla Capitanata e dalla terra d’Otranto. Sono gli albori di quelle che saranno le attuali province di Foggia, Bari e Lecce. Le tre cucine presentano gli stessi piatti ma ognuna tende a differenziarsi secondo la propria tradizione. Farinacei, olio e vino costituiscono i tre pilastri dell’alimentazione popolare pugliese. Dal biondo grano di Puglia, la via della pasta si snoda tra produzione industriale e attività artigianale di pastifici e massaie. Ai vari tipi di pasta corrisponde una nutrita varietà di condimenti che si alternano nel menù domestico settimanale secondo un calendario quasi rituale. Le paste casarecce, ovvero fatte a mano, sono condite soprattutto con le verdure: pasta e cime di broccoli, pasta e cavoli, maccheroni e melanzane, pasta e purea di fave, spaghetti e cicoria.
CALABRIA
Costante della gastronomia dell’Italia meridionale è una tavola, certo non raffinata o ricca d’ingredienti. Questo vale anche per la Calabria, regione aspra, caratterizzata da un’atavica povertà, lontana dai grossi centri culturali e vessata per secoli da un’economia di tipo feudale che l’ha impoverita di risorse. Protesa al centro del Mediterraneo, lambita da due mari, la Calabria nelle sue coltivazioni ha raccolto e metabolizzato influenze dell’Est come dell’Ovest: alcune coltivazioni furono trapiantate sul suolo di quella che si chiamava Enotria dai coloni greci, fondatori di una civiltà di cui si sente ancora l’orgoglio. La tavola che caratterizza la regione è robusta, fatta di sapori intensi, di piatti antichissimi e di aromi violenti. Le verdure sono, da sempre, protagoniste e, insieme alla pasta e a tutti i derivati del maiale, costituiscono la base della cucina locale. Regina delle verdure è la melanzana, visto che il terreno calabrese, povero di acque, di natura silicea e scarsissimo di calcio, è adatto a questa solanacea, perché consente la maturazione di un complesso di sostanze aromatiche che danno alla polpa un sapore ottimo. Nella regione si conoscono un’infinità di modi di cucinare le melanzane: in agrodolce, in scapece, ripiene, fritte con pomodori e uova, ecc., talvolta arrivano in tavola irriconoscibili. Altre verdure onnipresenti sono i pomodori, i peperoni e le cipolle dalla caratteristica buccia rosso-violacea, di polpa dolce e carnosa, dai bei colori vividi, sono ornamento della tavola nelle più svariate preparazioni. A questi ingredienti si aggiunge, sulla costa, il pesce. La pesca ha una più lunga tradizione sullo Stretto e a Reggio, dove si cattura fra l’altro il pesce spada.
SICILIA
Parlare di cucina siciliana significa intraprendere un viaggio nella storia dell’isola, attraverso le diverse civiltà che si sono avvicendate nella dominazione della Sicilia e che hanno lasciato, anche dal punto di vista gastronomico, una forte eredità. Troviamo, dunque, influenze della civiltà greca soprattutto per la cottura alla griglia, l’uso dell’origano, dell’aglio e delle olive. Molto più forte è stata l’influenza degli arabi. Sotto la dominazione araba, la Sicilia visse un periodo di grande sviluppo anche nella cultura culinaria. Il commercio marittimo e l’agricoltura introdussero nuove coltivazioni come la canna da zucchero, il riso, gli agrumi e la frutta secca. La Sicilia è la terra dell’olio, che si usa per cucinare e per condire, delle erbe aromatiche e della frutta secca. Un posto di rilevo occupa la cosiddetta gastronomia da strada: la tradizione è ricca di preparazioni veloci, poco costose ed in vendita in bancarelle o chioschi che di solito si trovano accanto ai grandi mercati dove si possono gustare pane e panelle, pane con la milza e gli arancini. Fondamentali nella cucina siciliana sono la pasta, i legumi (fave, lenticchie, farro, ceci) e le verdure. In provincia di Trapani è molto diffuso il cuscus, preparato con la semola di grano duro. Celeberrima è la caponata di verdure, composta da diversi ortaggi soffritti, fra i quali fa spicco la melanzana, in olio e poi conditi con aceto ed arricchiti con olive, capperi e acciughe. Tra i piatti a base di pesce ricordiamo il pescespada, e le sarde a beccafico. Per i piatti a base di carne, molto gustoso è il falsomagro, un vitello magro ricoperto da uova sode affettate, formaggio, salsiccia sbriciolata e prosciutto.
