10Dic

DOLCIFICANTI NATURALI

Adottare dolcificanti naturali non è solo una scelta salutare, ma anche un passo verso una dieta più equilibrata e sostenibile, senza rinunciare al gusto.” – Dr. Sarah Brewer, nutrizionista clinica e autrice di libri sulla salute

DOLCIFICARE SENZA PENSIERI:
GUIDA AI MIGLIORI DOLCIFICANTI NATURALI

Negli ultimi anni, sempre più persone cercano alternative allo zucchero per dolcificare cibi e bevande senza rinunciare al gusto e alla salute. Dai dolcificanti zero calorie come la stevia e il monk fruit, alle opzioni ricche di nutrienti come miele e zucchero di cocco, il mercato offre soluzioni per ogni esigenza. Ma quali sono le loro reali proprietà? Qual è l’impatto sull’indice glicemico e sul nostro benessere?

In questo articolo ti guideremo alla scoperta dei dolcificanti naturali più diffusi, analizzandone benefici, calorie e utilizzi, per aiutarti a scegliere quello più adatto al tuo stile di vita. Perché dolcificare in modo consapevole è il primo passo verso una dieta più sana e bilanciata.

DIECI ALTERNATIVE ALLO ZUCCHERO

1. STEVIA

 Origine: Estratta dalle foglie della pianta Stevia rebaudiana.

 • Principio attivo: Steviosidi e rebaudiosidi.

 • Potere dolcificante: 200-300 volte più dolce dello zucchero.

 • Indice glicemico: 0 (non influenza i livelli di zucchero nel sangue).

 • Apporto calorico:0 calorie.

PROPRIETÀ:

• Ottima per diabetici e diete a basso contenuto di zuccheri.

 • Resistente al calore, quindi adatta per la cottura.

SVANTAGGI:

Può lasciare un retrogusto di liquirizia o amaro, a seconda della purezza.

 

2. MONK FRUIT (FRUTTO DEL MONACO) 

 • Origine: Estratto dal Siraitia grosvenorii, una pianta originaria della Cina.

 Principio attivo: Mogrosidi.

 • Potere dolcificante: 150-250 volte più dolce dello zucchero.

 • Indice glicemico: 0.

 • Apporto calorico: 0 calorie.

PROPRIETÀ:

 • Non causa picchi glicemici.

 • Spesso combinato con altri dolcificanti per migliorare il gusto.

SVANTAGGI:

Può essere costoso e difficile da trovare puro.

 

3. MIELE

 • Origine: Prodotto naturale delle api.

 • Principio attivo: Fruttosio, glucosio, minerali, antiossidanti.

 • Potere dolcificante: Paragonabile o leggermente superiore allo zucchero.

 • Indice glicemico: 45-65 (varia in base al tipo).

 • Apporto calorico: 304 calorie per 100 g.

PROPRIETÀ:

 • Ricco di antiossidanti e proprietà antibatteriche.

 • Fonte di energia rapida.

SVANTAGGI:

Ha un impatto glicemico maggiore rispetto ad altri dolcificanti naturali.

 

4. SCIROPPO D’AGAVE

 • Origine: Estratto dall’agave blu.

 • Principio attivo: Principalmente fruttosio.

 • Potere dolcificante: 1,4 volte più dolce dello zucchero.

 • Indice glicemico: 15-30 (basso).

 • Apporto calorico: 310 calorie per 100 g.

PROPRIETÀ:

 • Adatto a chi cerca dolcificanti con basso IG.

 • Si scioglie facilmente, ideale per bevande.

SVANTAGGI:

Elevato contenuto di fruttosio, che può essere metabolizzato dal fegato e trasformato in grasso.

 

5. ZUCCHERO DI COCCO

 • Origine: Estratto dalla linfa dei fiori della palma da cocco.

 • Principio attivo: Saccarosio (70-80%), piccole quantità di minerali e fibre come l’inulina.

 • Potere dolcificante: Simile allo zucchero da tavola.

 • Indice glicemico: 35-54 (basso-moderato).

 • Apporto calorico: 375 calorie per 100 g.

PROPRIETÀ:

 • Contiene tracce di minerali e fibre benefiche.

 • Sapore leggermente caramellato.

SVANTAGGI:

È calorico come lo zucchero normale, quindi non adatto a chi cerca un dolcificante senza calorie.

 

6. SCIROPPO D’ACERO

 • Origine: Estratto dalla linfa degli aceri da zucchero.

 • Principio attivo: Saccarosio, minerali, antiossidanti.

 • Potere dolcificante: Simile allo zucchero.

 • Indice glicemico: 54 (moderato).

 • Apporto calorico: 260 calorie per 100 g.

PROPRIETÀ:

 • Contiene polifenoli antiossidanti e minerali come zinco e manganese.

• Gusto caratteristico ideale per dolcificare pancake e bevande.

SVANTAGGI:

Ha un IG moderato, quindi non è ideale per i diabetici.

 

7. ERITRITOLO

 • Origine: Uno zucchero alcolico naturale presente in piccole quantità in frutta e alimenti fermentati.

 • Potere dolcificante: Circa il 70% della dolcezza dello zucchero.

 • Indice glicemico: 0.

 • Apporto calorico: 0,24 calorie per grammo.

PROPRIETÀ:

 • Non influisce sui livelli di zucchero nel sangue.

 • Non provoca carie dentali.

SVANTAGGI:

Può causare lievi disturbi digestivi se consumato in eccesso.

 

8. ALLULOSA

 • Origine: Zucchero raro presente in piccole quantità in fichi, uvetta e sciroppo d’acero.

 • Potere dolcificante: 70% della dolcezza dello zucchero.

 • Indice glicemico: Praticamente nullo.

 • Apporto calorico: Circa 0,2 calorie per grammo.

PROPRIETÀ:

 • Non influisce sui livelli glicemici.

 • Fornisce dolcezza simile allo zucchero senza calorie significative.

SVANTAGGI:

Relativamente nuovo sul mercato, non sempre facile da reperire.

 

9. MELASSA

• Origine: Sottoprodotto della produzione dello zucchero di canna o barbabietola.

 • Principio attivo: Zuccheri semplici (glucosio e fruttosio), minerali come ferro e calcio.

 • Potere dolcificante: Meno dolce dello zucchero.

 • Indice glicemico: Circa 55 (moderato).

 • Apporto calorico: 290 calorie per 100 g.

PROPRIETÀ:

• Contiene minerali benefici e antiossidanti.

 • Ideale per dolcificare cibi e bevande con un gusto robusto.

SVANTAGGI:

Apporto calorico simile allo zucchero.

 

10. XILITOLO

 • Origine: si trova naturalmente in piccole quantità in alcuni frutti e verdure, come mele, pere e fragole, ma è prodotto principalmente dal mais o dalla betulla.

 • Principio attivo:è un alcol zuccherino (o poliolo)

 • Indice glicemico: Ha un indice glicemico basso (circa 7), che lo rende una scelta adatta per persone con diabete o che seguono una dieta a basso contenuto di carboidrati. Sebbene non influenzi drasticamente i livelli di zucchero nel sangue, è comunque importante utilizzarlo con moderazione.

 • Apporto calorico: Contiene circa 2,4 calorie per grammo, che è inferiore rispetto allo zucchero (che ne ha 4).

PROPRIETÀ:

Lo xilitolo ha anche proprietà benefiche per la salute dentale, poiché non favorisce la crescita dei batteri responsabili delle carie. In effetti, è spesso utilizzato in gomme da masticare e dentifrici per prevenire la formazione di placca.

SVANTAGGI:

Consumato in grandi quantità, può causare disturbi digestivi, come gonfiore o diarrea, poiché i polioli non vengono completamente assorbiti nell’intestino. È quindi importante consumarlo con moderazione.

 

TABELLA RIASSUNTIVA 

Stevia:

Indice glicemico: 0
Apporto calorico: 0
Potere dolcificante: 200-300 volte lo zucchero

Monk Fruit:

Indice glicemico: 0
Apporto calorico: 0
Potere dolcificante: 150-250 volte lo zucchero

Miele:

Indice glicemico: 45-65
Apporto calorico: 304
Potere dolcificante: Simile o superiore allo zucchero

Sciroppo d’Agave:

Indice glicemico: 15-30
Apporto calorico: 
310
Potere dolcificante:
 1,4 volte lo zucchero

Zucchero di Cocco:

Indice glicemico: 35-54
Apporto calorico: 375
Potere dolcificante: 
Simile allo zucchero

Sciroppo d’Acero:    

Indice glicemico: 54
Apporto calorico: 260
Potere dolcificante: Simile allo zucchero

Eritritolo:

Indice glicemico: 0
Apporto calorico: 0,24 cal/g
Potere dolcificante: 70% della dolcezza dello zucchero

Allulosa:

Indice glicemico:0
Apporto calorico: 0,2 cal/g
Potere dolcificante: 70% della dolcezza dello zucchero

Melassa:

Indice glicemico: 55
Indice glicemico: 290
Potere dolcificante: Meno dolce dello zucchero

Xilitolo:

Indice glicemico: 7
Indice glicemico: 
240
Potere dolcificante: 
Più dolce dello zucchero

L’ALTRA FACCIA DELLA DOLCEZZA:
I DOLCIFICANTI ARTIFICIALI E GLI EFFETTI SULLA SALUTE

Se da un lato i dolcificanti naturali offrono soluzioni più salutari e sostenibili, dall’altro il mercato è ancora dominato dai dolcificanti artificiali, spesso presenti nei prodotti light o dietetici. Saccarina, aspartame, sucralosio e altri composti chimici promettono la dolcezza senza calorie, ma a quale costo?

Negli anni, molti studi hanno sollevato interrogativi sui potenziali effetti collaterali di questi dolcificanti, che spaziano da disturbi digestivi all’interferenza con il metabolismo, fino a possibili rischi a lungo termine per la salute.

 

02Dic

I NUOVI FARMACI PER DIMAGRIRE

Ozempic è un punto di svolta per la perdita di peso. I pazienti possono perdere fino al 15% del loro peso corporeo, una percentuale che prima era raggiungibile solo con interventi chirurgici”. – Dottoressa Caroline Apovian

I NUOVI FARMACI PER DIMAGRIRE 

 

Si chiama Ozempic o Wegovy, nome commerciale della “semaglutide” sviluppata dall’azienda farmaceutica danese Novo Nordisk, da qualche tempo è finito alla ribalta sui social, e non solo, come medicinale “miracoloso” per perdere chili di troppo.

La semaglutide fa parte della famiglia degli Agonisti GLP-1, farmaci che mimano l’azione di un ormone naturale, il “glucagon-like peptide-1” (indicato con la sigla GLP-1). Questi farmaci nascono con un impiego specifico: il trattamento del diabete di tipo 2 e ora per curare l’obesità.

I recettori per GLP-1 sono presenti un po’ in tutto il corpo ma soprattutto nel pancreas, nel cervello e nello stomaco. Dopo aver mangiato, i batteri e le cellule intestinali producono GLP1 che si lega ai recettori nei seguenti organi:

  • PANCREAS
    dà il segnale di aumento della produzione di insulina, l’ormone che abbassa il livello di zucchero nel sangue;
  • CERVELLO
    dà il senso di sazietà, e quindi il segnale di stop all’assunzione del cibo. In pratica, alcune aree del cervello che regolano i nostri comportamenti alimentari, inducono a smettere di mangiare;
  • STOMACO
    rallenta il processo digestivo, dando al corpo il segnale di non intasare oltremodo lo stomaco.

