31Mar

INDICE E CARICO GLICEMICO

La dieta è l’unico gioco in cui vinci quando perdi”. – Karl Lagerfeld

CHE COS’È L’INDICE GLICEMICO

Un cibo con IG (indice glicemico) alto produce un alto picco di glucosio nel sangue. Al contrario, un alimento con un basso IG provoca un lento rilascio di glucosio nel sangue dopo il suo consumo.

L’indice glicemico è una scala che classifica il numero di carboidrati negli alimenti da zero a 100, indicando la velocità con cui un alimento fa aumentare la glicemia di una persona. Gli alimenti ad alto indice glicemico possono causare picchi di zucchero nel sangue dannosi nelle persone con diabete. Gli alimenti ad alto indice glicemico rendono anche più difficile per una persona mantenere un peso sano.

L’IG fornisce informazioni su come il corpo digerisce i carboidrati utilizzando un sistema di punteggio da zero a 100. Lo zucchero puro ha un punteggio di 100.

Gli esperti di nutrizione classificano i carboidrati come complessi o semplici. Ad esempio, lo zucchero da tavola è un carboidrato semplice, mentre i fagioli e i cereali sono carboidrati complessi. Mentre i ricercatori una volta credevano che i carboidrati complessi avessero meno probabilità di causare picchi di glucosio nel sangue, ulteriori ricerche hanno scoperto che la relazione tra carboidrati e glucosio nel sangue è più complessa. L’IG spiega questa complessità classificando gli alimenti in base alla velocità con cui elevano la glicemia.

Più alto è l’IG di un alimento, più rapidamente aumenta la glicemia. Un alimento ad alto indice glicemico può causare picchi di zucchero nel sangue, seguiti da rapidi cali di zucchero nel sangue.

Quando la glicemia diminuisce, una persona può avere fame. Mangiare solo cibi ad alto indice glicemico può indurre una persona a mangiare troppo poiché si sentirà rapidamente di nuovo affamata dopo aver mangiato.

Seguire una dieta con un IG medio basso può ridurre il rischio di sviluppare diabete e malattie cardiache. Nelle persone che hanno già condizioni croniche, una dieta a basso indice glicemico può ridurre il rischio di complicanze e prevenire picchi di glucosio nel sangue.

I punteggi dell’INDICE GLICEMICO sono i seguenti:

  • Alimenti a basso IG: 55 o meno
  • Alimenti a IG medio: 56–69
  • Alimenti ad alto IG: 70 o superiore

La Glycemic Index Foundation suggerisce che orientarsi ad un punteggio IG di 45, può offrire benefici per la salute più significativi. Ciò non significa che una persona possa mangiare solo cibi con un punteggio IG di 45 o inferiore, piuttosto una persona dovrebbe bilanciare l’assunzione di cibi con IG più alto con cibi con un IG più basso.

È importante notare che l’IG di un alimento specifico è una stima. Diversi fattori possono influenzare l’IG di un determinato alimento:

  • La cottura tende ad aumentare l’IG. Lo stesso tipo di pasta avrà un IG più basso se è al dente rispetto a se viene cotta al punto da renderla morbida.
  • L’elaborazione in genere aumenta l’IG. Ad esempio, il succo di frutta ha in genere un IG più alto rispetto alla frutta intera.
  • I cibi maturi di solito hanno un IG più alto. L’IG di una banana, ad esempio, aumenterà man mano che la banana matura.
  • L’associazione di cibi diversi piò influenzare l’IG. La fibra riduce L’IG totale di un pasto.

ESEMPI DI INDICE GLICEMICO DI ALCUNI ALIMENTI

ALIMENTI A BASSO INDICE GLICEMICO

  • verdure non amidacee, come patate dolci e carote
  • orzo
  • pasta e cereali integrali
  • bulgar
  • legumi
  • Lenticchie
  • molti fagioli, come lima e fagioli di burro
  • crusca d’avena
  • muesli
  • riso integrale o selvatico
  • la maggior parte della frutta

ALIMENTI AD ALTO INDICE GLICEMICO

  • cereali lavorati, come riso bianco, pane bianco e pasta bianca
  • riso soffiato
  • farina d’avena istantanea
  • Popcorn
  • crackers salati
  • salatini
  • verdure amidacee, come le patate
  • zucca
  • fiocchi di mais
  • meloni
  • ananas
  • fiocchi di crusca

L’IG può aiutare a prendere decisioni salutari sulla dieta e nutrizione generale. Le persone con diabete, coloro che cercano di perdere peso e le persone a rischio di malattie cardiache, possono trarre vantaggi significativi da una dieta a basso indice glicemico, sebbene i benefici si estendano a tutti, non solo alle persone con malattie croniche.

Mangiare una dieta a basso indice glicemico non deve significare evitare tutti i cibi ad alto indice glicemico. Invece, l’obiettivo dovrebbe essere quello di rimanere in equilibrio nel tempo, con una forte attenzione agli alimenti ricchi di fibre con un basso indice glicemico. Il medico dietologo può aiutare a pianificare una dieta nutriente che includa un’ampia varietà di alimenti a basso indice glicemico così da aiutare il paziente a raggiungere in maniera stabile i suoi obiettivi di peso e salute.

INDICE GLICEMICO E CARICO GLICEMICO: CHE DIFFERENZA C’È?

Indice glicemico e carico glicemico sono due paramenti strettamente collegati fra loro ma che hanno ruolo e significato diverso.

INDICE GLICEMICO

L’IG è un parametro elaborato agli inizi degli anni ’80 dal prof. Jenkins dell’Università di Toronto che classificò gli alimenti in base alla velocità con cui i carboidrati e gli zuccheri contenuti in un alimento passano nel sangue e innalzano la glicemia. Per essere più precisi, questo criterio indica la velocità con la quale 50 grammi di carboidrati, provenienti da un determinato alimento, sono capaci di aumentare la glicemia rispetto ad altri 50 grammi di carboidrati derivati però da un altro alimento standard, come per esempio il glucosio.

Ci sono alimenti che innalzano la glicemia più velocemente di altri, in funzione della quantità di fibre e altri nutrienti in essi contenuti. Per molto tempo si è ritenuto che tutti i carboidrati semplici (dolci, bibite, succhi, ecc.) fossero uguali e facessero salire rapidamente il glucosio nel sangue; viceversa, si riteneva che tutti i carboidrati complessi (verdure, legumi, cereali integrali, ecc.) lo facessero salire lentamente e in modo graduale. Ad esempio, le carote o la zucca sono state erroneamente eliminate dalla dieta di chi vuole perdere peso proprio perché hanno un indice glicemico alto ma sono uno di quei casi in cui conoscere la differenza tra indice glicemico e carico glicemico può essere determinante.

CARICO GLICEMICO

Tornando all’esempio delle carote e della zucca, infatti, se avessimo analizzato anche il carico glicemico saremmo giunti a conclusioni diverse, poiché questo valore misura l’effettiva quantità di carboidrati che un alimento contiene, nella porzione che si mangia.

Infatti, il carico glicemico degli alimenti (CG) valuta l’effetto sulla glicemia di un alimento basandosi sulle quantità effettivamente consumate.

