01Ago

LA DIETA MEDITERRANEA

La cosiddetta dieta mediterranea, tradizionale per secoli in Italia, si è dimostrata efficace nel prevenire le malattie cardiovascolari, l’obesità, il diabete e i tumori. Il ritorno a un’alimentazione di tipo mediterraneo ha contribuito alla diminuzione della mortalità per malattie cardiovascolari”. – Prof. Umberto Veronesi

COS’È LA DIETA MEDITERRANEA

Per dieta mediterranea si intende l’insieme degli alimenti che costituiscono la dieta degli abitanti dei paesi che si affacciano sul mare mediterraneo, alimenti prevalentemente di origine vegetale, ortaggi, frutta, cereali e legumi.
Questo tipo di alimentazione è considerata la più efficace per la prevenzione di obesità e malattie cronico degenerative come il diabete, tumori, ipertensione, per cui rappresenterebbe un modello salutare da seguire, poiché un’alimentazione equilibrata unita ad un corretto stile di vita sono la base essenziale per la nostra salute.

L’origine della dieta mediterranea è fatta risalire a circa 10.000 anni fa in medio oriente dove frumento, olio d’oliva e vino costituivano gran parte delle colture di questa terra, a cui successivamente grazie anche agli scambi commerciali, si aggiunsero altre piante e ortaggi che contribuirono progressivamente alla nascita della dieta mediterranea definitiva.

STUDI NEGLI ANNI ’50

Il termine alimentare che sta per “dieta mediterranea” venne invece “ battezzato” negli anni ’50 dallo studioso statunitense Ancel Keys, che richiamò l’attenzione internazionale sui bassi tassi di malattie cardiache in alcune aree del mediterraneo. Questo studioso effettuò numerosi studi per quanto riguarda l’alimentazione dei popoli dell’area mediterranea e asiatica confrontandoli con l’alimentazione dei popoli del Nord Europa e degli Stati Uniti. Infatti le popolazione delle zone mediterranee e di quelle asiatiche presentavano una minore incidenza di malattie cardiovascolari rispetto alle popolazioni del Nord Europa e degli Stati Uniti.

Ancel Keys prese come punto di riferimento le abitudini alimentari degli abitanti di Creta che presentavano un’incidenza particolarmente bassa di malattie cardiache e una più elevata aspettativa di vita, nonostante gli scarsi servizi medici previsti per l’epoca (anni ’50). Sempre negli anni ’50, Keys avviò lo “Studio dei Sette Paesi”, che interessò la Finlandia, l’Olanda, l’Italia, la Jugoslavia, la Grecia, il Giappone e gli Stati Uniti.

Risulta che nelle aree del mediterraneo (tra cui l’Italia e la Grecia) nonostante vi fosse un elevato consumo di grassi, soprattutto olio d’oliva, si godeva di una bassa incidenza di malattie cardiovascolari e si iniziarono a comprendere gli effetti fisiologici e salutistici degli acidi grassi monoinsaturi dell’olio d’oliva. Anche il Giappone, insieme, alle zone dell’area mediterranea, presentò una bassa incidenza di malattie cardiovascolari e presentava una dieta con un basso contenuto di carni e un elevato consumo di pesce (ricco di omega 3) e tè verde (con potere antiossidante). La Finlandia orientale, invece, risultò la zona con il più elevato tasso di malattie cardiovascolari, dovuto alla dieta particolarmente ricca di acidi grassi saturi (carni e grassi solidi).

CRITERI DELLA DIETA MEDITERRANEA

La piramide definitiva alimentare della dieta mediterranea prevede:

  • Consumo mensile di carne rossa;
  • Consumo settimanale di pesce, pollame, uova;
  • Consumo giornaliero di farine grezze e integrali come pane nero, pasta e riso integrale, cereali (orzo, farro, cus cus), legumi, ortaggi, noci, mandorle, frutta, olio d’oliva e vino rosso.

E’ inoltre indicata l’attività fisica quotidiana, lunghe passeggiate all’aria aperta.

PARADOSSO FRANCESE 

Il “paradosso francese” invece riguarda il fatto che i francesi hanno un rischio di malattie cardiache pari ad un quarto di quello degli inglesi e degli scozzesi. Una funzione protettiva è stata associata ad un maggior consumo da parte dei francesi dell’olio d’oliva, del pesce, la frutta, la verdura, il vino rosso, grassi e pochi carboidrati. Questo paradosso (dovuto al Maggiore consumo di grassi e minore presenza di malattie cardiologica) è stato giustificato dal rilevante consumo di vino rosso in cui è presente una grande quantità di polifenoli (tra cui il resveratrolo) che hanno un potere antiossidante e protettivo per il cuore. Molti studi epidemiologici, infatti, hanno dimostrato che un moderato consumo di vino esercita effetti protettivi per quanto riguarda tutte le malattie cardiache.

DIETA MEDITERRANEA OGGI 

In definitiva chi pratica la dieta mediterranea in ogni caso ha risultati davvero sorprendenti, la mortalità per cardiopatia ischemica risulta infatti molto più bassa nel mediterraneo che in altri paesi.

Purtroppo però questo stile di vita e alimentazione è andato via via scomparendo con conseguenze allarmanti e drammatiche, soprattutto per quanto riguarda la malnutrizione, questa è una condizione biologica che si verifica quando gli apporti di energia e nutrienti sono carenti o eccessivi rispetto ai bisogni. La nostra Dieta mediterranea purtroppo va sempre di più americanizzandosi.

Delle antiche regole vigenti negli anni 50 rimane ben poco. La pubblicità dei prodotti alimentari oramai è uno dei principali strumenti di orientamento per il consumo alimentare nel nostro paese, e molto spesso i prodotti reclamizzati non sono idonei per una corretta alimentazione. A farne maggiormente le spese sono i più piccoli in quanto più esposti ai messaggi mediatici soprattutto perché i prodotti più sponsorizzati sono indirizzati a loro, con personaggi accattivanti che reclamano solo gli aspetti positivi di tale prodotto senza minimamente far accenno alle conseguenze negative che un alimentazione scorretta può portare. Attualmente il numero dei bambini obesi in Italia e in forte aumento, proprio in virtù del consumo di tutti questi prodotti spazzatura che sono ben lontani dai prodotti salutari presenti nella nostra antica dieta mediterranea.

DIETA MEDITERRANEA IN ITALIA 

L’Italia rappresenta ancora il prototipo della dieta mediterranea con la sua dieta apparentemente salutare a base di cerali, pasta, legumi, ortaggi, frutta, verdura, olio d’oliva, pane e vino, in effetti questo varrebbe solo per quanto riguarda le regioni del Sud Italia, infatti vi sono ancora oggi delle grosse differenze alimentari tra il nord e il sud. Diciamo che in grandi linee, più andiamo al nord e più ci allontaniamo dal mare e dalla dieta mediterranea; più scendiamo al sud e ci avviciniamo al mare, più ci avviciniamo alla dieta mediterranea.