Inoltre, questi “ormoni/farmaci” riducono la secrezione di glucagone, l’ormone che aumenta la glicogenolisi, cioè la scissione del glicogeno epatico e di conseguenza il rilascio di carboidrati immagazzinati nel fegato. Permettono così di tenere sotto controllo la glicemia, mantenendola stabile in circolo.

In definitiva, l’impiego di questi nuovi farmaci nasce dal fatto che essi, imitando il comportamento di questo ormone GLP-1, hanno, tra le altre cose, la capacità di rallentare lo svuotamento gastrico in seguito all’assunzione di cibo e ridurre l’appetito mediante l’invio di segnali di sazietà al cervello.

Quando nei test clinici e nell’impiego tra la popolazione sono stati notati questi effetti, alcuni medici hanno iniziato a prescrivere l’Ozempic, oltre che nei diabetici, come rimedio contro l’obesità in modalità “off label”, cioè per trattare problemi di salute diversi da quelli per cui era stato sviluppato in origine il principio attivo.

Per questo motivo circa tre anni fa, Novo Nordisk ha fatto domanda di autorizzazione per un nuovo farmaco che si chiama Wegovy e che è sostanzialmente l’Ozempic ma con un dosaggio più alto e realizzato appositamente come rimedio contro l’obesità.

Il farmaco è stato autorizzato negli Stati Uniti nel 2021 e all’inizio del 2022 nell’Unione Europea. Nel 2013 ha vinto il premio “Breakthrough of thè Year” (svolta dell’anno) assegnato da “Science“, una delle riviste scientifiche più famose al mondo.

Cerchiamo ora di conoscere meglio la semaglutide e i farmaci della classe a cui appartiene (dal semaglutide al tirzepatide: gli agonisti GLP-1). Si tratta di farmaci chiamati “agonisti del recettore per l’ormone GLP-1″ (o agonisti GLP- 1R), che aiutano i soggetti sovrappeso/obesi a perdere tra il 15% e il 20% del loro peso corporeo e a ridurre il rischio di problemi cardiaci.

UTILIZZO

Sono disponibili sotto forma di soluzione iniettabile in penna preriempita e possono essere ottenuti soltanto con prescrizione medica. L’iniezione viene effettuata sotto la pelle dell’addome, della coscia o della parte superiore del braccio. La dose raccomandata di Semaglutide è di 0,25 mg una volta alla settimana. Dopo quattro settimane, la dose dovrebbe essere aumentata a 0,5 mg. Se necessario, può essere ulteriormente aumentata fino a un massimo di 1 mg una volta alla settimana.

RISCHI ASSOCIATI

Gli effetti indesiderati più comuni (che possono riguardare più di 1 persona su 10) sono problemi dell’apparato digestivo, quali diarrea, vomito e nausea (sensazione di malessere), capogiri o svenimenti. Questi effetti sono in genere di entità lieve o moderata e di breve durata. È comune (può interessare fino a 1 persona su 10) un grave peggioramento della retinopatia diabetica (danno alla retina, la membrana fotosensibile presente nella parte posteriore dell’occhio). In rari casi può portare alla pancreatite.

TIPI

Il più popolare è il:

  • Semaglutide (OZEMPIC – WEGOVY)

disponibili in formulazione iniettabile per via sottocutanea ad intervalli settimanali, ma esiste anche una versione per somministrazione orale (Rybelsus 3-7-14 mg).

Dosaggio:

OZEMPIC (semaglutide) – Novo Nordisk:

o 1 – 4 settimana 0,25 mg
o Settimane 5-8 0,5 mg o dalla 9°in poi, 1mg.

WEGOVY – Novo Nordisk:

o 1 – 4 settimana 0,25 mg
o Settimane 5-8 0,5 mg o Dalla 9° alla 12 1 mg
o Settimane 13-16 1,7 mg
o dalla settimana 17 2,4 mg

Gli altri tipi sono:

  • Dulaglutide (TRULICITY)
  • Lixisenatide (ADLYXIN)
  • Liraglutide (SAXENDA)
  • Exenatide (BYETTA)

Dosaggio:

questi si iniettano quotidianamente.

Ultimo uscito:

  • Tirzepatide (MOUNJIARO – ZEPBOUND)

Dosaggio:

sempre per iniezione settimanale, vari dosaggi:

o 1 – 4 settima. 5 mg
o dalla 5° in poi settimane 10 mg

Arriveranno poi i 10 e 15 mg (non ancora disponibili in Italia).

MOUNJARO – ZEPBOUND

Il MOUNJARO contiene, oltre alla semaglutide, anche la molecola tirzepatide che blocca il recettore H del polipeptide insulino gastrico (GIP): quindi doppio agonista GLP-1 RA/polipeptide inibitore gastrico (GIP). Il blocco del recettore del GIP fa ridurre l’assunzione di cibo, dando un senso di pienezza e sazietà.

Secondo i risultati di uno studio recentemente pubblicato su “JAMA Internal Medicine”, persone con sovrappeso o obesità trattati con tirzepatide ottengono più facilmente una perdita di peso clinicamente significativa e maggiori riduzioni del peso corporeo rispetto a quelle trattate con semaglutide, indipendentemente dalla presenza di diabete di tipo 2.

Con l’approvazione di MOUNJARO/Zepbound da parte della FDA, ora i pazienti che cercano di perdere peso avranno un’altra opzione.

Come Ozempic e Wegovy, anche Zepbound viene inizialmente somministrato a basse dosi e aumentato gradualmente.

Stando a quanto dichiarato da Eli Lilly, l’autorizzazione di Zepbound si basa su alcuni studi condotti dall’azienda su 2.539 adulti con obesità o sovrappeso e problemi medici legati al peso diversi dal diabete. In questi studi, dopo 72 settimane le persone che assumevano Zepbound e che avevano apportato modifiche alla dieta e all’esercizio fisico hanno registrato una sostanziale perdita di peso.

Con una dose più alta del farmaco, 15 milligrammi, le persone che assumevano Zepbound hanno perso in media circa 21 chilogrammi, rispetto ai 15 chili in meno riportati dai pazienti che hanno assunto la dose più bassa da 5 milligrammi. I partecipanti allo studio a cui è stato somministrato un placebo hanno perso in media sette chili.

Secondo Eli Lilly, un paziente su tre che ha assunto la dose più alta Zepbound ha perso oltre 26 chili, pari al 25 per cento del proprio peso corporeo, rispetto all’1,5% del gruppo a cui è stato dato il placebo. Il peso medio iniziale dei volontari che hanno partecipato allo studio erano di circa 104 chili. La casa farmaceutica ha anche comunicato che alcune persone che hanno assunto Zepbound hanno riportato reazioni a livello gastrointestinale, tra cui nausea, diarrea, vomito, costipazione o dolore addominale.

23Set

SPIRULINA, IL SUPERFOOD MIRACOLOSO

Grammo per grammo, la spirulina potrebbe essere il cibo più nutriente e completo del pianeta, che si conserva praticamente indefinitamente.” – Gabriel Cousens

La spirulina è un tipo di alga verde-azzurra a causa della presenza di entrambi i pigmenti clorofilla (verde) e ficocianina (blu) nella sua struttura cellulare. che cresce in acqua dolce o salata ed è disponibile come integratore, in forma di compresse o polvere, e viene comunemente usata nella medicina e cucina orientale. È tra gli integratori più popolari al mondo, un tipo di cianobatterio appartenente a una famiglia di microrganismi unicellulari spesso chiamati alghe verde-azzurre. Proprio come le piante, i cianobatteri possono produrre energia dalla luce solare attraverso il processo della fotosintesi.

Viene utilizzata per i suoi straordinari benefici per la salute, in quanto ricca di nutrienti e proprietà antiossidanti. Il primo rapporto documentato sulla spirulina risale al XVI secolo e si ritiene che fosse una fonte nutrizionale per gli Aztechi e i Mesoamericani.

BENEFICI

  • Profilo nutrizionale:
    Contiene proteine di alta qualità (fino al 70% del suo peso secco), vitamine (soprattutto del gruppo B), ferro, magnesio e acidi grassi essenziali. È anche una fonte di antiossidanti come ficocianina e clorofilla, che combattono i radicali liberi e riducono l’infiammazione.
  • Supporto immunitario e antiossidante:
    La spirulina può stimolare il sistema immunitario e ridurre lo stress ossidativo grazie ai suoi composti bioattivi, aiutando a prevenire malattie croniche.
  • Benefici per atleti e vegani:
    È utilizzata per migliorare il recupero muscolare e fornire proteine e aminoacidi essenziali, particolarmente utile per chi segue diete vegetali.
  • Possibile supporto per l’anemia:
    Alcuni studi suggeriscono che potrebbe aumentare i livelli di ferro in soggetti anemici, ma ulteriori ricerche sono necessarie per confermare questi effetti nella popolazione generale.

È inoltre ricca di steroli e alcuni altri elementi vitali come calcio, ferro, zinco, magnesio, manganese e selenio. È una fonte naturale di vitamina B12, vitamina E, acido ascorbico, tocoferoli e un intero spettro di carotenoidi misti naturali e xantofille fitopigmentate.

La spirulina era consumata dagli antichi Aztechi ma è tornata di moda quando la NASA propose che potesse essere coltivata nello spazio per l’uso degli astronauti, dichiarando che un chilogrammo di spirulina equivale al valore nutrizionale di 1000 kg di frutta e verdura. Pertanto, nelle missioni spaziali a lungo termine, sia la NASA (CELSS) che l’Agenzia Spaziale Europea (MELISSA) hanno proposto che fungesse da importante fonte di cibo e nutrizione.

Le Nazioni Unite l’hanno acclamata come possibile “miglior cibo per il futuro” durante la loro conferenza mondiale tenutasi nel 1974.

ALTRI EFFETTI BENEFICI

Alcuni degli effetti precoci sulla salute della spirulina riguardano il suo ruolo nel controllo del diabete e i suoi significativi effetti sulla riduzione dei trigliceridi plasmatici (colesterolo totale e LDL), la riduzione della pressione sanguigna, il miglioramento dello stato antiossidante e gli effetti antinfiammatori. Recenti rapporti sottolineano l’importanza della spirulina per i suoi effetti immunomodulatori, antifatica e radioprotettivi.

In Russia, è stata approvata per il trattamento dei sintomi della sindrome da radiazione, poiché i carotenoidi in essa contenuti assorbono le radiazioni. Si riporta inoltre che rallenti il danneggiamento neurologico negli animali anziani e riduca i danni causati dall’ictus grazie alle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie che apportano benefici per la salute cerebrale. La ficocianina, un pigmento presente nella spirulina, aiuta a combattere i radicali liberi e riduce l’infiammazione, fattori che possono essere utili nel supporto alla salute del cervello e nella prevenzione di danni ossidativi.

Alcuni studi suggeriscono che la spirulina possa alleviare i sintomi delle allergie, in particolare quelli associati alla rinite allergica, come congestione nasale, starnuti e prurito oculare. Questi benefici sembrano derivare dalla capacità della spirulina di ridurre l’infiammazione e di limitare il rilascio di istamine, sostanze chimiche coinvolte nelle reazioni allergiche. In particolare, la ficocianina, un composto presente nella spirulina, è riconosciuta per le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti che potrebbero contribuire a tali effetti.