In sintesi: mentre l’Indice Glicemico è la misura della qualità dei carboidrati, il Carico Glicemico è la misura della loro quantità e tiene conto, dunque, sia dell’IG che del contenuto di zuccheri per porzione consumata.

COME SI CALCOLA IL CARICO GLICEMICO

Per studiare il carico glicemico di un pasto si usa una formula matematica (Indice glicemico /100 x g di carboidrati a porzione), ma va precisato che a seconda delle dimensioni della porzione il carico glicemico di alimenti diversi può risultare simile nonostante l’indice glicemico degli stessi sia molto diverso.

Facciamo qualche esempio:

  •   Pane bianco. Una porzione di 50 g di pane bianco contiene 24 g di carboidrati. L’IG del pane bianco è pari a 70. Il carico glicemico calcolato per porzione è: 70/100×24=17
  •   Pane ai cereali. Una porzione di 100 g di pane ai cereali contiene 43 g di carboidrati.  L’IG del pane ai cereali è pari a 45. Il carico glicemico calcolato per porzione è: 45/100×43=19

Secondo questo esempio, una porzione di pane ai cereali ha un carico glicemico di 19, mentre una porzione di pane bianco ridotta ha un carico glicemico pari a 17. Se aumentassimo la quantità della porzione di pane bianco, anche il carico glicemico aumenterebbe, raddoppiando.

Proviamo a fare un altro esempio prendendo in esame un altro alimento:

  •   Zucca. Una porzione da 200 g contiene 7 g di carboidrati. L’IG della zucca è 85. Il carico glicemico calcolato per porzione è: 5,95.

Lo stesso discorso fatto per la zucca vale anche per altri alimenti che hanno un IG elevato ma un basso CG: papaia, melone, barbabietola, carote, anguria, rapa, sedano rapa. È quindi chiaro che il carico glicemico può essere influenzato dalla composizione nutrizionale dell’alimento. Il pane ai cereali è più ricco di fibre e altri nutrienti come grassi e proteine: questi nutrienti rallentano la velocità con cui i carboidrati vengono assorbiti e con cui la glicemia si innalza, contribuendo a un abbassamento del carico glicemico.

TORTA CAPRESE A BASSO CARICO GLICEMICO

Perché non mangiare un dolce fatto in casa, semplice, con impatto insulinico e carico glicemico bassi?

Di seguito la ricetta della torta CAPRESE a “basso carico glicemico”:

(PER 6 PERSONE)

Ingredienti

  • 4 UOVA
  • 150 GR DI CIOCCOLATO AL 90% (una tavoletta)
  • 125 GR DI STEVIA O FRUTTOSIO NATURALE IN CRISTALLI O ERITRITOLO O UN MIX DEI TRE (ESISTONO PRODOTTI)
  • 200 GR DI MANDORLE TRITATE
  • 1 BUSTINA DI PAN DEGLI ANGELI
  • 1 CUCCHIAIO DI CACAO AMARO
  • 150 GR DI BURRO
  • 1 FIALA DI VANILLINA

Preparazione

Accendere il forno e portarlo a 160 gradi.

Mettere in una ciotola di ceramica di media grandezza le 4 uova intere e il fruttosio e cominciare a mescolare con un frustino. Nel frattempo aggiungere un cucchiaio di cacao amaro e la fiala di vanillina.

Mettere a bagnomaria il burro, e, una volta sciolto e raffreddato, aggiungerlo alla ciotola.

Contemporaneamente, in un altro tegamino, mettere la tavoletta di cioccolato sempre a bagnomaria, e, una volta sciolta e raffreddata, aggiungerla al composto nella ciotola.

Frullare le mandorle e inserirle mentre si mescola tutto.

Quindi amalgamare il tutto e, ottenuta una buona miscela, aggiungere mezza busta di pan degli angeli, continuando a frullare fino a ottenere una crema corposa.

Mettere il tutto in una teglia e infornare per 50 minuti (non aprire mai il forno).

Dopo i 50 minuti togliere dal forno, lasciare raffreddare e, se si vuole, aggiungere sopra una spruzzata di stevia in polvere.

Perché è a basso carico glicemico? Perché usiamo il fruttosio o altri dolcificanti naturali. 

FRUTTOSIO

Il fruttosio, a differenza del glucosio, viene assimilato nell’intestino e immesso nel sangue, e invece di entrare nelle cellule tramite l’insulina (come fa il glucosio), va direttamente nel fegato trasformandosi in glicogeno (riserva di zuccheri del fegato).

Quindi ha un indice glicemico basso perché non stimola eccessivamente l’insulina. Attenzione, però: un uso eccessivo di fruttosio, quando al fegato non ne serve più, fa sì che esso sia trasformato in trigliceridi e immesso nelle cellule adipose (facendoci ingrassare).

Ma questo accade soprattutto quando mangiamo merendine di produzione industriale, che nascono come prodotti (assertivamente) light e sono ricche di grosse quantità di “fruttosio liquido industriale” che fa ingrassare molto di più del saccarosio (zucchero da cucina).

ERITROLOLO 

L’eritritolo è un polialcol naturalmente presente nella frutta e nei cibi fermentati. È utilizzato come dolcificante naturale in quanto ha zero calorie e un ottimo sapore, privo di retrogusti.

STEVIA

La Stevia rebaudiana è una pianta erbaceo-arbustiva perenne, di piccole dimensioni, della famiglia delle Asteraceae, nativa delle montagne fra Paraguay e Brasile. È un dolcificante ipocalorico naturale.

BURRO

Il burro è uno di quegli alimenti tradizionali criminalizzati e penalizzati ingiustamente da oltre 50 anni di propaganda grassofobica.

Lo abbiamo tolto completamente dalle nostre ricette e dalla nostra tavola, sostituendolo con grassi vegetali (olio di palma) o idrogenati (margarina) erroneamente ritenuti più “innocui” , ma, in realtà, tutt’altro che salubri.

1. Il burro è una fonte di vitamina A, di vitamina K2, sazia velocemente (stimolando CPK, l’ormone della sazietà) ed è ricco di antiossidanti.

2. Contiene butirrato, un acido grasso saturo a catena corta di cui sono ghiotte le cellule del colon. Infatti il burro è la principale fonte alimentare di butirrato, ne può contenere fino al 4%. Questo acido grasso ha varie documentate funzioni: soppressione dei processi infiammatori dell’intestino, riduzione della la permeabilità intestinale e miglioramento della sensibilità insulinica. L’acido butirrico è anche prodotto dalla flora intestinale (e in particolare dalla fermentazione di fibre vegetali). Tuttavia, la flora intestinale non è sempre in equilibrio nell’uomo moderno, per cui il burro può svolgere un’utile funzione suppletiva nel tempo necessario a ristabilirla attraverso dieta e cure appropriate. Il consumo di un buon burro fornisce acido butirrico immediatamente utilizzato dalle cellule del colon.

Ovviamente sto parlando di “burro vero”, cioè quello ricavato dalla panna, di origine biologica o proveniente da animali tenuti per lo più al pascolo e non trattati con i farmaci.

Quindi la buona abitudine di sostituire i grassi vegetali (tra cui olio di semi, di palma e margarine) con burro vero, nutre, sazia e non provoca alterazione dell’insulina.

CIOCCOLATO

Il cioccolato fondente può aiutare ad abbassare la pressione arteriosa.