BREVE VIAGGIO MEDITERRANEO NELLE TRE AREE D’ITALIA 

LIGURIA

Il nostro viaggio nella cucina dell’Italia settentrionale inizia dalla Liguria: una striscia di terra, costretta tra i monti e il mare, la cui cucina esprime il naturale connubio tra queste due anime del suo territorio. Possiamo affermare che il pesce e le erbe sono alla base della gastronomia ligure. Emblema assoluto ne è forse il pesto (fatto di olio di oliva e basilico con pinoli o nocciole) un vero concentrato di antiossidanti. Viene usato sia come salsa per condire la pasta, sia aggiunto ai minestroni di verdure.

In apparenza povera, perché fatta di alimenti semplici e comuni, la cucina ligure ha saputo arricchirsi di usi culinari esterni, grazie anche all’importanza di Genova nel passato. L’uso del baccalà, ad esempio, presenta grandissime quantità di omega 3.

PIEMONTE

Risalendo verso nord ci addentriamo in una cucina italiana più vicina a quella francese: quella piemontese. In essa, infatti, è notevole l’impiego del burro e del lardo, il consumo di verdure crude, la grande varietà di formaggi e l’uso diffuso del tartufo e dell’aglio. La cucina di questa regione presenta forti radici contadine ma, allo stesso tempo, suppone un’alta valorizzazione dei propri prodotti e risente degli influssi della cucina europea. Un altro alimento distintivo è il riso, coltivato nella provincia di Vercelli, detta “la risaia d’Italia”.

LOMBARDIA

Entriamo in Lombardia: questo vasto territorio mette in comune gastronomie di province molto diverse tra loro che presentano un denominatore comune: il pesce d’acqua dolce, il latte, i formaggi e il burro, la carne bovina e suina, il riso e il mais. La cucina lombarda è la cucina dei bolliti e degli stufati, degli intingoli adatti ad accompagnarsi alla polenta, del riso, delle paste ripiene, del burro e del lardo. Come si può ben capire, un po’ troppo contaminata dalla cucina del nord Europa.

EMILIA ROMAGNA

La cucina di Romagna, è assai più povera e semplice. La povertà di questa cucina è stata condizionata dalla presenza di piccole signorie instabili, con corti e mense di non forte lustro e poi dal lungo dominio dello Stato della Chiesa. I caratteri della cucina romagnola sono molto semplici e contadini; l’apporto della cultura marinara è di scarso peso e si estende unicamente nella zona costiera. La cultura gastronomica del pesce, seppur ristretta alla fascia costiera, è fondamentale in questa regione. Il vertice della cucina di mare di Romagna è infatti rappresentato dal cosiddetto brodetto.

ITALIA CENTRALE 

Definire l’Italia Centrale in due parole di tecnica gastronomica non è certo facile, le tradizioni culinarie delle quattro regioni che la compongono sono troppo diverse e senz’altro legate alle radici storiche e ai popoli che le abitarono: gli Umbri, gli Etruschi, i Romani e gli Ebrei. Eppure se volessimo riassumere in due aggettivi l’essenza di questa cucina, questi sarebbero sicuramente: semplice e sublime. In effetti, la Toscana, le Marche, l’Umbria e il Lazio condividono il segreto di una cucina popolare che esalta il sapore dei singoli ingredienti, pochi, spesso poveri, ma sempre di notevole qualità. Una cucina che si serve sapientemente dei prodotti a sua disposizione senza sprecare nulla.

TOSCANA 

La cucina toscana è sobria, genuina e raffinata. Sfrutta abilmente quanto le offre il territorio: pesci e frutti di mare sulla costa tirrenica, carni, uova, ortaggi (con il cavolo nero in testa) e legumi secchi (prevalgono i fagioli), nell’entroterra; castagne, funghi e patate nei pressi delle Alpi e dell’Appennino. L’alimento fondamentale è senza dubbio il pane, rigorosamente senza sale, un tempo troppo costoso, che è alla base di numerosissime ricette toscane come: la panzanella, la pappa al pomodoro, l’acquacotta e la ribollita. Altri rinomati piatti toscani sono il cacciucco, gustosissima zuppa a base di pesce e molluschi; ed infine la famosa bistecca alla fiorentina, la bistecca italiana per eccellenza, preparata con la carne chianina.

MARCHE

Le Marche rappresentano un punto di incontro tra la gastronomia settentrionale e quella meridionale. Cucina elaborata e raffinata, nella zona costiera punta su pesce e frutti di mare, cotti allo spiedo o nel tradizionale brodetto; nell’entroterra invece il principale ingrediente è la carne, di maiale e di cinghiale, dalla quale si ottiene un eccellente prosciutto da gustare in tocchetti e la famosa porchetta che i marchigiani ritengono una loro invenzione. Da non dimenticare le olive ascolane, simbolo gastronomico di Ascoli Piceno; i vincisgrassi maceratesi; lo stoccafisso in potacchio e le lumachelle all’urbinate.

UMBRIA 

I piatti della cucina umbra sono semplici e naturali, quasi monastici: i prodotti, sempre rigorosamente di stagione, vengono lessati o arrostiti, aromatizzati con un olio extravergine d’oliva leggero e saporito, verde come i boschi umbri e sicuramente uno dei migliori d’Italia. Fonte infinita di delizie gastronomiche, l’Umbria offre prodotti pregiati: protagonista indiscusso è il tartufo nero di Norcia, ingrediente di molti primi piatti della zona. Un posto altrettanto importante occupano le carni, di maiali e cinghiali che si nutrono di ghiande, mais e grano, sapientemente trasformate in salumi dai macellai di Norcia, considerati da molti i migliori del mestiere. Altri prodotti di rilievo sono le patate, i formaggi, le lenticchie di Castelluccio da Norcia, tanto tenere da non necessitare l’ammollo previsto per i legumi; il farro della Valnerina.

LAZIO 

Il Lazio segna la frontiera tra la ricchezza gastronomica del Nord e la cucina povera del Sud. La cucina laziale è rappresentata quasi esclusivamente dalla cucina romana, nella quale convergono tutte le specialità di zone confinanti e le tradizioni culinarie della regione, divenendo così un ricco riassunto di una gastronomia varia e di estrazione popolare. La cucina laziale nasce dal connubio fra la raffinata cucina ebraica e quella sorta intorno ai mattatoi che ha come protagonisti frattaglie, guanciali ed altri scarti.

ABRUZZO 

Il nostro viaggio nella cucina dell’Italia centrale termina con la cucina dell’Abruzzo e del Molise. La cucina abruzzese è una cucina dai sapori forti e robusti. Assai diffuso è l’uso dello zafferano che è alla base di molti piatti abruzzesi. Famosi, in tutta la regione, sono i maccheroni alla chitarra, conditi con un ragù di maiale e coniglio. L’agnello è alla base dei cosiddetti arrosticini, degli spiedini la cui cottura avviene su di un bracere dalla caratteristica forma allungata. L’Abruzzo è stato tradizionalmente una terra di pastori.

Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti”. – D’Annunzio

MOLISE

Il Molise è la più piccola regione italiana dopo la Valle d’Aosta. Storicamente annesso all’Abruzzo, presenta attualmente una cucina molto simile a quella della regione vicina. Il suo territorio è caratterizzato da una vasta area montuosa e da una piccola striscia situata sulla costa adriatica. Questo aspetto territoriale si riflette anche all’interno della cucina molisana in cui domina la cultura del maiale. Sul breve tratto di mare domina la cucina marinara fatta di zuppe, minestre e risotti.