19Set

PEPE DI CAYENNA, L’ALLEATO DEL CUORE

In 35 anni di pratica, non ho mai perso un paziente colpito da un attacco cardiaco durante le visite domiciliari. La ragione è che, se stanno ancora respirando, verso loro una tazza di tè al pepe di Cayenna (un cucchiaino di pepe di Cayenna in una tazza di acqua calda), e in pochi minuti si rimettono in piedi“. Dr. John Raymond Christopher

SUPPORTO IN CASO DI INFARTO

Nel caso di un’evenienza come un attacco cardiaco, la prima azione prioritaria è senz’altro chiamare il soccorso medico. Tuttavia, se i soccorsi non dovessero arrivare tempestivamente e non si dispone in casa di farmaci adeguati, c’è un alimento che può aiutare a evitare un peggioramento della situazione: il pepe di Cayenna, una spezia derivata dal peperoncino rosso omonimo. Il pepe di Cayenna offre svariati benefici: grazie all’alta presenza di capsaicina, è considerato un potente anti-infiammatorio, antidolorifico e stimolante naturale che beneficia la salute del cuore. È stato utilizzato in campo medico fin dall’antichità.

Secondo il dottor John Raymond Christopher, noto erborista americano, il pepe di Cayenna può essere estremamente utile in caso di infarto, riuscendo a fermare un attacco cardiaco in tempi molto brevi. Il dottore ha suggerito un modo efficace per utilizzarlo: diluire un cucchiaino di pepe di Cayenna in polvere in un bicchiere di acqua calda e somministrarlo alla persona afflitta. Nel caso in cui la persona fosse in stato di incoscienza, alcune gocce della tintura madre andrebbero poste sotto la lingua. Questo metodo fa sì che il peperoncino di Cayenna, grazie alle sue proprietà vasodilatatrici, aumenti velocemente la frequenza cardiaca, riuscendo così a bilanciare la circolazione sanguigna. Questa è la ragione per cui è consigliabile avere sempre questo ingrediente, o l’estratto, a portata di mano in casa.

Con un punteggio di circa 100 unità sulla scala di Scoville, il pepe di Cayenna si guadagna la fama di essere uno dei peperoncini più piccanti al mondo. Funziona come uno stimolante che spinge il cuore a battere più velocemente e a favorire la circolazione sanguigna, un effetto che può essere cruciale nel contrastare un potenziale infarto.

COME PREPARARE LA TINTURA DI PEPE DI CAYENNA

Ingredienti:

  • Alcol al 95 per cento
  • Polvere di pepe di Cayenna
  • Una bottiglia di vetro
  • Un paio di guanti

Procedimento:

  1. In un contenitore unire una parte di peperoncino di Cayenna in polvere a due parti di alcol a 95 gradi.
  2. Agitare il composto e riporlo in un luogo fresco e buio per 3 settimane.
  3. Scuotere il contenitore ogni due giorni.
  4. Trascorse le 3 settimane, filtrare la miscela di pepe di Cayenna conservando solo l’estratto.
  5. Assicurati di indossare i guanti in quanto il peperoncino può irritare o danneggiare la pelle.

Se individui segnali di un possibile infarto, mettere sotto la lingua della persona 5-10 gocce di estratto di pepe di Caienna.

Questo dovrebbe apportare un sollievo temporaneo dai sintomi fino a quando non sarà possibile trasportare la persona in ospedale per il necessario trattamento.

Se la persona è priva di sensi, somministrare con cautela un paio di gocce dell’estratto sotto la lingua e attuare immediatamente la RCP fino a quando la persona si riprende o arriva assistenza.

I BENEFICI PER IL CUORE SECONDO LA FONDAZIONE VERONESI 

Il consumo frequente di peperoncino riduce il rischio di morte per cause cardiovascolari. I dati di uno studio sostenuto anche dalla Fondazione Veronesi.

La ricerca, pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology, è stata condotta come estensione dello studio osservazionale più ampio Moli-Sani. A guidarla Licia Iacoviello, a capo del dipartimento di epidemiologia e prevenzione presso l’Irccs Neuromed di Pozzilli, con il supporto, tra gli altri, di Maria Benedetta Donati, vicepresidente del comitato scientifico della Fondazione Umberto Veronesi. Ad affiancarli nell’analisi delle proprietà del peperoncino, anche i ricercatori del dipartimento di oncologia e medicina molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità, dell’Università dell’Insubria di Varese e del Cardiocentro Mediterranea di Napoli. Attraverso oltre otto anni di monitoraggio dello stato di salute di quasi 23 mila adulti coinvolti nello studio Moli-Sani, gli autori hanno dimostrato che coloro che consumavano peperoncino quattro o più volte a settimana avevano un rischio di mortalità inferiore. “Questo era particolarmente significativo per quanto riguarda l’infarto e l’ictus cerebrale”, sottolinea Bonaccio, autrice principale dello studio.

Questo risultato è emerso indipendentemente dalla qualità generale della dieta seguita da ciascun partecipante all’osservazione. Il dato è stato confermato anche tra coloro il cui regime alimentare si discostava dalla dieta mediterranea. Ciò indica che “il consumo regolare di peperoncino può essere considerato benefico per la salute”, con ogni probabilità. Oltre ai molteplici utilizzi in cucina, il peperoncino è oggetto di attenta analisi da parte della comunità scientifica da tempo. Secondo diverse ricerche, il peperoncino ha proprietà antibatteriche e vasodilatatorie. Ma non è tutto. Si ritiene che contribuisca a mantenere sotto controllo il colesterolo e la pressione sanguigna. In base alle conclusioni di uno studio del 2017 pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition, il peperoncino sarebbe un elemento da non tralasciare durante una dieta dimagrante, grazie al suo effetto positivo sul metabolismo. Questi elementi, uniti, potrebbero spiegare la riduzione del rischio cardiovascolare. I benefici del peperoncino derivano dalla combinazione di sostanze antiossidanti contenute al suo interno: vitamina C, carotenoidi, polifenoli. Ma il merito principale va attribuito alla capsaicina, la molecola principale che conferisce il caratteristico sapore piccante al peperoncino.

PROPRIETÀ ANTITUMORALI

Il pepe di Cayenna presenta proprietà antifungine che prevengono l’insorgere di Phomopsis e Colletotrichum. Favorisce il benessere del sistema digestivo, stimolando la produzione di succhi gastrici e alleviando il gonfiore causato dai gas. Inoltre, è noto per le sue proprietà anticancro, specialmente contro il cancro ai polmoni, particolarmente nei fumatori. La capsaicina contenuta nel pepe di Cayenna è riconosciuta per prevenire la formazione di tumori causati dal tabacco, mostrando risultati simili anche nei pazienti con diagnosi di cancro al fegato.

La capsaicina appartiene a una classe di molecole conosciute come vanilloidi. Queste molecole provocano la morte delle cellule tumorali attraverso un’interazione diretta con le proteine dei mitocondri, organelli essenziali per le cellule. Questo processo conduce appunto alla morte delle cellule tumorali, ma ciò che sorprende è che i vanilloidi riescono a eliminare le cellule tumorali senza danneggiare quelle sane presenti attorno al tumore.

Il pepe di Cayenna risulta inoltre benefico nel trattamento di diversi disturbi tra cui problemi gastrici, emicrania, sintomi influenzali, allergie, obesità, arrossamento, mal di denti e artrite. È importante sottolineare che il pepe di Cayenna è ricco di nutrienti, tra cui calcio, zinco, selenio, magnesio, vitamine C e A. Pertanto, è consigliabile aver sempre a disposizione questa spezia e la tintura, considerando che il pepe di Cayenna rappresenta una delle spezie naturali più potenti che può apportare notevoli benefici al cuore.

19Set

REISHI, IL FUNGO DELL’IMMORTALITÀ

Oggi il Reishi si distingue come uno dei funghi polipori più preziosi in natura a beneficio della nostra salute”. – Paul Stamets

PROPRIETÀ

Il fungo Reishi, noto anche come Ganoderma Lucidum, è un fungo dalle innumerevoli proprietà medicinali utilizzato da secoli nella medicina tradizionale cinese e definito il “fungo dell’immortalità” grazie alle sue molteplici e strabilianti proprietà benefiche. Contiene vari composti bioattivi, tra cui triterpeni, polisaccaridi, peptidi e altri, che hanno dimostrato svariati effetti farmacologici e terapeutici. Alcuni composti presenti nel Reishi, come gli acidi ganoderici, il ganodermanondiol, il lucidumol e i β-glucani, hanno mostrato effetti antivirali e potrebbero contribuire a modulare la risposta immunitaria nelle malattie respiratorie. Il fungo contiene anche composti che inibiscono le reazioni a catena dell’ossidazione, riducono i prodotti dell’ossidazione dei lipidi e sopprimono le attività degli enzimi che producono composti tossici, riducendo così i danni causati dalle specie reattive dell’ossigeno nel nostro corpo e l’ossidazione dei lipidi nel processo di lavorazione degli alimenti. Inoltre, i polisaccaridi, le glicoproteine e i triterpeni del Reishi hanno dimostrato attività anticancerogene attraverso vari meccanismi, tra cui la stimolazione delle citochine, effetti citotossici, l’inibizione dell’adesione delle cellule tumorali, il blocco dell’apoptosi e dell’angiogenesi. Gli estratti di Reishi mostrano anche effetti benefici nel trattamento delle malattie cardiovascolari e del diabete.

In generale, i componenti del Reishi possono essere elencati come segue:

  • Polisaccaridi e glicoproteine (α-D-glucani, β-glucani, β-D-glucani, complessi polisaccaride-proteina e α-D-mannani).
  • Terpenoidi (acido ganoderico A-Z, ganoderali, acido ganosporerico A, acidi lucidenici e ganoderioli).
  • Composti azotati (acido aspartico, acido glutammico, lisina, leucina, metionina, cisteina e nucleotidi).
  • Altri componenti (fosforo, germanio, calcio, zolfo e magnesio).

Studi hanno dimostrato che il Reishi contiene oltre 432 metaboliti secondari, nonché più di 200 diversi tipi di polisaccaridi. Tra i metaboliti secondari, ci sono oltre 380 terpenoidi e più di 30 gruppi sterolici.

Le ricerche hanno stabilito che il Reishi manifesta una vasta gamma di effetti benefici, tra cui, ma non solo:

  • effetti anticancro (nella prostata, polmoni, seno e colon)
  • antidiabetici
  • anti-infiammatori
  • antiossidanti
  • anti-epatite
  • immunomodulatori
  • ipocolesterolemizzanti
  • antimicrobici
  • ipoglicemici
  • cardioprotettivi
  • antiiiperpigmentanti
  • antiartritici
  • proapoptotici
  • antiallergici
  • antiansia,
  • antiandrogenici
  • antinocicettivi.
  • antivirali

I benefici per la salute associati al Reishi sono attribuiti alle sue spore, miceli e composti bioattivi estratti dal corpo fruttifero.

PROPRIETÀ EPATOPROTETTRICI

È un’eccellente cura per le malattie epatiche in quanto riduce le transaminasi alte riportandole alla normalità quando il fegato è intossicato (cattiva alimentazione, alcol, sigarette). Fornisce un contributo positivo anche in caso di epatiti virali (A, B e C). Per questo motivo è quindi un valido aiuto per prevenire e combattere le malattie epatiche rafforzando il fegato, che ritorna a lavorare come un efficiente laboratorio depurativo in grado di eliminare agevolmente tossine, grassi in eccesso e radicali liberi. Questo fungo medicinale contiene gli stessi enzimi del fegato umano: sia quelli depurativi che quelli antiossidanti. I primi aiutano il fegato a svolgere la sua fondamentale azione depurativa (liberandolo dalle sostanze tossiche), i secondi lo proteggono dalle malattie. Ma quest’organo, come tutti i depuratori, accumula impurità, si ossida e per questo va a sua volta ripulito: più viene depurato, più la salute è fiorente. Il suo progressivo logoramento, per le tossine, l’età e le malattie, è dovuto all’impoverimento delle sostanze di cui ha bisogno per restare in salute. Quali?