La risaputa azione protettiva cardiovascolare del cioccolato sarebbe riconducibile alle epicatechine, antiossidanti presenti oltre che nel cacao, anche nel tè, nel vino rosso e in alcuni frutti e verdure.

Buon appetito e buona domenica .

14Mar

ALIMENTAZIONE EQUILIBRATA

La dieta è come un conto in banca. Le buone scelte alimentari sono buoni investimenti”. – Bethenny Frankel

DEVO METTERMI DI NUOVO A DIETA! QUESTA VOLTA FUNZIONERÀ?

La parola “dieta“, nel significato etimologico del termine, fa riferimento allo “stile di vita”. Se con “mettersi a dieta” si intende impegnarsi a cambiare il proprio stile di vita, la dieta non solo diventa necessaria, ma aiuta a vivere meglio.

Ogni volta che si tenta una dieta e si fallisce, ci si ritrova più grassi di prima e ricominciare è sempre più difficile. Basta un piccolo sgarro e subito si viene presi dall’idea di aver rovinato tutto vanificando ogni sforzo. Da questo nascono i sensi di colpa per il fallimento, ci si sente incapaci di governarsi, si sente ancora più forte il giudizio dei magri e con loro si arriva a condividere l’idea che l’obesità è il frutto dell’autoindulgenza, della pigrizia e della mancanza di forza di volontà. 

In questo meccanismo, frequenti e non marginali, sono le colpe di noi medici e nutrizionisti che maltrattiamo i pazienti in mille modi. Spesso proponiamo diete impossibili (meno di 800-1000 calorie), suggeriamo massacranti e inutili cicli di massaggi e saune, consigliamo rigidi schemi di attività fisica, prescriviamo farmaci per eliminare la fame con il risultato che il calo rapido, la fame ingestibile e il nervosismo crescente porterà questi pazienti ad abbandonarsi spesso, troppo spesso, a preoccupanti abbuffate.

In definitiva, “l’essere perennemente a dieta” (dieting) porta a depressione e può scatenare il “mangiare in modo compulsivo e disordinato” (binge).

COMINCIAMO DAL PRINCIPIO

Nel giro di 50 anni la nostra alimentazione è cambiata molto. La raffinazione, la conservazione e la colorazione degli alimenti sono responsabili di molti dei nostri “mali da civiltà”. A cominciare da sovrappeso, obesità, diabete fino all’ipertensione arteriosa.

Per rispondere alla forte richiesta dei pazienti, diete dimagranti, ricette e soluzioni miracolose sono fiorite come i gelsomini in primavera. Alcuni consigliano di dissociare gli alimenti, altri di controllare ossessivamente le calorie, di consumare esclusivamente proteine o di seguire diete a base di sola frutta, verdura, pasta o riso e alcuni consigliano lunghi giorni di digiuno mentre altri propongono creme o prodotti di erboristeria o medicinali che dovrebbero sciogliere il grasso. Il mercato di prodotti dimagranti è esploso, come la vendita delle riviste che dedicano i loro titoloni a questo argomento. Tuttavia il miracolo tanto atteso non si è verificato. Anzi. Quasi tutte le diete dimagranti vogliono forzare il corpo, addirittura ingannarlo. Il più delle volte questo si paga con problemi di salute o, paradossalmente, con dei chili in più (effetto yo-yo).

RIEDUCARE IL CERVELLO

La persona in soprappeso si trova in uno stato di squilibrio ponderale. Per ritrovare l’equilibrio deve perdere quest’eccesso e tornare al peso normale. Anche se possiede una logica matematica, questo postulato è biologicamente falso. 

In realtà, la persona in soprappeso è in equilibrio con il proprio peso. Il cervello accetta il sovrappeso come una condizione soddisfacente. Allora bisogna indurre il cervello a modificare il suo sistema di riferimento rispetto a quest’equilibrio.

Contrariamente a tutti i luoghi comuni, le cellule grasse sono amiche; d’altronde, nessuna parte del corpo ci è ostile. Esse rappresentano un meccanismo di difesa reattivo. Se tutto quello che abbiamo nelle cellule adipose circolasse nel nostro sangue, moriremmo subito. Il corpo sa come sopravvivere. Esso conserva nelle sue banche quello che non può lasciare in circolo (omeostasi). Quindi quello che spesso si giudica un tradimento estetico o metabolico è in realtà solo la manifestazione di una conquista di equilibrio.

Bisogna dire che, sebbene le conseguenze del nostro stile alimentare siano determinate dal profilo genetico specifico di ogni individuo, l’avverarsi del destino trascritto nei geni può essere, a sua volta, rallentato o anticipato dallo stile di vita alimentare. In ciascuna cellula adiposa esiste un’autentica “memoria del peso equilibrato” che è possibile risvegliare. Per farlo bastano piccole correzioni alimentari e nutrizionali, associate a piccole correzioni comportamentali e psicologiche. 

LE CALORIE: UN CONCETTO SUPERATO

Da una cinquantina d’anni le diete, in gran maggioranza, sono basate sul concetto di caloria. Questa unità di misura dell’energia non ha molto a che fare con la realtà del nostro metabolismo. La caloria, presa da sola, è una cifra morta. Una volta ingerite, 150 calorie di yogurt, non hanno nell’organismo lo stesso effetto digestivo e metabolico di 150 calorie di mela, di salame, o meglio ancora, di olio d’oliva! Quello che conta è la qualità della composizione degli alimenti e non solo la quantità.

Il contenuto calorico è quindi solo un concetto fisico, che rende conto in modo grossolano di come il cibo influenza il bilancio energetico dell’organismo. Altri aspetti contano altrettanto, se non di più.

MANTENERE IL GIROVITA IN ZONA SICUREZZA

L’eccesso di grasso degli obesi (ma anche di persone in moderato sovrappeso), quando si accumula soprattutto attorno al giro vita, provoca maggiori problemi metabolici e conseguenze cardiovascolari, tanto da rappresentare un importante fattore di rischio.

Il limite massimo è di 88 – 90 cm della “circonferenza vita” per le donne e di 102 – 104 cm per gli uomini.

Per quanto l’auto-misurazione possa sembrare facile, è meglio che i pazienti deleghino il compito a una terza persona per garantire che il metro a nastro segua un andamento esatto prestabilito dal medico.

L’obiettivo dimagrimento, in definitiva, non deve guardare solo all’ago di una bilancia, cioè al raggiungimento di un peso ovviamente più basso, ma deve considerare anche altri aspetti già citati come la localizzazione prevalente dell’adipe (misurazione del giro vita) e i dati della composizione corporea (esame plicometrico), rilevabili dal medico, ma non dalla bilancia.

COSA VUOL DIRE INGRASSARE E COSA VUOL DIRE DIMAGRIRE 

Il grasso del nostro corpo è contenuto per una percentuale elevatissima in cellule specializzate, le cellule adipose. Quando si ingrassa ciascuna cellula aumenta il suo contenuto in grasso e dunque è come se si gonfiasse un po’.