CAMPANIA

L’annessione di Napoli al Piemonte, ovvero i primi passi verso l’Unità d’Italia, fu celebrata da Camillo Benso, conte di Cavour con una manciata di pasta: “I maccheroni sono cotti e noi li mangeremo. Nonostante le differenze tra Nord e Sud, la pasta fa da trade union nel Belpaese, che, indubbiamente, anche dal punto di vista gastronomico, riflette una travagliata storia nazionale che contempla commistioni e conoscenze trasmesse da regione a regione e da città a città.

Il rapporto città e campagna, e ancor più tra ceti sociali diversi, è raffigurato nei piatti dell’arte culinaria. Spesso sono le città che vengono identificate con alcuni cibi, ma, in realtà, è dalla campagna che arrivano le specialità. Probabilmente perché i cuochi provenivano dai ceti più umili e servivano nelle case dei ricchi, portando con sé una tradizione alimentare essenziale su cui avevano la possibilità di innestare l’abbondanza degli alimenti che erano finalmente largamente disponibili.

Gastronomicamente Italia vuol dire pasta, gelato, e pizza, antichissimi ma da sempre di successo. La pizza, vero emblema nazionale è, in realtà, un piatto povero, nato a Napoli durante una terribile carestia. Quando si parla di gastronomia dell’Italia meridionale si ritrovano delle costanti in tutte le regioni, e, spesso, la cucina campana, rappresenta un punto di riferimento. Probabilmente per ragioni storiche, vincolate alle carestie e alla povertà, il cibo è per i meridionali una vera e propria fissa, spesso la principale paura è proprio quella di rimanere a digiuno. Perciò il mangiare, come momento di condivisione, rappresenta molto di più che il semplice nutrirsi.

Napoli, è rappresentata da Pulcinella, maschera napoletana durante l’epoca della Commedia dell’Arte. Il servo che ama mangiare ed è sempre alla continua ricerca di cibo, visto che avverte incessantemente un gran bisogno di sfamarsi. In alcuni film, poi, la pasta, ed in particolare, gli spaghetti sono stati spesso protagonisti di scena, sia sulla tavola dei ricchi che alla mensa misera dei poveri: cibo come realismo e specchio della vita quotidiana, cibo come icona dell’identità nazionale o come icona d’identità familiare. È indimenticabile Totò nell’opera di Scarpetta, nel film “Miseria e nobiltà” (1954), che danza sul tavolo assieme a Peppino De Filippo: i due mangiano con ingordigia afferrando e ficcandosi gli spaghetti un po’ ovunque, in bocca, nelle tasche dei pantaloni…

Di Napoli è anche Sophia Loren che nella sua produzione televisiva e cinematografica ama ostentare questa sua passione per il cibo. Addirittura la Loren è stata battezzata, dalla critica cinematografica, pizzaiola, poiché impersonò una sanguigna e prosperosa pizzaiola nel film a episodi “L’oro di Napoli” diretto da Vittorio De Sica.

Ingrediente fondamentale della pizza è il pomodoro. In realtà sin dal ‘600 si trovano le ricette delle pizzelle, dischi di pasta di pane, fritti, con condimenti assortiti. Ma bisogna aspettare verso la fine del ‘700, con l’arrivo in tavola del pomodoro per avere la pizza contemporanea. Le prime versioni di pizza con il pomodoro vengono condite con aglio e olio a crudo, o mozzarella e acciughe salate, e mantengono la classica chiusura “a pacchetto”, tipica del calzone.

La pizza Margherita, mostra i colori della bandiera nazionale, con mozzarella, pomodoro e basilico. L’entusiasmo della regina nei confronti della versione “patriottica” portò il pizzaiolo partenopeo ad un scelta storica: la pizza con mozzarella, pomodoro e basilico si sarebbe chiamata proprio come la regina.

È evidente che, quando si parla di gastronomia, a Napoli, il principe della cucina campana è il pomodoro, ingrediente principale per la pizza ma anche per il ragù, “o rraù” piatto tipico domenicale e base per altre pietanze altrettanto saporite, come ad esempio la tipica lasagna. È molto di più della semplice carne ca’ pummarola, come recita la poesia di Eduardo De Filippo, che veniva cotto su di una fornacella a carbone e doveva cuocere per almeno sei ore. Attualmente si usa chiamare ragù un sugo di pomodoro nel quale si è cotta della carne.

Ecco la poesia di Eduardo De Filippo che rende omaggio al ragù napoletano:

‘O ‘rraù
(Il ragù)

‘O rraù ca me piace a me
(Il ragù che piace a me)
M’ ‘o ffaceva sulo mammà
(Ma lo faceva solo mia mamma)
A che m’aggio spusato a te
(Da quando mi sono sposato con te)
Ne parlammo pè ne parlà
(Ne parliamo solo pour parlair)
Io nun songo difficultuso
(Io non sono difficile)
Ma luvàmmel’ ‘a miezo st’uso
(Ma è meglio che togliamo quest’abitudine)
Sì,va buono: cumme vuò tu
(Sì, va bene, come vuoi tu)
Mò ce avéssem’ appiccecà?
(Non è mica il caso di litigare?)
Tu che dice? Chest’ ‘è rraù?
(Tu che dici? Che questo è ragù?)
E io m’ ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià
(Ed io lo mangio solo per mangiare)
M’ ‘ a faja dicere na parola?
(Posso dire giusto una parola?)
Chesta è carne c’ ‘ a pummarola
(Questa è carne con il pomodoro)

BASILICATA

Scendendo verso il Sud ed addentrandoci nelle montagne, incontriamo la Basilicata, terra molto ricca di tradizioni culinarie. La gastronomia lucana non appartiene ai riferimenti culturali, ma, senza alcun dubbio, la cucina lucana è tradizionalmente una sapiente unione di prodotti semplici e genuini, lontana dalle sofisticate elaborazioni della cucina moderna. Basti pensare che nella preparazione dei piatti è contemplato il solo uso dell’olio di oliva, mentre il burro, il burrino, è usato come formaggio.

PUGLIA

Proseguendo verso la costa adriatica, con il paesaggio punteggiato a perdita d’occhio dagli ulivi, lambito da 784 chilometri di costa e dominato dai rilievi calcarei delle Murge, la Puglia è il luogo dove le tradizioni della civiltà contadina si fondono e si confondono con il fascino del mare, in un’osmosi di idee, usi e tradizioni. La Puglia è il crocevia marittimo e terrestre fra oriente e occidente, la terra delle mille chiese, delle cattedrali romaniche, dei castelli federiciani e delle grotte. Anche la cucina pugliese è semplice, legata soprattutto al lavoro della terra, che non conosce gli apporti delle corti, ma ha elaborato piatti tipici dai molti sapori e profumi. Quattro i cardini di questa gastronomia: olio, grano, verdure e pesce. Dalla fascia costiera adriatica, tutta ammantata di stupendi oliveti, si ricava quell’olio che ha un posto d’onore in cucina e che rappresenta circa un terzo della produzione complessiva italiana. Nella pianura del Tavoliere si coltiva il grano duro, all’origine di innumerevoli tipi di pasta e del celebre pane pugliese, scuro e saporito. Molto diffuse e di qualità pregiata sono le produzioni ortofrutticole, alla base di piatti originalissimi, elaborati comunque in tutte le province senza differenze sostanziali.