Le cellule del fegato hanno bisogno di due gruppi di sostanze:

  1. il Citocromo P-450, cioè una serie di enzimi necessari per digerire e trasformare tutto ciò che deve elaborare,
  2. e gli enzimi antiossidanti (SOD, perossidasi, catalasi), necessari per neutralizzare i radicali liberi, che continuano a formarsi in gran numero a livello epatico.

Per questo i funghi medicinali, che sono fonte preziosa di queste molecole (che abbiamo in comune con loro), non sono un optional, ma sono necessari per restare in salute.

AZIONE CONTRO LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI

Le malattie cardiovascolari (MCV), che rappresentano una delle principali cause di morte a livello mondiale insieme al cancro, sono correlate al cuore e ai vasi sanguigni e possono essere classificate come malattie cardiache ipertensive, cardiomiopatia, malattia coronarica e insufficienza cardiaca. Le cause di queste malattie sono l’ipertensione, l’aterosclerosi, la dislipidemia, l’infiammazione, lo stress ossidativo e la disbiosi intestinale. Secondo un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del 2019, il 32% dei decessi nel mondo (circa 17,9 milioni di persone) è stato causato dalle MCV. D’altra parte, si stima che questo numero possa raggiungere i 22,2 milioni entro il 2030. Vari fattori come l’età, i fattori genetici, una dieta non salutare, il fumo, l’uso di alcol, l’obesità e la mancanza di attività fisica, influenzano lo sviluppo delle MCV. Tra i fattori menzionati, l’alimentazione è fondamentale per prevenire la formazione di MCV primarie e secondarie.

I farmaci utilizzati per trattare queste malattie causano effetti collaterali nei pazienti, e gli effetti positivi di alcuni composti naturali presenti negli alimenti si propongono come alternativa per il trattamento delle MCV. È stato osservato che i composti naturali antiossidanti (come polisaccaridi, polifenoli, antocianine, gallato, epigallocatechina, rutina, quercetina e puerarina) contribuiscono a ridurre il rischio di MCV attraverso meccanismi come la regolazione del profilo lipidico, la riduzione della pressione sanguigna, la prevenzione dello stress ossidativo, il miglioramento del microbiota intestinale e la riduzione dell’insorgenza di infiammazione. Negli ultimi anni è stato dimostrato che gli alimenti funzionali contenenti componenti che svolgono un ruolo attivo nelle funzioni fisiologiche, hanno proprietà terapeutiche per molte malattie, come le MCV. Si ritiene che la capacità protettiva degli alimenti funzionali per la salute del cuore sia dovuta alle loro proprietà, come l’attività cardioprotettiva, gli effetti antiossidanti e la riduzione dei livelli di lipidi nel sangue.

È stato osservato che il Reishi ha effetti positivi sulle malattie cardiovascolari grazie alla sua azione sulla pressione sanguigna, sui lipidi, sul diabete e sull’obesità; impedisce alle piastrine di aderire insieme e riduce il colesterolo a bassa densità, il colesterolo totale e i trigliceridi grazie alla sua attività antiossidante. Infatti, in uno studio che ha indagato l’effetto degli estratti idroalcolici di Reishi sulle proprietà ipocolesterolemizzanti, è stato determinato che l’applicazione di un estratto nella gamma di dosi dello 0,5-1% nei topi, ha causato una riduzione del colesterolo sierico, del colesterolo a bassa densità (LDL-C) e dei livelli di trigliceridi. In questo contesto, Wu et al. hanno riportato che una dose di 50 ml/giorno per 1 mese ha ridotto il LDL-C nei volontari alimentati con liquido fermentato da micelio di Reishi.

È stato determinato che i triterpeni, uno degli importanti composti bioattivi del Reishi, svolgono un ruolo preventivo nelle MCV con le loro attività inibitorie e antinfiammatorie. Il Reishi contiene vari composti bioattivi come polisaccaridi e peptidi che possono prevenire le MCV proteggendo le cellule endoteliali nei vasi sanguigni. Inoltre, possiede altri benefici cardiovascolari come la riduzione della pressione sanguigna e il miglioramento del metabolismo lipidico. Adeyi et al. hanno condotto uno studio sugli effetti dell’estratto etanolico di Reishi sulla sindrome metabolica nei ratti. Lo studio ha indagato le potenziali proprietà ipoglicemiche, ipolipidemiche, ipotensive e antiossidanti dell’estratto etanolico in ratti con sindrome metabolica indotta. Hanno scoperto che una dose di 70 mg/kg di peso corporeo di estratto etanolico di Reishi mostrava attività antiossidante, antipertensiva, ipoglicemizzante e antidislipidemica. Shaher et al. hanno investigato l’effetto delle spore di Reishi applicate ai topi per l’insufficienza cardiaca diabetica e hanno riportato che l’applicazione delle spore a una dose di 300 mg/kg per 70 giorni ha ridotto i livelli di glucosio nel sangue del 20,3% e i livelli di trigliceridi del 20,4%. Nello stesso studio, è stato concluso che l’applicazione di spore di Reishi alleviava l’insufficienza cardiaca diabetica riducendo l’iperglicemia, lo stress ossidativo, l’infiammazione e l’apoptosi.

MECCANISMO D’AZIONE ANTIDIABETICO

Secondo un rapporto pubblicato dall’Atlas del Diabete IDF nel 2021, attualmente ci sono 537 milioni di adulti affetti da diabete tra i 20 e i 79 anni. Si stima che questo numero aumenterà a 783 milioni entro il 2045. L’OMS riporta 422 milioni di casi diabete e 1,5 milioni di morti a causa di esso. Circa il 90% dei casi di diabete, che è diffuso in tutto il mondo in numeri molto elevati ed è la sesta causa di morte più frequente, è stato determinato essere diabete di tipo 2. D’altra parte, oltre a ridurre la qualità della vita, il diabete è stato segnalato come precursore di gravi disturbi come malattie cardiovascolari, malattie renali, cancro e ulcere al piede. Nel tempo, la resistenza ai farmaci o agli inibitori utilizzati nel trattamento e gli effetti collaterali correlati, hanno portato alla ricerca di altre fonti. Per eliminare questi problemi nel trattamento del diabete, le fonti naturali con attività inibitoria dell’α-amilasi e dell’α-glucosidasi hanno attirato l’attenzione dei ricercatori.

I composti come glicosidi, proteine e lipidi presenti negli alimenti che inibiscono l’α-amilasi e l’α-glucosidasi sono promettenti, poiché riducono il rischio di tossicità o effetti collaterali nel trattamento del diabete. Una delle opzioni con questi composti bioattivi è il Reishi. Le attività antidiabetiche dei polisaccaridi, triterpenoidi, proteine e glicoproteine estratti dal Reishi sono state dimostrate da vari studi. Mentre i meccanismi antidiabetici dei polisaccaridi, uno dei composti bioattivi, sono stati dimostrati dall’espressione di enzimi importanti per il metabolismo del glucosio (aumentando la fosfofruttochinasi, il glucosio-6-fosfato deidrogenasi e la glucochinasi epatica, ma inibendo la manganese superossido dismutasi, la glicogeno sintetasi e la glutatione perossidasi), l’attività delle glicoproteine è stata spiegata dall’inibizione della proteina tirosina fosfatasi 1B. Il meccanismo antidiabetico dei triterpenoidi, un altro composto bioattivo, è espresso dall’inibizione dell’α-glucosidasi con l’aldoso reduttasi, l’enzima che converte il glucosio in sorbitolo. Infine, è stato riportato che la proteina Ling Zhi-8 può ridurre la concentrazione di glucosio plasmatico diminuendo l’infiltrazione linfocitaria e aumentando il rilevamento degli anticorpi insulinici ed ha anche attività antidiabetica. Ganoderan A, B e C dai polisaccaridi; proteina tirosina fosfatasi 1B dalle glicoproteine; acido ganoderico A, C1, C2 e Df3 dai triterpenoidi; e ganoderol B possono essere citati come esempi di composti bioattivi che mostrano meccanismi di azione antidiabetici e ipoglicemici.

Li et al., nel loro studio che esamina gli effetti dei polisaccaridi e dei triterpenoidi del Reishi sulle malattie cardiovascolari, hanno applicato un programma alimentare contenente polvere di spore e olio di Reishi a una dose di 0,3 g/kg di peso corporeo/giorno a conigli per 4 mesi. I ricercatori hanno riportato una significativa diminuzione dei livelli di trigliceridi e colesterolo a bassa densità (LDL-C) nei conigli alla fine dei 4 mesi.

È stato inoltre riportato che i polisaccaridi e i triterpenoidi di G. lucidum inibiscono la progressione dell’aterosclerosi riducendo la polarizzazione infiammatoria e il disfunzionamento endoteliale dei macrofagi. È stato dimostrato anche in altri studi che i polisaccaridi o gli estratti di Reishi riducono i livelli sierici di glucosio, insulina, lipidi, trigliceridi e colesterolo. Infatti, in uno studio che indagava l’effetto di un estratto etanolico di Reishi (50, 100 e 150 mg/kg) somministrato a ratti diabetici, Tong et al. hanno riscontrato un effetto positivo dell’estratto e lo hanno associato al metabolismo degli acidi grassi liberi. Inoltre, Chen et al. hanno riportato che l’applicazione di polisaccaridi di Reishi nei topi a una dose di 400 mg/kg al giorno ha ridotto in modo significativo i livelli di glucosio ed insulina nel sangue a digiuno.

PROPRIETÀ ANTIOSSIDANTI

Gli antiossidanti agiscono catturando i radicali liberi, chelando i metalli pro-ossidativi, spegnendo l’ossigeno singoletto e le sostanze fotosensibili e inattivando la lipoossigenasi, rallentando efficacemente l’ossidazione alimentare. Composti fenolici come tocoferoli, flavonoidi, acidi fenolici, carotenoidi, aminoacidi e acido ascorbico vengono comunemente impiegati come agenti antiossidanti per impedire il processo di ossidazione reagendo con i radicali liberi. D’altra parte, la chelazione dei metalli coinvolge la partecipazione di vari componenti, come fosfolipidi, polifenoli, aminoacidi (triptofano, metionina e cisteina) e peptidi. Oltre ai loro effetti sull’ossidazione degli alimenti, i composti antiossidanti presenti negli alimenti possono anche prevenire le reazioni di ossidazione che avvengono all’interno del corpo quando vengono consumati.

Le proprietà antiossidanti del Reishi sono state scientificamente dimostrate e sono attribuite ai suoi polisaccaridi, glicoproteine, triterpeni, aminoacidi e composti fenolici costituenti. I polisaccaridi nel Reishi manifestano effetti antiossidanti attraverso vari meccanismi, come la terminazione o la prevenzione delle reazioni a catena mediante donazione di idrogeno, donazione di elettroni o combinazione di idrogeno e elettroni con i radicali liberi. Inoltre, è stato dimostrato che i polisaccaridi del Reishi riducono la perossidazione lipidica e il malondialdeide, un prodotto dell’ossidazione, e influenzano positivamente l’attività della glutatione perossidasi, il meccanismo primario di difesa contro i radicali liberi nelle cellule del corpo. Questo effetto è ottenuto stimolando la sintesi degli enzimi catalasi e superossido dismutasi tramite un ciclo redox. Inoltre, sono stati ben consolidati anche gli effetti antiossidanti dei triterpeni e degli aminoacidi leucina, così come delle glicoproteine prodotte combinando polisaccaridi con peptidi o proteine attraverso legami covalenti.