Molte diete fanno perdere acqua e, soprattutto, fanno perdere massa muscolare, ma la quantità di grasso nelle cellule si mantiene intatta, perché perdere peso non è la stessa cosa che dimagrire. Perdere acqua non vuol dire dimagrire. Perdere tono muscolare non vuol dire dimagrire. Dimagrire significa soltanto una cosa: perdere grasso, conservando acqua e muscoli. Il dimagrimento si ha soltanto quando nelle cellule adipose avviene la lipolisi, ossia quando i trigliceridi si scindono nelle molecole elementari che li costituiscono e che possono così uscire dalla cellula e andare là dove saranno consumate.

Dimagrire è un investimento che si fa per il proprio futuro. Si deve imparare a dimagrire, imparare a mangiare, imparare a “sgarrare”. Solo che imparare costa un po’ di fatica o quanto meno un po’ di attenzione. Non bisognerebbe mai delegare il proprio dimagramento direttamente al medico, ma dovrebbe passare per la propria testa e il medico dovrebbe essere colui che aiuta ad attuare la comprensione del proprio dimagrire, attraverso l’insegnamento di quello che è bene mangiare.

 La prima regola è imparare a combinare gli alimenti tra di loro.

Man mano che si attua un regime di educazione alimentare, le cellule adipose, liberate dallo stress metabolico, risvegliano la memoria “dimagrante” e mandano al cervello un messaggio regolatore e riequilibrante. Allora il cervello “boccia” quello che considerava il peso normale e finalmente giudica il sovrappeso come un eccesso di cui conviene disfarsi. In realtà è il corpo che si rimette a funzionare, finalmente, al ritmo giusto. 

QUALI CIBI SCEGLIERE FRA QUELLI CHE APPORTANO CARBOIDRATI

Una delle trasformazioni più preoccupanti in materia di salute avvenuta negli ultimi anni è la raffinazione dei cereali. I cereali integrali (non raffinati) hanno un gran valore nutritivo. Contengono tra l’altro fibre, minerali,  oligoelementi e vitamine, mentre nei cereali raffinati resta ben poco di questa ricchezza.

La raffinazione dei cereali ne modifica la digestione e l’assimilazione, provocando disordine nel metabolismo globale e spingendolo verso il sovrappeso cronico.

Nella scelta dei cereali è dunque indispensabile preferire quelli integrali.

Sono da preferire liberamente:

  • tutti i tipi di verdura (con moderazione la patata, la zucca, la carota cotta e la barbabietola);
  • tutti i tipi di frutta eccetto la banana, il caco, la papaia, alcuni tipi di frutta essiccata (come le uvette, i datteri, i fichi secchi);
  • l’orzo, l’avena e la pasta.

Si devono consumare in quantità controllata:

  • il pane bianco, i grissini, i crackers, le fette biscottate, le focacce, la pizza, i cereali della mattina;
  • tutti i tipi di biscotti (soprattutto quelli col burro);
  • la polenta;
  • il riso brillato;
  • i succhi di frutta industriali.

Sono da evitare o da assumere raramente in quantità molto limitata:

  • bevande dolci come coca cola, aranciata, chinotto, ecc.;
  • torrone, merendine, brioche;
  • bevande alcoliche e zuccherine.

Gli alimenti contenenti zuccheri raffinati sono molto rapidi ad entrare nel sangue, provocando per reazione flussi d’insulina (l’ormone che trasporta lo zucchero nelle cellule) rapidi e violenti. Quando il tasso di zucchero nel sangue sale rapidamente, segue la secrezione violenta d’insulina dal pancreas, in quanto questo si sente aggredito da questo flusso eccessivo di zucchero e, dovendolo smaltire dal circolo, produce l’insulina per consentire al glucosio di entrare nelle cellule ed essere trasformato in energia. 

Sotto l’azione dell’insulina il tasso glicemico torna a scendere fino ad un livello più basso di prima dell’ingestione degli alimenti, tanto da provocare “morsi della fame dati da falsa carenza di zucchero”, ossia una crisi ipoglicemica. Evitare il più possibile gli alimenti ricchi di zuccheri è il primo passo per uscire da questo circolo vizioso.

QUALI CIBI SCEGLIERE FRA QUELLI CHE APPORTANO PROTEINE

Sono da preferire:

  • la carne (pollo, tacchino, faraona, coniglio), con particolare attenzione a quella rossa che è ricca di grasso e purine difficili da digerire; un suo abuso può alzare il livello in circolo dell’acido urico;
  • il pesce, alimento altamente digeribile, con un’alta concentrazione di omega 3, vitamina A e D;
  • il tofu e altri alimenti a base di proteine di soia;
  • l’ uovo è senza dubbio l’alimento che possiede le proteine con più alto valore biologico. In casi di carenza di calcio, il guscio, accuratamente lavato e triturato nella minestra, rappresenta la fonte più ricca di calcio presente negli alimenti;
  • i legumi, ricchissimi di principi nutrizionali, di fibre solubili, mucillagini e gomme, ottimi per la preparazione di piatti unici, in abbinamento con pasta o riso.

Vanno abbastanza bene:

  • lo speck e il prosciutto cotto e crudo, quando siano stati privati della parte grassa;
  • le carni bovine e suine (ben sgrassate);
  • la carne in scatola magra, il tonno in scatola se sgocciolato.

Si devono consumare in quantità limitata:

  • le frattaglie e le carni grasse;
  • la pancetta, il salame e gli altri insaccati;
  • i formaggi grassi, il latte intero, lo yogurt intero (preferire quelli più magri come ricotta, fiocchi di latte, provola, stracchino, philadelphia light. Preferire il latte scremato o quello parzialmente scremato).
QUALI CIBI SCEGLIERE FRA QUELLI CHE APPORTANO GRASSI

I grassi dei mammiferi di terra appartengono alla categoria dei grassi saturi che sono solidi a temperatura ambiente e che dovrebbero essere sempre assunti in quantità contenuta. Anche i grassi idrogenati (grassi creati in laboratorio), contenuti nelle margarine, sono molto nocivi per la salute quando consumati in abbondanza.

Va molto bene, al contrario, l’assunzione di olio extra vergine d’oliva, con il quale vanno condite le verdure, così come vanno bene la frutta oleosa (noci, nocciole, pinoli) e l’avocado. Straordinariamente utile per l’organismo è l’olio di pesce, ricco di Omega-3 e acidi grassi che sono detti “essenziali” perché servono al nostro corpo il quale, però, non è in grado di produrli.

I tre più insidiosi grassi esistenti in natura sono tutti di origine vegetale. L’acido laurico, l’acido miristicoe l’acido palmitico, contengono tutti e tre temibili acidi grassi saturi e sono quelli che sulle etichette di tutte le merendine appaiono con l’accattivante dicitura “grassi vegetali”. Essi hanno di buono che sono economici e saporiti, ma sono realmente dannosi, tendono ad aumentare la rigidità delle membrane cellulari inducendo le cellule a non rispondere adeguatamente ai livelli normali d’insulina: “resistenza all’insulina“.

Sono quindi da preferire:

  • l’olio extra vergine d’oliva;
  • la frutta oleosa (mandorle, pinoli, noci, nocciole) e l’avocado;
  • l’olio di pesce (come integratore, in capsule o liquido per esempio Omega 3 cp.