Nella regione coesistono tre diversi modi di mangiare, probabilmente risalenti all’assetto dato alla Puglia da Federico II che, nel 1222, distinse la terra di Bari dalla Capitanata e dalla terra d’Otranto. Sono gli albori di quelle che saranno le attuali province di Foggia, Bari e Lecce. Le tre cucine presentano gli stessi piatti ma ognuna tende a differenziarsi secondo la propria tradizione. Farinacei, olio e vino costituiscono i tre pilastri dell’alimentazione popolare pugliese. Dal biondo grano di Puglia, la via della pasta si snoda tra produzione industriale e attività artigianale di pastifici e massaie. Ai vari tipi di pasta corrisponde una nutrita varietà di condimenti che si alternano nel menù domestico settimanale secondo un calendario quasi rituale. Le paste casarecce, ovvero fatte a mano, sono condite soprattutto con le verdure: pasta e cime di broccoli, pasta e cavoli, maccheroni e melanzane, pasta e purea di fave, spaghetti e cicoria.

CALABRIA

Costante della gastronomia dell’Italia meridionale è una tavola, certo non raffinata o ricca d’ingredienti. Questo vale anche per la Calabria, regione aspra, caratterizzata da un’atavica povertà, lontana dai grossi centri culturali e vessata per secoli da un’economia di tipo feudale che l’ha impoverita di risorse. Protesa al centro del Mediterraneo, lambita da due mari, la Calabria nelle sue coltivazioni ha raccolto e metabolizzato influenze dell’Est come dell’Ovest: alcune coltivazioni furono trapiantate sul suolo di quella che si chiamava Enotria dai coloni greci, fondatori di una civiltà di cui si sente ancora l’orgoglio. La tavola che caratterizza la regione è robusta, fatta di sapori intensi, di piatti antichissimi e di aromi violenti. Le verdure sono, da sempre, protagoniste e, insieme alla pasta e a tutti i derivati del maiale, costituiscono la base della cucina locale. Regina delle verdure è la melanzana, visto che il terreno calabrese, povero di acque, di natura silicea e scarsissimo di calcio, è adatto a questa solanacea, perché consente la maturazione di un complesso di sostanze aromatiche che danno alla polpa un sapore ottimo. Nella regione si conoscono un’infinità di modi di cucinare le melanzane: in agrodolce, in scapece, ripiene, fritte con pomodori e uova, ecc., talvolta arrivano in tavola irriconoscibili. Altre verdure onnipresenti sono i pomodori, i peperoni e le cipolle dalla caratteristica buccia rosso-violacea, di polpa dolce e carnosa, dai bei colori vividi, sono ornamento della tavola nelle più svariate preparazioni. A questi ingredienti si aggiunge, sulla costa, il pesce. La pesca ha una più lunga tradizione sullo Stretto e a Reggio, dove si cattura fra l’altro il pesce spada.

SICILIA 

Parlare di cucina siciliana significa intraprendere un viaggio nella storia dell’isola, attraverso le diverse civiltà che si sono avvicendate nella dominazione della Sicilia e che hanno lasciato, anche dal punto di vista gastronomico, una forte eredità. Troviamo, dunque, influenze della civiltà greca soprattutto per la cottura alla griglia, l’uso dell’origano, dell’aglio e delle olive. Molto più forte è stata l’influenza degli arabi. Sotto la dominazione araba, la Sicilia visse un periodo di grande sviluppo anche nella cultura culinaria. Il commercio marittimo e l’agricoltura introdussero nuove coltivazioni come la canna da zucchero, il riso, gli agrumi e la frutta secca. La Sicilia è la terra dell’olio, che si usa per cucinare e per condire, delle erbe aromatiche e della frutta secca. Un posto di rilevo occupa la cosiddetta gastronomia da strada: la tradizione è ricca di preparazioni veloci, poco costose ed in vendita in bancarelle o chioschi che di solito si trovano accanto ai grandi mercati dove si possono gustare pane e panelle, pane con la milza e gli arancini. Fondamentali nella cucina siciliana sono la pasta, i legumi (fave, lenticchie, farro, ceci) e le verdure. In provincia di Trapani è molto diffuso il cuscus, preparato con la semola di grano duro. Celeberrima è la caponata di verdure, composta da diversi ortaggi soffritti, fra i quali fa spicco la melanzana, in olio e poi conditi con aceto ed arricchiti con olive, capperi e acciughe. Tra i piatti a base di pesce ricordiamo il pescespada, e le sarde a beccafico. Per i piatti a base di carne, molto gustoso è il falsomagro, un vitello magro ricoperto da uova sode affettate, formaggio, salsiccia sbriciolata e prosciutto.

SARDEGNA

Il nostro viaggio attraverso la cucina mediterranea italiana termina in Sardegna, una terra che è rimasta per lunghissimi secoli chiusa nella sua civiltà antica. Prima del boom del turismo, l’agricoltura e la pastorizia sono stati i fondamenti dell’economia sarda. La cucina sarda, si basa, su ingredienti molto semplici derivati dalla tradizione pastorale e contadina e dalla tradizione marinara lungo le coste. Gli spagnoli e i genovesi, che dominarono in periodi diversi la Sardegna, lasciarono anche nella cucina la loro impronta; la cassola, specialità della zona di Cagliari, è una zuppa di pesce di derivazione spagnola. Molto interessante è l’uso della bottarga: delle uova di tonno o di muggine, salate e fatte seccare sotto la pressione di pesi destinati a disidratarle. Si mangia a fette sottili con pomodori in insalata oppure, con l’olio, come condimento della pasta. La cucina di terra offre al viaggiatore delle fantastiche carni arrostite, il pane, i latticini, il miele, i salumi, le verdure. E’ una cucina aromatizzata da erbe e legna odorosa, fatta di sapori decisi. Famosi sono i prosciutti di cinghiale e le salsicce di Irgoli.

CONTAMINAZIONE MODERNA

In definitiva la cucina mediterranea italiana quella per cui negli anni 50 l’Italia divenne l’emblema della buona salute, ha subito tutte le contaminazione sia storiche che culturali moderne arrivate dalla tv e dal web. Solo in alcuni posti, quelli più vicino al mare, quelli più poveri e quelli meno contaminati, conservano tutte le peculiarità del buon mangiare italiano. Oggi per stare meglio, si dovrebbe quindi semplicemente ritornare alle origini, cioè mettere in pratica le fondamentali regole per cui la dieta mediterranea è nata.

In definitiva, ad un uomo adulto occorrerebbero ogni giorno circa 2500 calorie di cui il 60% dovrebbe provenire da carboidrati, il 25% da lipidi e solo il 15% da proteine.