Estratti etanolici del Reishi sono stati trovati contenere vari composti fenolici, tra cui quercetina, miricetina, acido gallico, acido clorogenico, protocatechina, acido cinammico, acido p-idrossibenzoico e acido p-cumarico, che hanno manifestato attività antiossidante. Taofiq et al. hanno utilizzato il sistema Soxhlet per estrarre un estratto etanolico dalle radici fruttifere del fungo e ne hanno analizzato l’attività antiossidante e la composizione chimica. I loro risultati hanno rivelato elevate concentrazioni di acido ganoderico A, C2 e H, così come diversi acidi fenolici, come l’acido p-idrossibenzoico, protocatecuico e siringuico. È interessante notare che gli acidi fenolici presenti nell’estratto hanno dimostrato una maggiore efficacia nel catturare i radicali DPPH rispetto ai polisaccaridi, indicando che l’attività antiossidante dell’estratto può derivare principalmente dal contenuto di acidi fenolici. Inoltre, Veljović et al. hanno condotto un’analisi sugli estratti etanolici del Reishi per determinarne la composizione chimica e l’attività antiossidante. Gli estratti sono stati trovati contenere quantità significative di esperetina e naringenina, così come livelli variabili di quercetina, acido gallico, kaempferolo e acido trans-cinnamico.

ANTICANCEROGENO

Il cancro è un processo influenzato da una varietà di fattori, tra cui le condizioni di vita, come la nutrizione, il fumo e il consumo di alcol; sostanze tossiche ambientali; il sistema immunitario; predisposizione genetica; radiazioni; esposizione a sostanze chimiche; ecc. Uno dei fattori significativi che influisce notevolmente sullo sviluppo del cancro è la nutrizione, che rappresenta uno dei principali focus per la prevenzione ed è stata ampiamente studiata. Secondo l’Istituto Americano per la Ricerca sul Cancro (AICR) e il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF), mantenere una nutrizione adeguata, l’esercizio fisico e un peso corporeo appropriato può ridurre il rischio di sviluppare tutti i tipi di cancro del 30-40%. Per prevenire o trattare il cancro, una dieta dovrebbe contenere componenti essenziali come il selenio, le vitamine (specialmente l’acido folico, le vitamine B12, C, D ed E), una varietà di antiossidanti (come α-carotene, β-carotene, licopene, luteina e criptoxantina) e probiotici

Il trattamento del cancro coinvolge una gamma di approcci, tra cui chirurgia, chemioterapia, radioterapia, terapia fotodinamica, terapia termica, immunoterapia e terapia genica, sia singolarmente che in combinazione; tuttavia, a causa degli effetti collaterali di alcuni trattamenti e del loro impatto dannoso sulle cellule sane, la ricerca di tecniche e sostanze naturali nel trattamento del cancro si è intensificata. Di conseguenza, i ricercatori hanno iniziato a esplorare l’attività anticancro di diversi componenti alimentari per determinarne l’efficacia contro le cellule cancerose. Diversi componenti, tra cui composti fenolici, flavonoidi e terpenoidi, hanno dimostrato attività anticancro attraverso le loro diverse funzioni:

  • I composti fenolici inibiscono l’invasione e la metastasi delle cellule cancerose.
  • I flavonoidi contrastano l’angiogenesi, aumentano la frammentazione del DNA, inibiscono gli enzimi di trasduzione del segnale e promuovono la fosforilazione del recettore del fattore di crescita epidermico.
  • I terpenoidi, d’altra parte, inibiscono la trasduzione del segnale delle proteine antiapoptotiche, attivano i mediatori proapoptotici e inducono l’arresto del ciclo cellulare, contribuendo alla formazione e prevenzione del cancro.

I polisaccaridi e triterpenoidi derivati dal Reishi hanno dimostrato di possedere attività anticancro attraverso vari meccanismi:

  • I polisaccaridi agiscono stimolando il sistema immunitario (macrofagi, cellule T e cellule B) a produrre citochine e attivare le attività anticancro delle cellule immunitarie. Oltre a rafforzare il sistema immunitario, i polisaccaridi manifestano attività anticancro attraverso diversi meccanismi, tra cui l’induzione di un effetto citotossico, la riduzione dell’espressione dell’integrina per ostacolare l’adesione delle cellule tumorali, la promozione dell’apoptosi delle cellule cancerose e l’inibizione dell’angiogenesi. I polisaccaridi con attività anticancro nel Reishi presentano legami glicosidici lunghi e pesi molecolari elevati. In questo contesto, è stato affermato che i β-1,3- e β-1,6-D-glucani ramificati derivati dai polisaccaridi mostrano attività anticancro tramite il recettore del complemento di tipo 3, che lega i polisaccaridi β-glucani. Anche il glucuronoglucano, il glucogalattano, il mannogalattoclucano e l’arabinoglucano mostrano attività antitumorale. Ganoderan A-B-C e glicoproteine (eteropolisaccaridi) sono citati come esempi di composti anticancro ad alto peso molecolare.
  • I triterpenoidi mostrano attività anticancro inibendo la crescita metastatica delle cellule cancerose, sopprimendo l’attacco delle cellule cancerose e inibendo l’attività della proteina chinasi C o del β-catenina. In particolare, i ganoderic acidi, tra cui ganoderic acid T, ganoderic acid D e ganoderiol F, hanno dimostrato avere citotossicità in varie cellule cancerose. Tra gli acidi ganoderici, è stato riportato che ganoderic acid T, ganoderic acid D e ganoderiol F hanno un’efficace attività anticancro. Inoltre, sono state dimostrate le azioni citotossiche degli acidi ganoderici U, V, W, X e Y sulle cellule epatoma.

Inoltre, il fungo Reishi contiene preziosi composti bioattivi con proprietà immunomodulanti che possono fungere da risorse naturali per mitigare la tossicità della chemioterapia e/o della radioterapia convenzionali e potenziare il sistema immunitario dei pazienti affetti da cancro.

 

 

Articolo e studi tratti dal sito governativo:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10094145/

 

03Mar

TÈ VERDE E TÈ BANCHA

Il tè è l’elisir della vita”. – Eisai, Kissa Yojoki

PROPRIETÀ BENEFICHE DEL TÈ VERDE

Il tè verde contiene notevoli quantità di polifenoli, cui appartengono il gruppo delle catechine, sostanze particolarmente attive contro i tumori. Tra queste, l’epigallocatechina gallato si è dimostrata quella più interessante.

Numerosi studi epidemiologici, soprattutto condotti in Giappone, suggeriscono che bere tè verde tutti i giorni può contribuire a prevenire i tumori, soprattutto quelli del tratto gastrointestinale, dei polmoni e del seno. Tuttavia non tutti gli studi sono giunti ancora a conclusioni. In generale, però, i dati epidemiologici dicono che nelle società dove si consuma regolarmente tè, la frequenza dei tumori è sensibilmente inferiore.

In particolare, alcuni studi hanno evidenziato che:

  • il consumo di 8g al giorno di tè verde riduce del 60% il rischio di tumori;
  • alti livelli di polifenoli nel sangue sono associati ad una ridotta incidenza di cancro dello stomaco e dell’esofago, in particolare tra i non fumatori e i non bevitori, ma ancor più tra coloro con deficit relativo di caroteni;
  • 3-5 tazze al giorno di tè possono ridurre le recidive di tumore alla mammella;
  • la somministrazione di catechine (600mg/die) riduce l’incidenza del cancro alla prostata;
  • l’epigallocatechina gallato protegge da iniziazione, promozione e progressione tumorale in modelli animali di tumore alla pelle;
  • il consumo di tè verde ha un effetto protettivo sulla formazione di lesioni precancerose del colon (polipi) e dello stomaco (gastrite cronica atrofica);
  • il consumo di tè verde a dosi elevate (più di tre tazze al giorno) conferisce protezione dai carginogeni del tabacco.

In generale, emerge che la protezione antitumorale si ottiene con dosaggi sostenuti di tè, pari a 4-6 tazze al giorno o più. Personalmente, raccomando il consumo di tè coltivato biologicamente, dato che nel tè verde commerciale sono stati riscontrati alti livelli di pesticidi. Altro piccolo problema è che il tè verde provoca stitichezza e quindi non va bene per tutti. Per minimizzare questo effetto, alcuni suggeriscono di lasciare in infusione il tè per non più di due minuti.

Bibliografia:

(Valussi M Derivati vegetali e loro ruolo nella modificazione e prevenzione dei processi di tumorogenesi. Med Nat gennaio 2009)

Il tè verde potrebbe essere la più potente di tutte le fonti antiossidanti in quanto contiene polifenoli che eliminano i radicali liberi. Una presentazione del 1997 della ricerca dell’Università del Kansas all’incontro nazionale dell’American Chemical Society, ha rilevato che gli antiossidanti nel tè verde, chiamati catechine (un fenolo), sono più di 100 volte più efficaci nel neutralizzare i radicali liberi rispetto alla vitamina C e 25 volte più potenti della vitamina E.” – Anthony Youn, The Age Fix: A Leading Plastic Surgeon Reveals How to Really Look 10 Years Younger

BENEFICI DEL TÈ BANCHA

Letteralmente significa “tè comune” (ordinario): è un tè verde di provenienza nipponica che si produce dalle foglie colte nell’ultimo raccolto che si fa con le piante di tè, che avviene normalmente in ottobre.

Il bancha è il tè verde di cui fanno comune uso i giapponesi. Le foglie sono raccolte dalla pianta comune da cui si ricava il the verde, ma questa operazione viene fatta nel periodo più tardivo, quando la pianta sta per esaurire il suo ciclo produttivo, conferendo (solo teoricamente) al the bancha una qualità minore rispetto a quella usata per il tè verde (con raccolto tempestivo, spesso uno dei primi).

Ha un sapore delicato e unico, con un marcato odore di paglia.

Il tè Bancha, venduto nella classica forma di filtro, conferma il piacere di un buon tè verde con le proprietà benefiche della bevanda segreta di longevità del popolo giapponese e cinese.

Questa variante di tè ha un’elevata capacità di attivare il metabolismo del fegato con effetti altamente depurativi. Grazie alla sua minor quantità di teina, il tè Bancha può essere bevuto anche a pranzo al posto dell’acqua.

La dieta Macrobiotica indica proprio questa bevanda come sostitutivo dell’acqua normale, e che ben si sposa anche con la nostra dieta mediterranea.

Definito anche “tè di tre anni” perché è costituito da foglie rimaste sulla pianta tre anni. E’ un prodotto deteinato naturalmente ed è privo di coloranti o prodotti chimici.

Si distingue in due varietà:

  • Hojicha, composto dalle foglie più grosse dell’arbusto, con pochissima teina;
  • Kukicha, costituito dai rametti della pianta, praticamente privo di teina, è quest’ultimo il più indicato per uso curativo.

Entrambi hanno proprietà diuretiche, ipoglicemizzanti e depurative del sangue, sono ricchi di antiossidanti, ottimi per la vista, ossa e proteggono i denti da carie e batteri.

Entrambi hanno un sapore delicato e legnoso molto gradevole, da assaporarsi con o senza zucchero. Si possono ottenere gradevoli sfumature di sapore miscelandolo, durante l’infusione, con semi di anice, meglio se anice stellato, radice di liquirizia (purché non vi sia ipertensione), scorza di limone, menta, cannella o cardamomo. La quantità di aromatizzante da aggiungere dipende ovviamente dai gusti, ma è sempre meglio non eccedere, soprattutto con l’anice stellato che, in grandi quantità, può diventare tossico.

COME PREPARARE IL MIGLIOR TÈ BANCHA

La preparazione è diversa da hojicha a kukicha. Nel primo caso le foglie vanno messe in infusione per circa 4-5 minuti in acqua a circa 80°, nel secondo i rametti di tè vanno bolliti per circa dieci minuti.