Si devono consumare in quantità limitata:

  • le parti palesemente grasse delle carni;
  • il lardo, lo strutto, il burro, il mascarpone, la panna;
  • le margarine.
SCELTA E STAGIONALITÀ DI ALCUNI TIPI DI VERDURE 

Il consumo di abbondanti quantità di frutta e verdura dovrà essere obbligatorio: molti prodotti dovranno essere mangiati crudi o solo leggermente scottati, questo farà si che gli antiossidanti, le vitamine e i minerali contenuti rimangano intatti. 

La frutta essendo ricca di sostanze antiossidanti (vitamine A e C) aiuta l’organismo a ripulirsi dai radicali liberi, da esso prodotti normalmente per vivere, ma il cui eccesso (dovuto all’inquinamento ed allo stress) risulta dannoso.

Bisogna infine fare chiarezza sulle verdure surgelate. Appurato che le verdure bollite in scatola sono meno nutrienti delle fresche, perché cotte a lungo e con molto sale, è opinione comune che anche i prodotti di terza gamma, in quanto surgelati, non reggano al confronto con i freschi. Bisogna dire che se congelata appena raccolta, la verdura mantiene quasi intatte le sue proprietà. 

La surgelazione è una delle migliori tecniche di conservazione degli alimenti, paradossalmente una verdura surgelata in modo corretto è migliore di una verdura “fresca” utilizzata diversi giorni dopo la raccolta, conservata per lungo tempo fuori dal frigorifero o peggio esposta al sole. Meglio evitare di scongelare a temperatura ambiente per questioni igieniche o sotto l’acqua corrente che allontana sali minerali e vitamine. Se l’alimento è in piccoli pezzi è meglio cuocerlo direttamente congelato, oppure farlo scongelare in frigo.

CARNIVORI O VEGETARIANI?

Per nascita siamo onnivori, ma la carne nelle diete è si utile ma non indispensabile. La scelta vegetariana nelle sue forme meno esasperate – cioè senza esclusione di uova e latticini – è perfettamente compatibile con il normale stato di salute.

L’alimentazione vegetariana ha il vantaggio di fornire meno sodio e più potassio, meno grassi – in particolare meno grassi saturi – e più fibre; ha però anche lo svantaggio di scarseggiare in ferro, zinco, calcio, vitamina B12, da qui la necessità di integrare.

ABBINAMENTI SCONSIGLIATI
  • le diverse proteine tra loro (pesce e formaggio) o (carne e pesce) ecc..;
  • amidi e sostanze acidule (pasta/riso con vino o aceto o liquori) perché si darebbe il via a una massiccia fermentazione;
  • proteine e grassi (sogliola al burro) perché il grasso riveste le proteine impermeabilizzandole ai succhi gastrici e quindi ostacolandone la digestione;
  • frutta e dolciumi a fine pasto, perché gli zuccheri semplici in essi contenuti hanno un transito veloce che verrebbe bloccato dalla presenza di altri alimenti dalla digestione più lenta e quindi ristagnando fermenterebbero. I fenomeni fermentativi provocano l’innalzamento della temperatura intestinale, inducendo la proliferazione della flora batterica patogena che scatena gli spiacevoli disturbi di meteorismo e spasmi.
IL LINGUAGGIO DIMAGRANTE DEGLI ALIMENTI

Ogni giorno il nostro organismo ha bisogno di una certa varietà di nutrienti che deve assumere con una dieta variata ed equilibrata. In una società opulenta come la nostra questo sembra un obiettivo facile da raggiungere, ma in realtà incorrere in carenze più o meno significative, è molto più comune di quanto si pensi a causa di cibi troppo raffinati, alimentazione poco varia, problemi di masticazione, uso di conservanti/fertilizzanti/coloranti, carni ricche di grassi saturi, frutta povera di vitamine ecc. 

Al corpo umano servono più di 40 nutrienti per mantenersi in buona salute e per coprire questo fabbisogno è importante combinare quantità adeguate di cibi appartenenti a diversi gruppi alimentari, alternandoli nei vari pasti della giornata. Laddove sarà difficile farlo, per questioni di gusto, d’impossibilità a reperire la varietà degli alimenti o per questioni etiche, solo allora è ipotizzabile l’uso di un integratore.

L’importante è che non si usino MAI farmaci, ormoni tiroidei o altre sostanze attivanti il metabolismo per dimagrire. Ci si potrebbe ritrovare con il doppio dei chili persi e con qualche problema di salute in più. Sarà necessario dunque che, in una prima fase, il paziente, sotto il controllo del medico, mangi ogni giorno in modo equilibrato, apportando in perfetta sinergia tutto quello che l’organismo in quella fase necessita.

In seguito, una volta raggiunti i risultati, il paziente avrà compreso il proprio modo di mangiare e attuerà un programma alimentare perfettamente adattato al proprio stile di vita, con una costante: l’equilibrio dei costituenti alimentari. Solo così conserverà il risultato ottenuto.

Tutti gli alimenti parlano una “lingua” che bisogna tornare ad imparare per stabilire un dialogo con loro.

ALCUNI CONSIGLI IMPORTANTI
  • Il segnale di sazietà non arriva immediatamente al cervello, quindi bisogna masticare con calma  bocconi piccoli: si digerisce meglio e soprattutto si rimane sazi più a lungo.
  • Bisogna avere obiettivi raggiungibili e non esagerati. Il primo passo può essere quello di “rientrare” negli ultimi pantaloni che si sono abbandonati e poi di seguito per passi successivi.
  • Non si usi in modo maniacale la bilancia, è più pratico controllare la taglia dei vestiti. Paradossalmente la bilancia non è sempre lo strumento migliore per misurare un eccesso di peso, perché il peso che registra è il totale della massa di vari tessuti: scheletro, muscoli, viscere, acqua e grasso. D’altra parte l’acqua, che da sola rappresenta i due terzi del nostro corpo, è soggetta a molte fluttuazioni che possono provocare delle variazioni di peso, fino a un paio di chili, soprattutto prima o dopo le mestruazioni. Ricordarsi che dimagrire significa esclusivamente perdere il grasso di troppo, mentre si può perdere peso eliminando solo acqua, il che spiega l’inutilità dei diuretici quando vengono prescritti a scopo dimagrante, senza contare i rischi che questi comportano.
  • Si assecondi sempre il senso di sete e anzi tentare di anticiparlo, bevendo a sufficienza, mediamente 1,5 – 2 litri di acqua al giorno. È sbagliato evitare di bere per non sudare (sudare è fondamentale per regolare la temperatura corporea) o per paura di ingrassare (l’acqua non apporta calorie).
  • Si riduca progressivamente l’uso di sale da cucina (tutti gli alimenti contengono già sale al loro interno), ridurlo al minimo e preferire quello iodato o il sale rosa dell’Himalaya.
  • È importante non farsi trovare a casa, annoiati ed impigriti, quando scattano i due tipici appuntamenti con la fame: in tarda mattinata e prima della cena, ovvero quando il ritmo delle nostre secrezioni ormonali congiura ad esasperare l’appetito con un sottofondo ipoglicemico a cui è difficile resistere se gli snack sono a portata di mano.
  • Quando si mangia, si cerchi di non fare altro (es. non guardare la televisione). Non si pulisca il piatto con il pane. Si poggi la forchetta tra un boccone e l’altro. Si eviti di tenere a tavola piatti di portata. Si lasci la tavola alla fine del pasto.
  • Non si beva mai alcolici prima di mangiare, in quanto possono stimolare l’appetito oltre che causare patologie gastriche.
  • Si frazionino i pasti e non si salti mai la prima colazione. Concentrare la maggior parte del cibo a cena non è vantaggioso: è più facile incamerare l’eccesso calorico relativo ed ingrassare. Mai farsi mancare a colazione un pugno di cereali a basso contenuto di glutine, fiocchi di avena, germe di grano e del miele grezzo.
L’ATTIVITÀ FISICA