Quindi :

  • Maggiore consumo di proteine vegetali rispetto a quelle animali (più legumi e meno carne rossa);
  • Riduzione dei grassi saturi a favore di quelli vegetali insaturi (meno formaggi, burro e più olio di oliva, mandorle e noci);
  • Riduzione della quota calorica globale;
  • Aumento dei carboidrati complessi integrali e con basso indice glicemico (cioè i carboidrati che non fanno salire molto la glicemia e quindi l’insulina, quest’ultima responsabile di patologie e dell’ingrassamento) a sfavore di quelli semplici (molto iperglicemizzanti e dannosi per l’organismo);
  • Elevata introduzione di fibra alimentare;
  • Riduzione del colesterolo;
  • Il consumo di carne bianca è prevalente rispetto a quella rossa, ed è comunque limitato a una o due volte la settimana.

Come si può ben vedere, la dieta mediterranea prevede quindi una drastica riduzione del consumo di: insaccati, super alcolici, zucchero bianco, burro, formaggi grassi, maionese, sale bianco, margarina, carne bovina e suina (specie i tagli grassi), bibite come coca cola ecc., strutto e caffè (cioè di tutti quei cibi di cui oggi sono pieni le nostre dispense e le nostre pubblicità).

VADEMECUM DELL’ALIMENTAZIONE MEDITERRANEA

  • Bevi ogni giorno acqua in abbondanza;
  • Fai sempre una sana prima colazione ed evita di saltare i pasti;
  • Consuma almeno 2 porzioni di frutta e 2 porzioni di verdura ogni giorno;
  • In una Dieta equilibrata i cereali integrali (pane, pasta, riso ecc.) devono essere consumati quotidianamente;
  • Mangia pesce almeno 2 volte alla settimana (fresco o surgelato);
  • Ricordati che i legumi forniscono proteine di buona qualità e fibre;
  • Limita il consumo di grassi, soprattutto quelli di origine animale, privilegiando l’olio extravergine di oliva;
  • Non eccedere nel consumo di sale;
  • Limita il consumo di dolci e di bevande caloriche nel corso della giornata.

E…… vivi cent’anni!

L’olio d’oliva è indubbiamente importante, tuttavia l’alimentazione mediterranea offre una sorprendente varietà di abitudini salva-cuore. Purtroppo, anche in Italia, la dieta tende ad appiattirsi su modelli prettamente occidentali, avvicinandosi progressivamente a quella seguita dagli americani”. – Jean Carper

01Ago

TRIGLICERIDI ALTI E IPERTRIGLICERIDEMIA

Per abbassare i trigliceridi bisogna cambiare lo stile alimentare non lo stile di vita, perché non siamo debilitati o malati. Preveniamo!” – Dott. Nicola Villano

COSA SONO I TRIGLICERIDI?

Il trigliceride è una molecola chimica composta da uno zucchero e da tre acidi grassi, e svolge nel nostro organismo funzioni di riserva energetica ma si trova anche circolante nel sangue. I trigliceridi vengono formati dai grassi alimentari che noi assumiamo con la dieta e vanno così a costituire le nostre riserve energetiche, da cui il nostro organismo può attingere ogni volta che ne necessita. Per quanto riguarda invece i trigliceridi che si trovano liberi nel sangue, la quantità massima considerata nella norma è meno di 200 milligrammi per decilitro di sangue, ma è bene tenere i propri trigliceridi al di sotto dei 150 milligrammi per decilitro di sangue per ritenersi completamente fuori da tale rischio. Un alto tasso di trigliceridi è forse uno tra i fattori di rischio più importanti per ictus e malattie cardiache, infatti, uno studio recente ha dimostrato che se anche un individuo ha il colesterolo basso, avere i trigliceridi alti gli da due probabilità su tre di avere ictus o malattie cardiovascolari. Inoltre i trigliceridi possono essere indicativi per diagnosticare il diabete o una forte sensibilità ai carboidrati semplici.

IPERTRIGLICERIDEMIA

Si parla di Ipertrigliceridemia tutte le volte che le analisi ematiche evidenziano valori di trigliceridi alti, cioè superiori ai 200 mg/dL. I Trigliceridi alti sono un marker tipico della cosiddetta sindrome metabolica, una condizione clinica in cui la contemporanea presenza di almeno tre dei seguenti fattori di rischio (ipertensione, Ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, obesità addominale, iperglicemia a digiuno) aumenta significativamente le probabilità di subire un incidente cardiovascolare.

L’ipertrigliceridemia è comunemente associata a fattori quali un eccessivo consumo di alcol, uso di estro-progestinici (inclusa la pillola anticoncezionale), diabete scompensato ed ipotiroidismo. Anche gli eccessi calorici, in particolare se dovuti alla massiccia ingestione di zuccheri semplici, aumentano i valori ematici di trigliceridi; ricordiamo infatti che gli zuccheri – al contrario dei lipidi – non hanno un sistema di immagazzinamento efficace. Per questo motivo, quando sono assunti in eccesso, vengono trasformati in trigliceridi nel fegato. Se i valori di trigliceridi diventano particolarmente alti (> 1000 mg/dl) vi è un rischio elevato di crisi dolorose addominali, pancreatiti acute e xantoma (degenerazione della pelle, che assume un colore giallastro per l’accumulo di lipidi); tra le cause di origine, in questi casi, rientrano necessariamente fattori genetici (ipertrigliceridemia familiare, iperlipidemia combinata familiare, disbetalipoproteinemia familiare o ipertrigliceridemia familiare).

SE I TRIGLICERIDI SONO ALTI È MOLTO IMPORTANTE:

  • correggere sovrappeso e obesità.
  • Ridurre, meglio evitare, l’alcol.
  • Ridurre il consumo gli zuccheri semplici (dolci, frutta disidrata e frutta zuccherina, come fichi, banane, uva, mandarini e cachi).
  • Limitare l’apporto calorico, evitando le abbuffate.
  • Consumare pesce almeno 2-3 volte a settimana; in altrettante occasioni sostituire la carne con i legumi.
  • Limitare il consumo di cibi ricchi di grassi saturi (contenuti soprattutto nei latticini e nella carne grassa), sostituendoli con quelli ricchi di acidi grassi monoinsaturi ed in particolare di acido oleico (olio di oliva, frutta secca ed oli vegetali in genere).
  • Ridurre, meglio evitare, i grassi idrogenati (contenuti nella margarina ed in molte pastine, snack e prodotti da forno confezionati).
  • Mantenere elevato il consumo di alimenti ricchi di antiossidanti.
  • Se nonostante l’adozione di queste norme comportamentali, le analisi ematiche continuano a mostrare valori di trigliceridi alti, il medico può intervenire prescrivendo medicinali specifici.