Come nel caso del tè verde, scaldare l’acqua senza portarla ad ebollizione. Versare l’acqua bollente in una tazza e successivamente adagiare il filtro del Bancha dentro la tazza. Non bere finché non diventa tiepido (le bevande troppo calde fanno male all’esofago). Il tè Bancha, come il tè verde, non richiede dolcificanti. Se proprio si vuole dolcificare, usare del miele biologico o un dolcificante naturale come l’eritritolo.

02Mar

CONSIGLI UTILI PER GENITORI CONSAPEVOLI

È più facile costruire bambini forti che riparare uomini rotti”. – Frederick Douglass

10 REGOLE DI “EDUCAZIONE ALIMENTARE” PER I PROPRI FIGLI

1) IL CIBO NON VA USATO  NE’ COME PREMIO NE’ COME PUNIZIONE

Mai usare il cibo per punire (il fatidico “a letto senza cena”),  o premiare  (“se fai il bravo ti do una caramella“).

2) VIA DAL FRIGO LE TENTAZIONI

Svuotare dispensa e frigo da patatine, merendine, succhi, cioccolata. Via libera a frutta fresca, yogurt (meglio vegetale), tè, fette biscottate (meglio integrali o gluten free).

3) UN MOMENTO PER CHIACCHIERARE

Il pasto sia una pausa per parlare (se invece si guarda la tv non ci si accorge di quanto e cosa si mangia).

4) MANGIARE PIANO A SAZIETÀ

Evitare che il bimbo mangi troppo in fretta, così facendo non si sazierà mai e dopo una merendina ne vorrà un’altra.

5) PIATTI FATTI IN CASA E SEMPLICI

Preferire cibi fatti in casa a quelli confezionati ed eliminare i piatti elaborati e con troppi condimenti.

6) FIN DA PICCOLI TANTA VERDURA

Riabilitare le verdure, crude o cotte; riempiono lo stomaco e rallentano l’assimilazione delle sostanze ingerite.

7) LA TELEVISIONE, CHE NOIA

Ridurre il tempo dedicato alla televisione e al computer a favore di attività più dinamiche e sociali.

8) MUOVERSI IL PIÙ POSSIBILE

Spronare il bambino a camminare, fare sport e salire le scale, invece di prendere l’ascensore.

9) MODERARE LE QUANTITÀ

Gradualmente ridurre le quantità di cibo nel piatto e i fuori pasto. E utile ridurre le dimensioni del piatto.

10) NON DIMENTICARE LA BILANCIA

Sottoporre regolarmente il ragazzo in sovrappeso al controllo di peso/altezza.

PERCHÈ È BENE LIMITARE IL SALE NEL BAMBINO

È noto che un’alimentazione troppo ricca di sale non è salutare, potendo determinare, a lungo termine, l’insorgenza di problemi di salute, in particolare di ipertensione arteriosa. Ma non solo. L’eccesso di sale introdotto con la dieta costringe il rene ad un “iperlavoro” e finisce per intaccare la percezione del gusto dei cibi, facendo ingiustamente apparire le pietanze poco salate come “meno gustose”.

Per tutti questi motivi è fondamentale limitare l’introduzione di sale con la dieta. E questo prezioso consiglio vale per gli adulti quanto per i bambini, che dovrebbero essere abituati fin da piccoli a non eccedere con l’introito di sale con l’alimentazione.

Per prima cosa è assolutamente da evitare l’introduzione troppo precoce del sale nella dieta dei più piccoli: al momento dello svezzamento non è indicato aggiungere sale durante la preparazione delle pappe e tale pratica dovrebbe essere evitata almeno fino al compimento del primo anno di vita e preferibilmente anche oltre.

Successivamente, quando l’alimentazione del bambino sarà la medesima dei genitori, è tutta la famiglia che dovrebbe impegnarsi a ridurre l’introito sodico: non aggiungere ulteriore sale ai cibi pronti e serviti nel piatto, preferire il consumo di pane senza sale a quello di focacce, crackers, grissini e altri prodotti da formo generalmente molto salati. Così come è da limitare il consumo di insaccati, snacks e patatine in busta: alimenti troppo salati oltre che troppo ricchi in grassi e nutrizionalmente non adeguati. Via libera invece a frutta e verdura.

Durante la preparazione dei cibi è importante limitare al minimo indispensabile l’utilizzo del sale: il sapore può essere esaltato con l’utilizzo di spezie o erbe aromatiche, che possono essere impiegate in sostituzione del sale.

Le cotture al cartoccio o al vapore, che consentono agli alimenti di cuocere con i loro stessi succhi, andrebbero preferite poiché anch’esse consentono di conferire naturalmente gusto alle preparazioni limitando il ricorso all’aggiunta di sale. Per insaporire un piatto di verdura, preferire l’utilizzo di un filo d’olio extravergine d’oliva. Per l’idratazione, scegliere le acque oligominerali, povere di sodio.

Tutti questi piccoli accorgimenti, da adottare nella vita quotidiana, rappresentano utili strumenti per raggiungere l’obiettivo di limitare l’introito sodico dei bambini, che troppo spesso assumono quantità di sale già eccessive per un soggetto adulto: a giovarne sarà la salute e la capacità di apprezzare il vero sapore delle materie prime utilizzate nella preparazione dei cibi.

(Gianvincenzo Zuccotti)

SETTE REGOLE D’ORO PER EDUCARE I BAMBINI

1) Dategli meno. Hanno troppo, non c’è dubbio. Il consumismo fa scomparire il desiderio e apre le porte alla noia.

2) Quella che conta è l’intensità, non la quantità di tempo passato con i bambini. I primi venti minuti del rientro a casa dal lavoro sono fondamentali. Devono essere dedicati al colloquio e alle coccole. E non certo a chiedere dei compiti o dei risultati.

3) I giochi più educativi sono quelli che passano attraverso la fantasia della madre e le mani del padre: bastano due pezzi di legno, ma i genitori ormai non sanno più inventare.

4) Dai tre ai cinque anni è bene avviare i bimbi ai lavoretti a casa, assieme ai genitori. È utile che sappiano stirare con un piccolo ferro o attaccare un bottone.

5) Sport. Prima di tutto deve essere lui a desiderarlo. Meglio se lo fa in gruppo, facendo capire che agonismo significa emergere con fatica e non diventare campioni. Ottime due o tre ore di palestra alla settimana. Poca competizione, grande beneficio fisico.

6) Va incoraggiata la cultura artistica abituandoli al bello. Teatro, musica, arti visive creano il desiderio di migliorare. I soldi spesi per la cultura sono quelli che rendono di più.

7) Ultimo suggerimento: ho una mia teoria e forse mi prenderanno in giro. La chiamo: la donna a tre quarti del tempo. Le donne che lavorano, la maggioranza, a fine giornata pensano già ai figli, alla spesa, agli impegni di casa e rendono poco. Non sarebbe meglio lasciarle uscire mezz’ora prima? I figli, tornando da scuola, le avrebbero a casa meno stressate e più disponibili. Più che di corsi, è di questo che i bimbi hanno bisogno.

(Giovanni Bollea, Neuropsichiatra infantile)

27Dic

DISTURBI ALIMENTARI

L’anoressia non è una malattia del corpo, è una malattia della mente”. – Lynn Crilly

DISTURBI ALIMENTARI IN TEMPO DI PANDEMIA

I disturbi del comportamento alimentare non hanno mai a che fare solo con l’estetica: sono la spia di un disagio, una sofferenza, un desiderio di farsi del male, di emergere o nascondersi, insomma, di qualcosa di più profondo e più intimo. Per questo motivo questa tipologia di patologie è multi-sistemica, cioè va affrontata da diversi punti di vista, così come nella presa in carico della persona da curare entrano in gioco diversi professionisti, il nutrizionista, il medico, lo psicoterapeuta o lo psichiatra, che lavorano gomito a gomito.

Durante la pandemia, alcuni di questi disturbi hanno visto una crescita esponenziale.

Oggi 15 marzo, in occasione della giornata nazionale dedicata ai disturbi del comportamento alimentare, ne parliamo con il medico chirurgo e nutrizionista Nicola Villano:

Stando chiusi in casa, con il cibo a portata di mano e soprattutto non dovendo preoccuparsi dello sguardo del mondo in mancanza di relazioni umane, in pieno lockdown, c’è stata un’esplosione di alcuni disturbi alimentari. Un esempio banale è quello della ragazzina che ha preso 5 chili e corre ai ripari con meccanismi malsani come il vomito o l’assunzione di diuretici. Ma, senza arrivare a livelli patologici, diciamo che i problemi di chi aveva un rapporto disturbato con il cibo, in un modo o nell’altro, sono emersi”.

ANORESSIA, BULIMIA, DNS, BED E ORTORESSIA

Siamo tutti un po’ ingrassati, ed ora eccoci qui a piangere lacrime di coccodrillo, a fare digiuni o metterci a dieta. Il problema è che ognuno lo fa a modo suo, sbagliando. Infatti, oltre alle patologie più gravi – quelle che possono portare, in casi estremi, anche alla morte, vale a dire l’anoressia e la bulimia – particolarmente diffuse tra i giovanissimi, esistono altri disturbi, meno noti e molto frequenti anche tra gli adulti. Anzitutto, il Disturbo della Nutrizione Specificato (DNS) che, da innocuo, può sfociare nell’anoressia.

Si comincia a fare una dieta perché non ci si piace, con un’attenzione spasmodica verso il cibo, le calorie, come si possono compensare, il che può diventare una vera e propria ossessione. Questa insoddisfazione, però, in momenti particolari della vita, ad esempio durante l’adolescenza, tra i 12 e i 14 anni, quando il corpo cambia e non si accetta, perché c’è una disformia, cioè un’alterazione della propria immagine allo specchio, può trasformarsi in un disturbo vero e proprio. Succede soprattutto alle ragazze: dopo aver fatto una dieta si vedono bene e per piacersi ancora di più mangiano sempre meno pur continuando a vedersi grasse”.

Questa è una anoressia di tipo 1, che può facilmente tramutarsi nel livello patologico. Si parla di anoressia di tipo 2, quella più nota, quando si comincia a digiunare ma, poiché il corpo richiede cibo, si compensa con le grandi abbuffate (condotte atipiche) mangiando di tutto, per poi compensare, provocandosi il vomito per il senso di colpa.

Questa fase è già molto grave – racconta l’esperto – nel soggetto in genere, in questa fase, già convivono malnutrizione, esofagite, gastrite, erosione delle gengive e soprattutto l’amenorrea, cioè nelle ragazzine, viene meno la mestruazione. Questo è un segnale quasi inequivocabile, se accompagnato alla dieta, quindi i genitori delle adolescenti devono prestarvi molta attenzione. In questi casi, anche mangiare diventa complicato e si può rischiare il ricovero e, infine, la morte”.

L’anoressia colpisce soprattutto le adolescenti: nella popolazione nazionale, ne soffre circa l’1,5% delle ragazze contro lo 0,5% dei ragazzi. A differenza della sua “sorella gemella”, la bulimia, che invece ha una quasi parità tra maschi e femmine, con una percentuale che si aggira intorno all’1%. Questa malattia può manifestarsi anche più tardi, dopo lo sviluppo.

In entrambi i casi, con il corpo si cerca di dare voce a un disagio, vuoi per un’assenza nella propria vita, vuoi per una voglia di emulare, vuoi per ribellarsi alla figura genitoriale. È importante sensibilizzare e parlarne il più possibile perché le prime antenne devono essere i genitori, che devono prestare attenzione a tutti i segnali e consultare subito un medico se c’è qualcosa di strano”, raccomanda il nutrizionista.