SARDEGNA
Il nostro viaggio attraverso la cucina mediterranea italiana termina in Sardegna, una terra che è rimasta per lunghissimi secoli chiusa nella sua civiltà antica. Prima del boom del turismo, l’agricoltura e la pastorizia sono stati i fondamenti dell’economia sarda. La cucina sarda, si basa, su ingredienti molto semplici derivati dalla tradizione pastorale e contadina e dalla tradizione marinara lungo le coste. Gli spagnoli e i genovesi, che dominarono in periodi diversi la Sardegna, lasciarono anche nella cucina la loro impronta; la cassola, specialità della zona di Cagliari, è una zuppa di pesce di derivazione spagnola. Molto interessante è l’uso della bottarga: delle uova di tonno o di muggine, salate e fatte seccare sotto la pressione di pesi destinati a disidratarle. Si mangia a fette sottili con pomodori in insalata oppure, con l’olio, come condimento della pasta. La cucina di terra offre al viaggiatore delle fantastiche carni arrostite, il pane, i latticini, il miele, i salumi, le verdure. E’ una cucina aromatizzata da erbe e legna odorosa, fatta di sapori decisi. Famosi sono i prosciutti di cinghiale e le salsicce di Irgoli.
CONTAMINAZIONE MODERNA
In definitiva la cucina mediterranea italiana quella per cui negli anni 50 l’Italia divenne l’emblema della buona salute, ha subito tutte le contaminazione sia storiche che culturali moderne arrivate dalla tv e dal web. Solo in alcuni posti, quelli più vicino al mare, quelli più poveri e quelli meno contaminati, conservano tutte le peculiarità del buon mangiare italiano. Oggi per stare meglio, si dovrebbe quindi semplicemente ritornare alle origini, cioè mettere in pratica le fondamentali regole per cui la dieta mediterranea è nata.
In definitiva, ad un uomo adulto occorrerebbero ogni giorno circa 2500 calorie di cui il 60% dovrebbe provenire da carboidrati, il 25% da lipidi e solo il 15% da proteine.
Quindi :
- Maggiore consumo di proteine vegetali rispetto a quelle animali (più legumi e meno carne rossa);
- Riduzione dei grassi saturi a favore di quelli vegetali insaturi (meno formaggi, burro e più olio di oliva, mandorle e noci);
- Riduzione della quota calorica globale;
- Aumento dei carboidrati complessi integrali e con basso indice glicemico (cioè i carboidrati che non fanno salire molto la glicemia e quindi l’insulina, quest’ultima responsabile di patologie e dell’ingrassamento) a sfavore di quelli semplici (molto iperglicemizzanti e dannosi per l’organismo);
- Elevata introduzione di fibra alimentare;
- Riduzione del colesterolo;
- Il consumo di carne bianca è prevalente rispetto a quella rossa, ed è comunque limitato a una o due volte la settimana.
Come si può ben vedere, la dieta mediterranea prevede quindi una drastica riduzione del consumo di: insaccati, super alcolici, zucchero bianco, burro, formaggi grassi, maionese, sale bianco, margarina, carne bovina e suina (specie i tagli grassi), bibite come coca cola ecc., strutto e caffè (cioè di tutti quei cibi di cui oggi sono pieni le nostre dispense e le nostre pubblicità).
VADEMECUM DELL’ALIMENTAZIONE MEDITERRANEA
- Bevi ogni giorno acqua in abbondanza;
- Fai sempre una sana prima colazione ed evita di saltare i pasti;
- Consuma almeno 2 porzioni di frutta e 2 porzioni di verdura ogni giorno;
- In una Dieta equilibrata i cereali integrali (pane, pasta, riso ecc.) devono essere consumati quotidianamente;
- Mangia pesce almeno 2 volte alla settimana (fresco o surgelato);
- Ricordati che i legumi forniscono proteine di buona qualità e fibre;
- Limita il consumo di grassi, soprattutto quelli di origine animale, privilegiando l’olio extravergine di oliva;
- Non eccedere nel consumo di sale;
- Limita il consumo di dolci e di bevande caloriche nel corso della giornata.
E…… vivi cent’anni!
L’olio d’oliva è indubbiamente importante, tuttavia l’alimentazione mediterranea offre una sorprendente varietà di abitudini salva-cuore. Purtroppo, anche in Italia, la dieta tende ad appiattirsi su modelli prettamente occidentali, avvicinandosi progressivamente a quella seguita dagli americani”. – Jean Carper