ALIMENTI CONSIGLIATI E VIETATI PER ABBASSARE I TRIGLICERIDI:

  • Diminuire l’apporto di zuccheri: caramelle, biscotti, crostate, dolci, gelati, succhi di frutta, questo perché lo zucchero è uno dei principali fattori che fanno incrementare il tasso di trigliceridi nel sangue, quindi bisogna diminuire la quantità di cibi ad alto indice glicemico (cioè ad alto contenuto di zuccheri);
  • Diminuire o eliminare del tutto l’alcool: l’alcool è un alimento che non apporta nessun nutriente al nostro organismo sebbene invece apporti una notevole quantità di energia proprio perché è costituito quasi esclusivamente di zuccheri, che come abbiamo detto sono da diminuire, quindi anche solo una piccola quantità di alcool può far salire i trigliceridi senza distinzione tra vino, birra o altri tipi di alcool;
  • Diminuire l’apporto di carboidrati raffinati, poiché questo tipo di carboidrati contengono un’elevata quantità di zuccheri semplici. Tuttavia non è salutare seguire diete a basso contenuto di carboidrati, poiché questi sono la principale fonte di energia per il nostro corpo, per cui è opportuno sostituire quelli a più alto indice glicemico con quelli a più basso, cioè sostituire la pasta e il pane fatti dalla farina bianca con la pasta di grano intero, utilizzare riso e altri cereali come la quinoa, l’orzo, l’avena e il miglio; e inoltre è molto importante diminuire lentamente le quantità di carboidrati nella dieta;
  • Sostituire la frittura con la cottura al forno;
  • Seguire una dieta a basso contenuto di grassi saturi, preferendo olio d’oliva, olio di noci, olio di semi di lino, crusca di riso anziché utilizzare burro, strutto, panna, margarina;
  • Evitare carni altamente grasse, hot dog, snack, pelle di pollame e salse da condimento;
  • Evitare tutti gli alimenti che contengono oli vegetali idrogenati o acidi grassi idrogenati;
  • Aumentare l’apporto di cibi ricchi di fibre, ad esempio fagioli, cereali integrali, semi di zucca, crusca di riso, crusca d’avena, è però opportuno aumentare l’apporto di fibra alimentare lentamente per prevenire qualsiasi disturbo intestinale;
  • Se si fuma o si beve, è meglio smettere;
  • Ridurre la calorie assunte con i grassi fino al venti per cento del fabbisogno giornaliero;
  • Mangiare più verdure;
  • Scegliere cibi ad alto contenuto di proteine, sostituendo però la carne rossa con fonti di proteine a basso contenuto di grassi, come la carne bianca e le proteine vegetali come i piselli, i prodotti di soia e i fagioli secchi; • Bere molta acqua per aiutare il sistema digerente a smaltire le fibre e le proteine;
  • Mangiare carni di pesce almeno tre volte alla settimana, in quanto nei pesci come il salmone, le trote, il tonno, gli sgombri, le sardine, sono state trovate notevoli quantità di omega3, che delle molecole importantissime per diminuire i trigliceridi in eccesso; inoltre gli omega tre sono contenuti anche negli oli di pesce ed è stato dimostrato che essi hanno una notevole influenza positiva su altri parametri del nostro organismo, come per esempio aiutano a ridurre in modo naturale il battito cardiaco irregolare, la coagulazione del sangue, l’indurimento delle arterie, il colesterolo e la pressione sanguigna;
  • Praticare esercizio fisico, in quanto questo aiuta a bruciare i trigliceridi liberi nel sangue, essendo questi fonte di energia, e aumenta il colesterolo buono.

CONSIDERAZIONI SUGLI ALIMENTI PER ABBASSARE I TRIGLICERIDI 

Questi consigli sembrano troppi per essere ricordati tutti, ma in realtà seguire una dieta specifica per abbassare i trigliceridi è molto semplice, non costa e migliora notevolmente il nostro stato di salute, basta capire che mangiando i cibi giusti non è poi così impossibile tenere a bada i trigliceridi, e poi è molto importante non commettere quel grave errore di seguire delle diete povere di nutrienti, perché nessuna dieta può essere definita salutare se essa comprende fame e privazione di cibo, e non c’è bisogno di escludere nessun gruppo di cibi: al nostro corpo servono i carboidrati, le proteine, gli zuccheri, le vitamine, tutto, purché non in quantità eccessive, ecco perché non possiamo eliminare niente di ciò che mangiamo, ma possiamo sostituirli con altri alimenti dello stesso gruppo alimentare, che però hanno un basso contenuto di zuccheri e grassi. Ed anche se dovessimo trovarci ad una cena, in un ristorante, ad una cerimonia, non per forza dobbiamo privarci di tutto ciò che è condito con oli o salse, possiamo ad esempio chiedere che i condimenti ci siano messi al lato e tutto è risolto!

01Ago

GONFIORE ADDOMINALE

Siamo gonfi non siamo grassi”. – Nicola Sorrentino

CAUSE DELLA PANCIA GONFIA 

 

Una vera e propria patologia che consiste essenzialmente nell’assorbimento inappropriato di aria assieme ai cibi e alle bevande ingerite (aerofagia), e soprattutto nelle fermentazioni intestinali degli zuccheri o nella putrefazione-fermentazione intestinale delle proteine e degli zuccheri (meteorismo).

COSA E’ IL METEORISMO

Può capitare che in alcuni momenti della giornata, specie dopo pranzo, si avverta una certa tensione dovuta alla presenza di gas nell’addome. In questi casi più che di pancia gonfia si preferisce parlare di meteorismo, ovvero di un eccesso di gas intestinale che causa spasmo e distensione dell’addome. Questo gonfiore può variare durante la giornata ed è molto sensibile al tipo e alla quantità di alimenti assunti con la dieta.

Nel nostro intestino, in condizioni normali, sono presenti circa 100-150 ml di aria con variazioni individuali da 30 a 200 ml. I gas più comuni sono l’azoto, l’ossigeno, l’idrogeno, il monossido di carbonio ed il metano. Diversi processi intervengono nel regolare la quantità di aria presente nell’apparato digerente. Le pareti intestinali hanno, per esempio, la capacità di riassorbire l’aria prodotta che viene poi immessa nel sangue ed eliminata con la respirazione. Eruttazione e flatulenza vengono in soccorso quando c’è un’eccessiva produzione di gas e l’intestino non riesce a smaltirla da solo.

LE CATTIVE ABITUDINI CHE PORTANO AL METEORISMO

  • Eccessiva deglutizione di aria, generalmente seguita da eruttazioni rumorose. Questo può avere anche una base patologica (reflusso gastroesofageo, ernia iatale, angina pectoris, dispepsia, ulcera peptica) oltre che comportamentale (fumo e cattive abitudini dietetiche, come l’ingestione affrettata di alimenti o bevande, soprattutto gassate).
  • Bere durante i pasti, usanza diffusissima ma sbagliata. Anche le bevande innocenti come l’acqua naturale diluiscono ed inattivano i succhi gastrici, prolungando e compromettendo la digestione.
  • Le bevande gassate e dolcificate provocano aerofagia per la presenza di gas e zucchero.
  • Le bevande alcoliche e le bevande nervine, oltre che causare vari danni collaterali, spingono i cibi verso il colon, impedendo la corretta assimilazione nella parte alta dell’intestino tenue.
  • Alimentarsi in situazioni di inappetenza, di fretta, di tensione, di nervosismo.
  • Mangiare molti latticini che intasano di colla caseinica i villi intestinali.
  • Mangiare patate fritte, cipolle fritte ma anche merendine, dolciumi e stuzzichini vari che peggiorano molto la fermentazione e quindi la produzione di aria.