Il bulimico mangia continuamente, fa grandi abbuffate per poi vomitare. I due disturbi sembrano molto simili ma agiscono in maniera diversa” – sottolinea Villano – “Chi soffre di bulimiasi nasconde molto bene in quanto non ha né l’atteggiamento né il fisico dell’anoressico, quindi può andare avanti per molto tempo prima che la patologia si manifesti del tutto. Un segnale importante è l’uso costante di farmaci, come lassativi e diuretici, indurre il vomito e una attività fisica eccessiva, che dovrebbe servire a compensare l’accumulo di calorie”.

In queste malattie, la persona è ossessionata dal controllo, calcola le calorie, le ore di sonno, per far “quadrare tutti i conti”.

Un altro disturbo poco conosciuto ma diffusissimo negli adulti è il Binge Eating Disorder (BED), ovvero la tendenza a mangiare cibo spazzatura.

Riguarda quelle persone che sembrano avere una condotta alimentare corretta di giorno ma che di sera mangiano malissimo. L’educazione a non mangiare cibo spazzatura deve cominciare dall’età pediatrica, ad esempio, vietando ai bambini le famose merendine, introdotte negli anni ’90. Nel 90% dei casi questo disturbo porta all’obesità, anche quella un modo per nascondersi o autodistruggersi”, dice il dottor Villano.

Legata alla moda del momento e ai fenomeni bio e vegan, vi è l’ortoressia, che ne rappresenta l’estremizzazione, ovvero la ricerca spasmodica di cibi BIO, della loro tracciabilità, perché sia tutto naturale e non ci siano sostanze chimiche e che, a lungo andare, può di fatto trasformarsi in anoressia.

Si tratta di una forma di automedicazione narcisistica in cui si calcola tutto per cui finisci per non mangiare perché non ti fidi più di quello che compri, quello che cucinano i tuoi amici o il ristorante”, spiega il nutrizionista.

I CONSIGLI CHE VALGONO SEMPRE, DENTRO O FUORI LA PANDEMIA

La cosa importante, secondo Nicola Villano, è nutrirsi sempre con equilibrio e con un certo ritmo, perché è importante mangiare gli alimenti giusti e nella giusta proporzione.

No ai digiuni, soprattutto a quelli autoimposti o riparatori. L’organismo ha bisogno di tutto, la dieta è uno strumento per dare armonia al corpo come si dà il ritmo ad un’orchestra”.

27Dic

SENOLITICI, COME INVERTIRE LA CURVA DELLA VECCHIAIA

il cibo può guarire e rinnovare. Il cibo può essere la tua medicina anti-invecchiamento”. – Deepak Chopra

SENESCENZA CELLULARE

Le cellule (purtroppo) invecchiano, in quanto tutte le cellule hanno una durata limitata. Quando una cellula giunge alla fine della vita, procede alla sua autodistruzione, in modo da non ingombrare inutilmente l’organismo. Questo processo naturale è chiamato apoptosi.

Tuttavia, accade che alcune cellule alla fine della loro vita non entrino nella fase di morte cellulare. Queste cellule, denominate senescenti o senili, continuano a vagare all’interno dell’organismo. All’inizio le nostre difese immunitarie riescono ad eliminarle, ma nel tempo le cellule senescenti finiscono per accumularsi e sopraffare il sistema immunitario, che diventa incapace di sbarazzarsene.

Questo accumulo di cellule senescenti all’interno dell’organismo finisce per causare molti danni: intossicazione delle cellule vicine, secrezione di molecole infiammatorie e accumulo dannoso all’interno dei tessuti e degli organi.

La perdita di elasticità, di spessore e di luminosità della pelle, ad esempio, è in gran parte causata dalle cellule senescenti che si accumulano nel corso del tempo. Pertanto, molti ricercatori ritengono che la senescenza cellulare svolgerebbe un ruolo chiave nell’invecchiamento e in tutti i disturbi legati all’età.

Questa infiammazione cronica sistemica che producono le cellule senescenti, compromette la capacità rigenerativa delle cellule staminali e aumenta di conseguenza il rischio di sviluppare diverse patologie età-correlate.

La normale senescenza cellulare è correlata anche a:

  • accorciamento dei telomeri;
  • danni al DNA;
  • glicemia alta e glicazione proteica;
  • aumento delle specie reattive dell’ossigeno (stress ossidativo);
  • aggregazione proteica, favorita dall’iperglicemia e dallo stress ossidativo.

Questi eventi dipendono soprattutto da fattori interni all’organismo, tuttavia, possono essere accelerati o rallentati da fattori ambientali (dieta sbagliata, attività fisica, stress, inquinamento, fumo, esposizione solare, ecc.).

COSA SONO I SENOLITICI

Un senolitico (letteralmente distruttore della senescenza) è una molecola, naturale o sintetica, in grado di indurre selettivamente la morte delle cellule invecchiate (inducendo una apoptosi selettiva). Grazie a queste proprietà, i senolitici possono migliorare la salute negli esseri umani ritardando, prevenendo, alleviando o invertendo le malattie legate all’età.

Gli agenti senolitici possono prendere di mira le cellule senescenti attraverso approcci genetici o farmacologici.

COME PULIRE L’ORGANISMO DALLE CELLULE SENESCENTI?

Innanzitutto è necessario adottare uno stile di vita ragionevole:

  • seguire una dieta equilibrata e varia;
  • dormire a sufficienza;
  • praticare regolarmente attività fisica.

Tutti questi suggerimenti, semplici ma funzionali, aiuteranno a migliorare la tua immunità e a facilitare l’eliminazione di queste cellule “zombie”.

Oltre a questi accorgimenti, è tuttavia importante optare per l’assunzione di sostanze denominate senolitici. I senolitici segnano infatti una vera svolta nella lotta contro l’invecchiamento.

Diversi studi scientifici hanno mostrato che l’assunzione di senolitici aiuta ad accelerare l’eliminazione delle cellule senescenti e quindi ad invertire il processo di invecchiamento.

SENOLITICI NELLA DIETA

La ricerca sui senolitici si è prevalentemente rivolta verso sostanze naturali contenute in alcuni cibi con azioni antiossidanti e antinfiammatorie. Tra queste si annoverano diversi polifenoli, da sempre studiati come molecole anti-senescenza.

Diamo un’occhiata a queste sostanze senolitiche:

  • Quercetina

La quercetina è un antiossidante con proprietà senolitiche. È un flavonolo (quindi appartiene alla famiglia dei flavonoidi e al più grande gruppo dei polifenoli). Si trova in molti frutti, verdure, foglie, semi e cereali.

Capperi, cipolle rosse e cavoli sono alimenti comuni ricchi di quercetina. Ha un sapore amaro e viene usata come ingrediente antiossidante e immunoprotettivo in integratori alimentari, bevande e alimenti.

  • Fisetina

La fisetina è un eccezionale senolitico naturale. È un flavonolo strutturalmente e funzionalmente correlato alla quercetina. La si trova in molte piante, dove funge da colorante giallo/ocra. Questo composto si trova in alcuni alberi, come l’acacia e il cipresso di Nootka.

Le fonti alimentari di fisetina includono molti frutti e verdure, come fragole, mele, cachi, cipolle e cetrioli.

La fisetina ha attività sia senolitica che senomorfica, a seconda del tipo di cellula.

Diversi studi hanno mostrato che la fisetina potrebbe promuovere efficacemente l’eliminazione delle cellule senescenti.

Occorre notare che la fisetina sarebbe anche un potente mimetico della restrizione calorica, in grado quindi di attivare l’autofagia (il meccanismo che elimina gli elementi tossici immagazzinati nelle cellule).

La sua natura idrofoba gli consente di penetrare facilmente nelle cellule attraverso la membrana cellulare. Favorisce, inoltre, l’autodistruzione delle cellule anomale (come le cellule senescenti) attivando diverse proteine caratteristiche.

Una delle sue particolarità è la riduzione della frazione delle cellule senescenti dell’immunità (linfociti T e NK), il che permette di amplificare il suo effetto benefico in quanto le cellule immunitarie sono importanti per eliminare le cellule senescenti.

Inoltre, inibisce l’attività di diverse citochine infiammatorie come TNFa, IL-6 e il fattore di trascrizione NF-Κb e presenta degli effetti anti-iperlipidemici.

  • Luteolina e Curcumina

La luteolina è un altro flavonoide di colore giallo, che si ottiene dalla pianta guaderella (Reseda luteola).

Le fonti alimentari includono sedano, broccoli, carciofi, peperone verde, prezzemolo, timo, dente di leone, perilla, camomilla, carote, olio d’oliva, menta piperita, rosmarino, arance e origano.

La curcumina è una sostanza giallo brillante estratta dalle piante della specie curcuma longa. Viene usata come spezia, colorante alimentare e integratore ad azione antiossidante e antinfiammatoria.

Recenti screening sui flavonoidi hanno mostrato che fisetina, curcumina e luteolina esibiscono un’attività senoterapeutica più potente della quercetina. Tra questi, la fisetina sembra essere il senolitico più potente.

  • Teaflavina

La teaflavina, un polifenolo del tè nero, è riconosciuta come un composto senolitico di riferimento, per smontare il meccanismo che le cellule senescenti utilizzano per resistere alla morte programmata.

  • Piperlongumina

La piperlongumina è un alcaloide che abbonda nel frutto della pianta Piper longum, usato in modo simile al pepe nero come spezia e condimento.

La piperlongumina provoca l’uccisione selettiva delle cellule tumorali inibendo le proteine di risposta allo stress ossidativo, che sono importanti per la sopravvivenza delle cellule tumorali sotto livelli elevati di specie reattive dell’ossigeno (ROS).

Sempre nel corso di studi preliminari, la piperlongumina ha dimostrato di poter uccidere preferenzialmente anche le cellule senescenti. Inoltre, diversi suoi derivati esibiscono un potenziale senolitico.

  • Restrizione calorica

La restrizione calorica ha dimostrato di aumentare la durata della salute e della vita, diminuendo l’accumulo di cellule con fenotipo pro-infiammatorio.

In genere, questa dieta prevede un taglio delle calorie del 20-40% rispetto al fabbisogno, senza tuttavia causare malnutrizione. Pertanto, un adulto con un fabbisogno calorico di 2.000 Kcal/die dovrebbe assumere, con questa dieta, tra le 1.200 e 1.600 calorie (Kcal) al giorno.

I ricercatori hanno scoperto che le scimmie che hanno seguito una dieta ipocalorica (restrizione del 30% rispetto al fabbisogno) vivevano molto più a lungo di quelle che seguivano una dieta regolare.

In un altro studio, 6 mesi di restrizione calorica (-25% come obiettivo) hanno ridotto i livelli di insulina a digiuno e la temperatura corporea negli adulti in sovrappeso.

Prolungando la restrizione per 24 mesi (-11,9% reale in media), si sono ottenuti miglioramenti nei biomarcatori legati all’invecchiamento senza influire negativamente sugli esiti psicologici o comportamentali.

Un altro studio ha indicato che 12 settimane di restrizione calorica hanno migliorato la salute cardiometabolica negli adulti sedentari con obesità e di età superiore ai 65 anni.

  • Farmaci Senolitici

Sebbene non siano al centro di questo argomento, vale la pena ricordare che diversi farmaci senomorfici/senostatici hanno potenziali applicazioni cliniche.

La rapamicina, un immunosoppressore, diminuisce il fenotipo secretorio pro infiammatorio e mantiene l’arresto del ciclo cellulare ma non uccide le cellule senescenti.