La vita sedentaria associata ad una cattiva alimentazione rappresenta il sicuro passaporto per l’obesità. Nel tentativo di raggiungere il peso corporeo ideale, ad una dieta equilibrata è sempre consigliabile associare una buona attività fisica. Il moto è indispensabile perché contribuisce alla mobilitazione delle riserve di grasso. L’attività sportiva in palestra potrebbe rappresentare la soluzione ideale, ma dal momento che non tutti hanno il tempo e la voglia, si potrebbe aumentare il proprio livello di attività fisica camminando oppure salendo qualche piano di scale o ancora parcheggiando la macchina un po’ più lontano. Un ottimo consiglio per valutare la nostra attività ginnica quotidiana sarebbe comprare un contapassi e cercare di fare almeno 10.000 passi al giorno. Questo corrisponde a più di due ore settimanali di palestra, senza pericoli e controindicazioni.

LE TRASGRESSIONI

Le trasgressioni fanno parte del nostro modo di vivere e devono essere sdrammatizzate e non colpevolizzate. Oltre ad essere inevitabili, sono anche un momento piacevole perché “trasgredire è bello”, ma se la trasgressione diventa un’abitudine si finisce per privarsi di un piacere. Quando necessario riprendere qualche giorno della dieta consigliata nella fase dimagrante per compensare gli eccessi fatti. L’evasione intelligente, lo “sgarro” concordato, piuttosto che la bulimia reattiva, fanno parte del gioco e lo rendono accettabile anche a tempo indeterminato.

Coquina medicinae famulatrix est. – La cucina è la serva della medicina”. – Terenzio

15Feb

ALIMENTAZIONE E MALATTIA – COME PREVENIRE

Lascia che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo”. – Ippocrate

DI QUALI CIBI SI NUTRONO LE NEOPLASIE?

Cominciamo subito col dire che è indispensabile sapere di quali cibi si nutrono le neoplasie. Sono fondamentalmente quegli alimenti che contengono zucchero e/o fattori di crescita. È sempre importante evitare cibi che danneggiano il sistema immunitario, che come vedremo sono quei cereali che contengono glutine in quantità spropositata, la caseina (proteina del latte) e cibi molto acidi.

I pazienti oncologici dovranno necessariamente eliminare tutti quei cibi che contengono queste sostanze, mentre le persone sane, che comunque vogliono fare prevenzione, dovranno almeno cercare di ridurne il consumo.

Vediamo nello specifico quali sono questi alimenti.

LO ZUCCHERO

Le cellule tumorali sono ghiottissime di zucchero, tant’è che ne consumano 20 volte di più rispetto alle cellule normali! Infatti quando si fa una PET (Positron Emission Tomography) per diagnosticare se il paziente ha o non ha un tumore, viene iniettato nell’organismo uno zucchero radio marcato, questo zucchero ha la funzione di “tracciante”, cioè ne viene controllato il percorso dall’apparecchiatura elettronica, così da capire come e dove si distribuisce nell’organismo. Se ci sono cellule tumorali, questo zucchero verrà rapidamente assimilato andandosi ad accumulare nelle cellule malate.

Per zucchero non si intende solo il comune zucchero bianco (saccarosio), sicuramente anche quello va eliminato, ma lo zucchero è presente anche in tantissimi altri cibi che mangiamo quotidianamente, come biscotti, pane, pasta, riso, brioches, fette biscottate, bevande, frutta ecc.

Non va meglio con lo zucchero di canna e lo stesso dicasi per gli altri dolcificanti, naturali o di sintesi, come il miele, il fruttosio liquido, lo sciroppo d’acero e tutti i vari edulcoranti utilizzati al posto dello zucchero per dolcificare caramelle, gomme da masticare, cibi, bevande per sportivi, ecc. Ancora peggio è lo sciroppo di glucosio, considerato al pari di un veleno, che lo troviamo davvero in ogni dove: merendine, yogurt, biscotti, fette biscottate, panettoni, torroni, frutta secca, ecc.

Bisogna controllare sempre le etichette!

LA FRUTTA ZUCCHERINA

Anche la frutta è ricca di zucchero (non è vero che contiene solo fruttosio, contiene anche tanto saccarosio), per cui non è immune al discorso appena fatto per gli altri dolcificanti. Inoltre l’eccessivo uso di fruttosio è ancora peggio del saccarosio, in quanto per essere metabolizzato richiede più energia, non sfruttando l’insulina come mediatore, e se non viene immediatamente consumato (per esempio tramite dell’attività sportiva), viene stoccato nel fegato sotto forma di glicogeno e poi trigliceridi. Per cui un eccessivo consumo di frutta può benissimo essere una delle cause della steatosi epatica ovvero il famoso “fegato grasso“. Quindi il consumo di frutta va ridotto, si consiglia di mangiare al massimo due-tre frutti al giorno e preferibilmente la mattina o entro le 17. Infatti mangiare la frutta la sera significa andare a dormire con picchi glicemici alti.

Assolutamente da evitare la frutta dopo i pasti. Infatti la frutta consumata dopo i pasti, specie dopo aver mangiato un piatto di carboidrati (come pasta, riso, miglio, mais, ecc.), viene digerita nel tenue. Il tempo che permane nello stomaco va in putrefazione, creando inoltre una forte acidosi. L’acidosi è un altro di quei fattori che va evitato in caso di neoplasia. Per lo stesso motivo vanno evitate le macedonie, ovvero l’abbinamento di due o più frutti di tipo diverso.

ALIMENTI AD ALTO INDICE GLICEMICO

Inoltre attenzione a tutti quei cibi ad alto indice glicemico, ovvero ricchi di amidi, che altro non sono che zuccheri complessi. Al di là dei cereali che contengono glutine, come il frumento, e che andrebbero totalmente eliminati, i cibi ad alto indice glicemico possono essere consumati durante la prima parte della giornata, cioè a colazione o all’ora di pranzo, quando il metabolismo è più veloce e l’organismo riesce a metabolizzarli meglio.

Tra gli alimenti ad alto indice glicemico e senza glutine, troviamo ad esempio il riso bianco e il mais. Il mais in scatola andrebbe totalmente evitato, dato che contiene muffe e funghi potenzialmente tossici. Per quanto riguarda il riso è meglio evitare il riso bianco e puntare dritti su qualità di riso integrale, il cui indice glicemico è nettamente inferiore. Poi ci sono anche altri cereali meno conosciuti, ma comunque molto validi, come la quinoa, l’amaranto, il grano saraceno, il miglio, il sorgo, ecc.

In ogni caso i cereali, integrali, o non integrali, non vanno MAI consumati a cena. Durante il pasto serale si consiglia invece di mangiare proteine (pesce, uova) e tante verdure (che contengono zuccheri a bassissimo indice glicemico). 