METEORISMO E CONTAMINAZIONE BATTERICA DELL’INTESTINO TENUE

Per tutte queste cattive abitudini alimentari, i microrganismi che popolano in genere il COLON possono aumentare andando a contaminare l’intestino TENUE dove accelerano i fenomeni putrefattivi e fermentativi. I risultati di questi processi sono il gonfiore addominale e la comparsa di disturbi dell’alvo (diarrea alternata a stitichezza).

La costipazione e la stitichezza, sono la matrice di tutte le maggiori malattie umane, ed anche a situazioni di disbiosi intestinale, dove le colonie batteriche simbiotiche, aerobiche e amiche, tendono a trasformarsi in colonie disbiotiche, anaerobiche e nemiche, caratterizzate da prevalenza di batteri putrefattivi, capaci di sopravvivere anche in assenza di ossigeno, come i Bacteroidi, i Pepto-streptococchi, l’Helicobacter pylori che, risalendo fino allo stomaco, è causa di gastrite e di ulcera gastrica.

CONSIGLI UTILI

  • Masticare lentamente, ed evitare di parlare troppo durante i pasti per non ingerire aria;
  • Evitare il consumo di bevande gassate e zuccherate;
  • Bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno, anche sotto forma di tisane o altri liquidi;
  • Preferire pasti piccoli, frequenti e leggeri;
  • Aumentare gradualmente il contenuto in fibra alimentare, compatibilmente alla suscettibilità individuale.

ALIMENTI CONTROINDICATI IN CASO DI GONFIORE INTESTINALE

  • LEGUMI (fagioli, piselli, fave, lenticchie, ceci) da consumare, passati, non più di 2 volte per settimana e da evitare in caso di gonfiore già presente;
  • VERDURE (cipolla, cavolo, funghi, cavolfiore, broccoli, cavoli di Bruxelles, verza, rapa al massimo 2 volte alla settimana e non in associazione ai legumi;
  • FRUTTA zuccherina (uva, fichi, banana, cachi). Comunque non consumare più di 2 frutti al giorno, compatibilmente alla tolleranza individuale. Comunque la frutta andrebbe mangiata sempre a stomaco vuoto. Angurie e meloni, poi, non solo a stomaco vuoto, ma senza alcuna mescolazione nemmeno con altri frutti e nemmeno nelle eventuali macedonie, a causa della loro rapida fermentabilità. La frutta dopo mangiato, essendo digerita nell’intestino, permane per troppo tempo nello stomaco, mentre questo sta digerendo le proteine e quindi si trasforma in bolo fermentato, cioè alcolico e non assorbibile attraverso la vena porta, che conduce al fegato e continua quindi a fermentare nell’intestino, alterando la flora batterica;
  • DOLCIFICANTI ARTIFICIALI: SORBITOLO e MANNITOLO, presenti anche in caramelle o chewing-gum senza zucchero, da limitare, come anche lo ZUCCHERO. Evitare il consumo di alimenti ricchi in grassi (fritti, insaccati, formaggi, carni grasse, maionese, panna montata, creme varie);
  • Sostituire il PANE ricco di mollica o poco cotto con crackers integrali o pane tostato.

CIBI CON FLATULOGENICO FORTE (da evitare nelle Colonpatie)

  • LATTE E DERIVATI
  • VERDURE: cipolle, fagioli, sedano, carote, cavoletti di Bruxelles
  • FRUTTA: uva passa, banane, albicocche e succo di prugna
  • CIBI TROPPO CALDI O TROPPO FREDDI (ANCHE GELATI E GRANITE)
  • GOMME DA MASTICARE
  • BEVANDE GASSATE, THE E CAFFE’, ALCOLICI
  • AVENA, FARRO, MAIS, ORZO E SEMOLA
  • LEGUMI
  • FRITTURE
  • SPEZIE, PEPE E PEPERONCINO
  • DOLCI E ALIMENTI RICCHI DI GRASSI ANIMALI COME PANNA, BURRO, LATTE E YOGURT INTERI, LARDO E STRUTTO
  • CIBI IN SCATOLA E AFFUMICATI
  • BANANE, KIWI, UVA, CASTAGNE E FRUTTA SECCA
  • SALUMI
  • SALSE (CONSERVE), SENAPE, MOSTARDA
  • BRODO DI CARNE, ESTRATTI DI CARNE, CARNI AFFUMICATE
  • ACCIUGHE, SARDINE, BACCALA’
  • VERDURA CRUDA, CAVOLI, ASPARAGI, FUNGHI, POMODORI E PEPERONI
03Lug

DIGIUNO INTERMITTENTE

Il digiuno e la dieta naturale, sebbene sostanzialmente sconosciuti come terapia, dovrebbero essere il primo trattamento quando si scopre di avere un problema medico.” – Joel Fuhrman

COME FUNZIONA IL DIGIUNO INTERMITTENTE

Il digiuno è diventato molto popolare negli ultimi anni, ma le pratiche che prevedono l’astinenza dal cibo si trovano in ogni cultura fin da tempi molto antichi. I benefici del digiuno sono noti da decenni e sono stati riassunti da Rafael de Cabo (laboratorio di gerontologia traslazionale del National Institute of Aging di Baltimora) e da Mark Mattson (dipartimento di neuroscienze della Johns Hopkins University) nella revisione pubblicata su una delle più importanti riviste mediche al mondo.

Alimentarsi in maniera intermittente è una scelta che può far parte di uno stile di vita sano“, ha affermato lo stesso Mattson, seguace della dieta del digiuno intermittente da vent’anni. Le evidenze più solide riguardano la preservazione di un corretto stato di salute delle cellule, a livello di tutti gli organi. Il processo è reso possibile dall’esaurimento delle riserve di glucosio e dal ricorso al grasso, come fonte energetica. In questo modo, secondo Mattson, “Migliora la regolazione della glicemia, si riduce la risposta infiammatoria e aumenta la resistenza allo stress.

Dal compendio, sulla base di quattro studi condotti sia su modelli animali sia sull’uomo, si evince che “il digiuno intermittente ha anche ridotto la pressione sanguigna, i livelli di lipidi nel sangue e la frequenza cardiaca a riposo“. Sono inoltre presenti in letteratura le evidenze che documentano un impatto sull’obesità e sul rischio di ammalarsi di diabete.

Digiunando si attivano le cosiddette molecole heat shock, molecole che fanno in modo che le strutture proteiche del corpo abbiano la forma giusta e funzionino nell’organismo in modo ottimale. Brevi periodi di digiuno fanno moltiplicare le molecole heat shock e di conseguenza i muscoli e gli organi si mantengono in forma. Su questo si basa anche il principio del mima digiuno di Walter Longo.

È una specie di “vacanza per gli organi”: anche solo una volta a settimana è sufficiente ad evitare che fegato, reni e intestino si sovraccarichino e si da loro la possibilità di rigenerarsi. Inoltre l’organismo sfrutta queste ore di pausa per eliminare le sostanze dannose.