Inoltre, la metformina, un farmaco ampiamente utilizzato per il trattamento del diabete di tipo 2, limita l’attivazione di NF-b, riducendo così l’infiammazione cronica.

  • Metformina

La Metformina è il farmaco più comunemente prescritto per il trattamento del diabete di tipo 2 che, agendo a livello epatico, diminuisce la produzione di glucosio e contribuisce all’abbassamento della glicemia.

Recentemente questa sostanza ha dimostrato di essere utile anche nel trattamento di altre patologie e di avere anche effetto anti-aging. Si tratta della versione sintetica di un estratto derivato dalla Galega officinalis conosciuta anche come lilla francese o ruta di capra, che fin dal Medioevo è nota per le sue proprietà curative.

La galega ha infatti azione:

  • ipoglicemizzante, consente quindi di tenere a bada la glicemia in caso ad esempio di diabete in forma leggera;
  • depurativa e diuretica, stimola la diuresi e in questo modo favorisce l’eliminazione delle tossine dall’organismo.

Nel corso del tempo, però, oltre all’effetto ipoglicemizzante, la metformina ha mostrato avere altri “effetti collaterali” positivi. In particolare, si è notato che i pazienti che assumevano metformina per un lungo periodo, nonostante fossero diabetici e quindi a più alto rischio di malattie cardiovascolari e di tutte le patologie connesse all’obesità, sembravano aver sviluppato un minor numero di malattie legate all’invecchiamento e di avere un tasso di mortalità inferiore rispetto, non solo a quello dei diabetici che prendono farmaci ipoglicemizzanti diversi dalla metformina, ma addirittura delle persone che avevano la stessa età e non erano diabetiche.

Tra i vari dati il più sorprendente è quello relativo al cancro. I pazienti trattati con metformina manifestavano una minore probabilità di contrarre il cancro, fino al 25-40% in meno, rispetto ai diabetici che assumevano altri farmaci, e anche nei casi in cui avessero avuto un cancro, tendevano a sopravvivere più a lungo rispetto agli altri diabetici ammalati di cancro che stavano assumendo altri farmaci.

Quando i ricercatori belgi hanno testato la metformina sulle piccole ascaridi C. elegans, i vermi non solo sono invecchiati più lentamente, ma sono anche rimasti sani più a lungo. Essi non risultavano rallentati e non sviluppavano le rughe. I topi trattati con metformina hanno aumentato la loro durata di vita di quasi il 40% e le loro ossa erano più forti.

La Cardiff University ha scoperto che quando i pazienti con diabete hanno assunto metformina nel loro trattamento, hanno vissuto in realtà più a lungo rispetto a coloro che invece non l’avevano asssunta, e che i trattati così sarebbero dovuti morire circa otto anni prima secondo le medie statistiche.

C’è un nuovo studio clinico chiamato TAME (Targeting Aging with Metformin) che sta monitorando l’uso della metformina. Gli scienziati provenienti da una serie d’istituzioni stanno attualmente raccogliendo fondi e reclutando circa 3.000 soggetti tra i 70 e gli 80 anni di età, che hanno già il cancro o che sono anche solamente a rischio di svilupparlo, come anche per le malattie cardiache e la demenza.

Essi sperano di dimostrare che il farmaco rallenti il processo d’invecchiamento e arresti queste malattie.

Effetti collaterali e controindicazioni della metformina:

Gli effetti collaterali più comuni della metformina sono quelli a carico del tratto gastrointestinale quali:

  • diarrea;
  • nausea;
  • dolore di stomaco;
  • riduzione dell’appetito.

Si tratta di disturbi riscontrati in circa il 10% dei soggetti trattati che di solito sono transitori, tempo e dose-dipendenti e più frequenti nei soggetti già affetti da patologie intestinali.

La preoccupazione principale associata alla terapia con metformina, è il rischio di acidosi lattica (un accumulo di acido lattico nel sangue), condizione rara (≤10 casi su 100.000 pazienti trattati per anno), ma potenzialmente a rischio di mortalità. I casi riportati di acidosi lattica, in pazienti trattati con il farmaco, si sono verificati in particolare in pazienti diabetici con una significativa insufficienza renale.

Per tale motivo l’uso della metformina è controindicato in chi soffre di:

  • insufficienza renale cronica;
  • malattie polmonari;
  • patologie a carico del fegato (insufficienza epatica).

Inoltre il trattamento a lungo termine con metformina, aumenta il rischio di carenza di vitamina B12, che porta ad un incremento delle concentrazioni di omocisteina. Pertanto, poiché il deficit di vitamina B12 può essere prevenuto, occorre prendere in considerazione, durante un trattamento a lungo termine con metformina, la regolare misurazione delle concentrazioni di vitamina B12 che va in caso supplementata.

La carenza avviene per l’inibizione che ha la metformina delle cubitine e megaline (proteine trasportatrici della vitamina B12).

  • Berberina

In molti vorrebbero assumere la metformina visti i suoi molteplici effetti positivi, in primis quello dimagrante e anti-age; ragione per cui se ne parla da diversi anni nel mondo dell’anti-invecchiamento, e in molti stanno già assumendola regolarmente, ma, purtroppo, come tutti i farmaci, ha anche gravi effetti collaterali.

C’è tuttavia un’altra sostanza, che essendo un integratore è in libera vendita e non richiede una prescrizione medica (anche se, prima di assumere un qualsiasi integratore, per quanto naturale, raccomando sempre di parlarne con il proprio medico di fiducia).

Questa sostanza è la berberina.

Le due sostanze sono differenti ma molto simili per una serie di effetti che hanno in comune. Infatti, nel mondo dell’anti-invecchiamento, la berberina è considerata come una valida alternativa alla metformina. Lo studio più importante è stato pubblicato nel 2004 su Nature Medicine; successivamente uno studio del 2011 ha messo a confronto berberina e metformina e in questo studio è stato addirittura dimostrato che la berberina ha una capacità maggiore rispetto alla metformina di ridurre il rapporto vita-fianchi, i trigliceridi nel sangue e il colesterolo LDL totale, cioè quello cattivo, e di incrementare il colesterolo HDL, cioè quello buono.

Studi più recenti hanno evidenziato una grande efficacia ipoglicemica, cioè la riduzione dello zucchero nel sangue, in pazienti con diabete mellito di tipo 2; anche in questo caso sembra che la berberina agisca a livello dei recettori, aumentando l’espressione dei recettori per l’insulina, quindi aumenta la sensibilità a questo ormone, e riduce l’insulino resistenza, tipica del diabete.

Il fattore più importante nel contesto anti-age, nonché quello più desiderato, è il fatto che mima la restrizione calorica. Inoltre non causa l’effetto negativo del mancato riassorbimento della vitamina B12 come accade invece se si assume la metformina, quindi tutto sommato sembra che la berberina sia veramente una valida alternativa alla metformina. Se assunta in grandi quantità può causare disturbi gastrointestinali, per quanto riguarda disturbi gravi, invece, sembrano non essercene.

Pare abbia effetti importanti anche per il trattamento dell’Alzheimer, in quanto riesce a rallentarne la progressione o perfino prevenirne l’insorgenza.

 

(In foto: Iris Apfel, modella e icona fashion americana, nata nell’Agosto del 1921. Uno dei suoi segreti è l’integrazione di polvere di curcuma nelle pietanze).

22Dic

NATALE, MANUALE DI SOPRAVVIVENZA

Le persone si preoccupano di ciò che mangiano tra Natale e Capodanno invece di preoccuparsi di ciò che mangiano tra Capodanno e Natale”.

ACCORGIMENTI NATALIZI

Dieta a Natale? Impensabile. Allora la raccomandazione principale, sempre valida, è quella di seguire un’alimentazione bilanciata e corretta il più a lungo possibile prima delle abbuffate natalizie, riservando i cambiamenti esclusivamente alle feste comandate. Se riusciremo ad essere diligenti per tutto il periodo pre-natalizio, non avremo difficoltà ad applicare anche alcuni piccoli consigli per il dopo-feste.

Il miglior regime alimentare da adottare dopo una, o più, abbuffate, deve essere disintossicante, perché l’eccesso di grassi, alcool e zuccheri, provoca uno stato di intossicazione dal quale il nostro organismo fatica a riprendersi, per questo il menù delle “giornate disintossicanti” che vi propongo è integrato da liquidi, in particolare tisane, che sono distribuite durante tutto l’arco della giornata.

Le tisane devono essere disintossicanti, per questo potete scegliere di prepararle a base di bardana, carciofo, zenzero, tarassaco, aloe e cardo mariano.

MENU DISINTOSSICANTE

Regole fondamentali nei 3 giorni disintossicanti:

  • Si usi pochissimo sale grezzo (quasi niente)
  • Consumare non più di 4 cucchiaini di olio extravergine di oliva al giorno.
  • Si dovranno bere minimo 2 litri d’acqua a scelta.
  • Non si assumeranno latte, latticini e formaggi (solo yogurt a colazione).
  • No pane, grissini, freselle, biscotti, ecc.
  • Non si dovrà assumere vino né alcuna bevanda gassata o dolce (neanche bevande light).
  • Tipi di VERDURE da scegliere: tutti i tipi di insalata, pomodori, rape, ravanelli, cavolo, cavolfiore, peperoni, spinaci, funghi, melanzane, zucchine, broccoli, asparagi, carciofi, fagiolini, germogli di soia, rucola, carote crude e sedano (le verdure vanno consumate crude, grigliate, bollite o anche cotte al vapore).
  • Il primo giorno è dedicato all’assunzione di frutta, verdura e legumi, per depurarsi dalle tossine in eccesso e liberare l’intestino dalle scorie, nonché reidratare il corpo.
  • Il secondo giorno è dedicato all’introduzione di cereali (prevalentemente integrali), per poter sostenere l’attività del fegato.
  • Il terzo giorno, invece, si assumeranno solo proteine di origine animale (pesce o pollo o uova) sia a pranzo che a cena, con verdura a piacere per tenere bassa l’insulina.

DIETA

Appena svegli, assumere un bicchiere d’acqua, possibilmente tiepida, con mezzo limone spremuto (solo se non si hanno problemi di gastrite e/o esofagite) ed un pizzico di curcuma.

  • Primo giorno

COLAZIONE: tisana + Yogurt light con fibre
PRANZO: passato di lenticchie + insalata + tisana
SPUNTINO (metà mattina e metà pomeriggio): 8 mandorle o 5 noci + tisana
CENA: minestrone a piacere con semi di lino + tisana

  • Secondo giorno

COLAZIONE: caffè + Yogurt light con fibre
CENA: Riso integrale con olio e limone + tisana
SPUNTINO (metà mattina e metà pomeriggio): 2 frutti + tisana
PRANZO: vellutata di zucchine con un pugnetto di semi di girasole + tisana

  • Terzo Giorno

COLAZIONE: caffè + Yogurt light con fibre
PRANZO: 2 uova a frittata con spinaci + tisana
SPUNTINO (metà mattina e metà pomeriggio): 5 mandorle o 3 noci + tisana
CENA: salmone al forno + rucola + tisana

Prima di andare a dormire assumere un bicchiere d’acqua, possibilmente tiepida, con mezzo limone spremuto (solo se non si hanno problemi di gastrite e/o esofagite) ed un pizzico di bicarbonato.

A questo punto la disintossicazione sarà completata e l’organismo riprenderà a funzionare normalmente.

Dopo aver seguito questa dieta di 3 giorni, vi sentirete sin da subito leggeri con la pancia più sgonfia.

Ovviamente si consiglia, nei giorni a seguire, di ritornare alla propria dieta come da prescrizione.

Buone feste a tutti!

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