Consumare cibi a basso indice glicemico significa anche ridurre al minimo la produzione di insulina. L’insulina è quell’ormone prodotto dal pancreas che ha il compito di abbassare la glicemia portando il glucosio all’interno delle cellule. Essendo l’insulina anche un importante fattore di crescita, evitare picchi insulinici nei pazienti oncologici, è un altro degli imperativi della dieta anti-neoplasia.

Inoltre mangiare troppi zuccheri porta a disbiosi che a sua volta porta alla decarbossilazione delle proteine con produzione di istamina, cadaverina, putrescina e spermidina. 

Gli enzimi Dao, Mao, Pao, sono in genere in grado di distruggere queste ammine endogene tossiche. Ma in caso di troppa disbiosi questi enzimi vengono distrutti e si ha la sindrome da sgocciolamento intestinale (un disordine della mucosa intestinale che è più porosa nel normale) e intolleranza alimentare. 

CIBI CHE CONTENGONO FATTORI DI CRESCITA

fattori di crescita sono delle particolari proteine, ormoni o altre sostanze che, come dice la parola stessa, favoriscono la crescita e la proliferazione cellulare. E questo, purtroppo, vale sia per le cellule sane, che per le cellule tumorali. Per cui i pazienti oncologici devono assolutamente evitare i cibi che contengono fattori di crescita, mentre le persone sane dovrebbero comunque moderarne il consumo.

Vediamo quali sono questi alimenti.

LATTE E DERIVATI 

Il latte animale e in particolare il latte vaccino, contiene tutta una serie di sostanze che lo rendono totalmente inadatto all’organismo umano, specialmente dopo i 10 anni di età. Dopo questa età perdiamo gradualmente la capacità di digerire il lattosio, cioè lo zucchero del latte. Tant’è che in Europa solo il 25% delle persone adulte sono capaci di digerire bene il latte (e in Asia meno del 10%).

Ma il lattosio rappresenta solo la punta dell’iceberg dei problemi derivanti dal latte.

Il latte che beviamo oggi è ben diverso da quello che avevano a disposizione i nostri nonni 60-70 anni fa. Le povere mucche da latte sono state costrette a passare dalla loro naturale produzione di 20 litri giornalieri a una cinquantina ed oltre e per fare ciò vengono imbottite di ormoni della crescita, antibiotici e cereali, per cui il prodotto finale non è altro che una bomba esplosiva di fattori di crescita. Infatti il latte contiene gli ormoni della crescita (IGF1), che servono a far crescere i vitellini allattati, questi all’interno del nostro organismo, oltre a favorire la crescita e la proliferazione cellulare (anche di quelle malate!), vanno ad interferire con il normale equilibrio ormonale dell’essere umano. Per cui questi ormoni possono provocare patologie o tumori ormono-sensibili, come il tumore del seno, dell’ovaio, della prostata e della tiroide.

Infine, c’è il problema della caseina. La caseina è una proteina che si forma durante il processo di pastorizzazione del latte. Si deve sapere che la caseina ha un effetto tipo “colla” (infatti la si usa per attaccare le etichette alle bottiglie e per dipingere i mobili antichi) all’interno delle pareti intestinali e questa colla è uno dei principali fattori responsabili dell’infiammazione e della permeabilità intestinale, definita anche “sindrome dell’intestino gocciolante”, nome che rende bene l’idea di ciò che accade. Infatti, quando l’intestino è permeabile, le sue pareti non riescono a trattenere antigeni alimentari, tossine, metalli pesanti e patogeni, che hanno così libero accesso nel circolo sanguigno.

Dulcis in fundo è assolutamente falsa la diffusa credenza che mangiare formaggio e altri derivati del latte faccia bene alle ossa e aiuti a prevenire l’osteoporosi perché contiene calcio. Bisogna far presente che, cavoli, broccoli, cime di rapa, fagioli di soia, fichi, arance, sardine, fagioli e mandorle contengono più calcio di quello presente nel latte!

Per tutte queste ragioni il latte, nonché tutti i suoi derivati (burro, formaggi, panna, gelati, creme, ecc.) vanno tassativamente eliminati dalla dieta del paziente oncologico. 

Quanto detto finora vale anche per lo yogurt! Anzi, oltre alle problematiche finora elencate per il latte, lo yogurt ha dalla sua anche un’elevatissima acidità. SOLO IL PARMIGIANO CON STAGIONATURA A 24 MESI PUO’ ESSERE MANGIATO!

COSA CENTRA L’ACIDITÀ COL CANCRO?

È ormai noto alla comunità scientifica che le cellule tumorali si sviluppano e proliferano in un ambiente molto acido. Quando si parla di acidità non si parla di quella del sangue (il cui pH può variare solo entro limiti piuttosto ristretti, ovvero tra 7.35 e 7.45), ma dell’acidità dei tessuti connettivi. Acidità che è strettamente correlata a ciò che mangiamo e che è facilmente misurabile con il pH delle urine, tramite delle semplici cartine tornasole. Ricordo che un valore pari a 6.5 è neutro, maggiore di 6.5 è basico, se invece il valore è inferiore parliamo di una sostanza acida.

ARANCE, MANDARINI E MANDARANCI

Le arance, insieme a mandarini e mandaranci, sono ricchissime di poliammine, sostanze con attività stimolante della crescita e della proliferazione cellulare, comprese le cellule tumorali. Inoltre sono frutti molto acidi e come abbiamo appena visto l’acidità è uno dei fattori che favorisce lo sviluppo delle cellule malate.

SOLANACEE

Tra la lista dei cibi da ridurre troviamo anche gli ortaggi della famiglia delle solanacee, che sono il peperone, la melanzana e le patate. Anche questi alimenti contengono poliammine, ovvero dei fattori di crescita cellulari. Il consumo va quindi ridotto (scegliendo i prodotti solo quando sono di stagione!). Soprattutto vanno mangiati molto cotti perché l’alta temperatura elimina la solanina (sostanza tossica).

Va fatta eccezione dei pomodori che contengono licopene, molecola capace di bloccare i geni impazziti in grado di innescare la mutazione cancerogena: l’unico neo è che i pomodori possono generare reazioni allergiche, probabilmente ciò è dovuto ad un abuso di pesticidi con cui la pianta viene trattata, per cui è consigliabile non mangiare mai ortaggi o frutti fuori stagione.

LA CARNE

Se ne consiglia un consumo ridotto. Non perché faccia male in sé, ma è la carne di questi ultimi anni che fa male perché ricca di farmaci e fattori di crescita, inoculati all’animale per farli crescere in fretta. Se si riesce a comperare carne biologica, se ne consiglia il consumo anche 2-3 volte a settimana.

Molta attenzione va poi posta nella scelta del tipo e della qualità della carne. Decisamente da evitare il pollo, allevati in batterie e pieni zeppi di ormoni della crescita e di antibiotici. Come carne bianca è decisamente meglio il tacchino, meno soggetto a “manipolazione” e ovviamente pollame cresciuto libero.

Per la carne rossa si consiglia di evitare la cottura alla griglia, dato che la combustione dei grassi che avviene durante questo tipo di cottura, genera delle nitrosamine, tossine cancerogene. 