Altri benefici:

  • concilia il sonno;
  • rafforza il sistema immunitario;
  • non appesantisce il metabolismo;
  • stimola il consumo di grassi.
LE REGOLE
  • Durata digiuno

Il digiuno di solidi si estende per 12/18 ore, durante le quali sono consentite solo tisane leggere. È importante però assumere nel corso della giornata sostanze nutrienti.

  • Per quanto tempo rinunciare alla cena

Dipende dagli obiettivi che ci siamo prefissati. Il metodo standard prevede dalle due alle quattro volte a settimana: può essere effettuato a cicli di alcuni mesi, o anche per tutto l’anno. Si può effettuare anche per tutto l’anno due digiuni serali, per esempio il lunedì o il giovedì (a volta basta anche solo il lunedì).

Esiste una variante che consiste in 14 giorni di digiuno consecutivi, indicata per chi è molto in sovrappeso: 14 giorni di digiuno serale moderato, al termine del quale va seguito però il metodo standard (due sere a settimana). In due settimane si perdono 5-6 chili.

  • La regola più importante

Per raggiungere buoni risultati con la strategia del digiuno serale occorre bere molto, soprattutto dopo le 17, ma anche durante l’intero arco della giornata. Nei giorni in cui si pratica il digiuno serale si può arrivare fino a 3 litri di liquidi al giorno. L’acqua è la bevanda più indicata. Attenzione, solo a temperatura ambiente, mai troppo fredda.

  • Mai stare fermi

Niente aiuta a dimagrire, a disintossicarsi e a ringiovanire l’organismo quanto il movimento. Basta fare una passeggiata ogni giorno o almeno 4 volte la settimana di almeno 20 minuti. Praticare ogni giorno una leggera attività fisica cercando di essere il più possibile costanti, dà buoni risultati.

Esempi di alimentazione:


1) PRIMA SOLUZIONE

(digiuno serale, colazione leggera, pranzo e spuntino pomeridiano proteico alle 18)

COLAZIONE:

  • tè verde o tisana o caffè a cui si può aggiungere del latte di mandorla senza zucchero.

PRANZO:

  • una scelta tra 200 g di carne bianca o rossa + 300 g di verdura a foglie (spinaci biete, scarole, cicoria o cavolo nero) o funghi o asparagi o cavolfiore o melanzane o zucca o zucchine con olio Evo.

Oppure:

  • 250 g di pesce magro (merluzzo, platessa, nasello, rombo) + 300 g di verdure + olio extravergine di oliva.

SPUNTINO:

  • ore 18:00: due uova intere + 100 g di albumi + 300 g di verdure + olio extravergine di oliva.

CENA DIGIUNO:

  • solo tisana o infuso.

Oppure:

  • brodo vegetale preparato con cipolla, sedano, una carota, bieta, due pomodori, una zucchina, maggiorana, prezzemolo e timo senza sale e bere solo il liquido chiaro filtrandolo.

2) SECONDA SOLUZIONE

(colazione e pranzo abbondanti, digiuno serale, no spuntini)

COLAZIONE:

  • tè verde o tisana o caffè macchiato con latte di mandorla senza zucchero + in aggiunta un uovo + 20 g di noci + 1 kiwi.

Oppure:

  • 100 g di albumi + 12 mandorle + una mela o una pera.

Oppure:

  • pancake preparati con 80 gr di albumi, 40 g di farina di avena + 2 cucchiai di frutti di bosco.

Oppure:

  • yogurt greco bianco magro + 3 cucchiai di frutti di bosco + 3 noci + 1 cucchiaio di cocco essiccato.

Oppure:

  • due uova cotte con 10 g di burro + 300 g di funghi + mezza mela.

Oppure:

  • 100 g di pera + 70 g di ricotta + 2 noci intere.

PRANZO:

  • Una scelta tra 200 g di carne + verdura (300 g di sole verdure a foglia o zucchine) + olio extravergine di oliva + 1 mela.

Oppure:

  • 70 g di fagioli neri o borlotti o 60 g di lenticchie o ceci o 300 di piselli freschi surgelati + insalata di finocchi, rucola e valeriana + olio extravergine di oliva.

Oppure:

  • 250 g di pesce magro (merluzzo, sogliola, platessa, nasello, rombo, scampi, seppie, cernia o 150 g di pesce semi magro come calamari, pesce spada, riccio, tonno, orata, polpo o tonno o cefalo) o 100 g di pesce grasso (salmone, sgombro, sardine) + 300 g di verdura e olio extravergine di oliva + 1 kiwi.

CENA DIGIUNO:

  • solo tisana o infuso.

Oppure:

  • brodo vegetale preparato con cipolla, sedano, una carota, bietole, due pomodorini, una zucchina, maggiorana, prezzemolo e timo senza salse e bere soltanto il liquido chiaro filtrandolo.


3) TERZA SOLUZIONE

(no colazione, solo pranzo e cena, no spuntini – solo tisane)

PRANZO:

  • Una scelta tra 2 uova + verdura (300 g di solo verdure a foglia o zucchine) + olio extravergine di oliva + 1 mela.

Oppure:

  • 70 g di fagioli neri o borlotti o 60 g di lenticchie o ceci o 300 di piselli freschi surgelati + insalata di finocchi, rucola e valeriana + olio extravergine di oliva.

Oppure:

  • 250 g di pesce magro (merluzzo, sogliola, platessa, nasello, rombo, scambi, seppie, cernia o 150 g di pesce semi magro calamari, pesce spada, riccio, tonno, orata, polpo o tonno o cefalo) o 100 g di pesce grasso salmone sgombro sardine + 300 g di verdura e olio extravergine di oliva + 1 kiwi.

CENA:

  • carne bio (manzo, pollo, maiale, tacchino), preferibilmente di animali allevati a pascolo. Per esempio straccetti di tacchino cotti con rucola, pollo con zucchine, pollo alla cacciatora con verdura, polpette di tacchino fatto con carne tagliata a dadini al coltello con aggiunta di zucchine cotte grattugiate, prezzemolo, scorza di limone, sale, pepe e 1 uovo.

Consigli extra:

Aggiungere a piacere: verdura, ortaggi misti o verdura ripassata con aglio, olio e peperoncino o verdure crude a piacere, per esempio insalata arcobaleno a base di carote, finocchi, rucola, radicchio, ravanelli, verza, anche con semi di canapa e noci.

Durante i giorni di digiuno intermittente cercare di bere due bicchieri di acqua calda (bollita per qualche minuto conservata in thermos) ogni 2 o 3 ore, oltre a tisane e tè verde a piacere.

Bere qualcosa di caldo è fondamentale per tamponare la contrazione muscolare che si sviluppa a livello dello stomaco ogni tre o quattro ore quando è vuoto e procura i cosiddetti morsi della fame. In verità, più che la fame, segnala che lo stomaco è vuoto e spesso passa semplicemente bevendo qualcosa di caldo.

Aggiungere alle pietanze erbe aromatiche e spezie che contribuiscono non solo a dare sapore ai piatti ma anche ad attivare le risposte riparative del digiuno.

Il digiuno è la più grande terapia di guarigione naturale. È l’antico “rimedio” universale della natura per innumerevoli disturbi”. – Elson Haas, MD

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