IL GLUTINE

Oltre al latte e ai derivati del latte, di cui abbiamo già abbondantemente parlato, una delle sostanze che più di tutte è responsabile della permeabilità intestinale e dell’abbassamento delle difese immunitarie, è il glutine.

Il glutine è una componente proteica presente nel frumento e in alcune varietà di cereali quali avena, farro, spelta, triticale, orzo e segale. Si tratta di una sostanza naturale che il nostro sistema digerente è in grado di tollerare in dosaggi minimi. Tuttavia, la redditività dei grani antichi era troppo bassa per quelle che sono le richieste moderne, per cui l’industria alimentare ha agito sui geni di questi grani, modificandoli. La modifica genetica ha prodotto delle spighe più produttive, più resistenti e con un contenuto di glutine più che triplicato, passando dal 6% al 22%!

Se da una parte il glutine agevola enormemente i processi produttivi, dal punto di vista della salute umana, abbiamo a poco a poco assistito a un vero e proprio disastro! Al di là della crescita esponenziale del numero dei celiaci, il glutine, in queste quantità, non è tollerabile da nessuno! Il glutine addormenta il sistema immunitario, disinnescando il nostro sistema di difesa e rendendoci facile preda delle peggiori aggressioni e aumentando tantissimo il rischio di contrarre un tumore o delle patologie di natura autoimmune.

Tra l’altro ci sono anche importanti studi che collegano il consumo di glutine a patologie degenerative come il morbo di Alzheimer, sclerosi a placche e il morbo di Parkinson. Quindi si consiglia a tutti, indipendentemente dal proprio stato di salute, di evitare totalmente i prodotti a base di farina bianca 00 nonché i finti prodotti integrali (in realtà prodotti con della farina bianca a cui viene aggiunta della crusca, così da modificarne la colorazione). 

COME SOSTITUIRE IL FRUMENTO?

Le persone non celiache e che non hanno problemi gravi possono consumare saltuariamente (quindi non tutti i giorni) cereali con piccole percentuali di glutine, come i grani antichi (Saragolla, Tumminia, Senatore Cappelli, ecc.), l’avena, il farro, ecc. O ancora meglio passare direttamente ai cereali senza glutine, come il riso, il miglio, il mais, il sorgo, la quinoa, l’amaranto e il grano saraceno.

Chi invece combatte con un tumore, o delle patologie autoimmuni, dovrebbe assolutamente limitare o eliminare tutti i cereali che contengono glutine, anche se in percentuali molto basse.

LA NUOVA PIRAMIDE ALIMENTARE

La vecchia piramide alimentare, alla cui base erano presenti i carboidrati (pasta, pane, pizza, ecc.) va completamente stravolta.

1 – VERDURA

La verdura rappresenta la base della piramide. Ciò vuol dire che ne dovremmo mangiare in quantità e varietà molto ma molto maggiori rispetto a come siamo abituati. Si parla di almeno quattro porzioni al giorno! Attenzione non 4 porzioni di frutta e verdura, ma 1/2 di frutta e 4 di verdura. La verdura infatti, al contrario della frutta, non contiene zuccheri, o ne contiene in quantità molto ridotta. La verdura va considerata un vero e proprio farmaco naturale, in grado di alcalinizzare i tessuti connettivi e di ridurre l’impatto glicemico degli altri cibi, il che significa prevenire un numero impressionante di malattie. Inoltre, contiene vitamine, sali minerali, enzimi, polifenoli e altre sostanze con azione antiossidante, antitumorale ed antinfiammatoria.

In particolare, si consiglia di mangiare molte verdure della famiglia delle crucifere, che contengono solforato, una sostanza con spiccate proprietà antitumorali, specialmente nei confronti dei tumori del seno.

Le verdure che appartengono alla famiglia delle crucifere sono: i broccoli, i cavoli, i cavolfiori, la verza, i cavolini di Bruxelles, la rucola, le rape, i ravanelli e la rucola, ottimi anche per chi soffre di problemi di memoria.

Oltre a mangiare molte verdure, tante volte al giorno, è anche importante variare e scegliere i prodotti in base alla stagionalità e alla qualità, preferendo ovviamente prodotti Italiani, biologici e magari a chilometro zero.

2 – LEGUMI

legumi vengono al secondo posto, eppure noi italiani ne mangiamo pochissimi! 

Rappresentano un’ottima fonte di proteine vegetali, carboidrati e fibre, hanno un bassissimo indice glicemico (specialmente i legumi freschi) e possono essere consumati sia a pranzo che a cena, magari accompagnati da pesce e verdure o uova e verdure.

I legumi vanno bene sia freschi che secchi che surgelati. I surgelati sono comodi, perché basta scongelarli, dargli una scaldata e sono praticamente già pronti all’uso, quindi se non abbiamo voglia di cucinarli, si può benissimo optare per dei legumi surgelati.

Ricordo che i legumi sono: i ceci, le lenticchie, i piselli, i fagioli, le fave, i lupini, la soia e le cicerchie.

La soia VA EVITATA in quanto riserva molte sgradevoli sorprese: il suo alto contenuto in genisteina (estrogeni vegetali) ha permesso, in fitoterapia, un largo uso di queste molecole in tutta la sfera endocrina femminile e nella menopausa. QUINDI MANOVRARE CON CURA.

3 – UOVA

Anche le uova vengono rivalutate tantissimo nella nuova piramide. Non fanno male, anzi! Contengono albumina, una proteina importantissima che contribuisce ad assorbire i liquidi, riducendo il gonfiore e gli edemi. Non sono le uova ad alzare il colesterolo, ma sono i carboidrati e gli zuccheri! 

SI POSSONO MANGIARE SINO A 6 UOVA A SETTIMANA!

4 – PESCE

Il pesce rappresenta un altro alimento importante della piramide. Non solo si può, ma si deve mangiare, perché contiene omega-3, un acido grasso che contribuisce a migliorare la funzionalità cardiaca e cerebrale, a ridurre le infiammazioni e a migliorare l’elasticità delle membrane cellulari.

E per quanto riguarda la questione dei metalli pesanti? Si consiglia di scegliere pesci italiani e di piccola taglia, come lo sgombro, le acciughe, il merluzzo, le aringhe, ecc. Infatti, i pesci che accumulano metalli pesanti sono i pesci grandi che vivono più a lungo degli altri. Vivendo più a lungo hanno più probabilità di assorbire i metalli pesanti presenti nel mare. Però, ogni tanto, si può tranquillamente mangiare anche del tonno, del pesce spada o del salmone, magari preferendo salmone selvaggio (cioè non di allevamento). Si consiglia di mangiare pesce anche quattro volte alla settimana.

5 – CEREALI

Il problema di fondo è che noi Italiani mangiamo tantissimi cereali e con troppa ripetitività, partendo dalla brioche o dai biscotti della prima colazione, passando poi per la pasta del pranzo, il panino pomeridiano e il pane a cena.

Fermo restando che il frumento (per lo meno quello moderno) va eliminato, anche il consumo degli altri cereali va diminuito.

Quando mangiarli? A colazione e/o a pranzo.

Quali scegliere? Cibi senza glutine e possibilmente integrali. Non scegliere prodotti “artefatti” come quelli che si trovano nei banconi delle farmacie. Acquista prodotti semplici in purezza, come i cibi in chicchi (riso, quinoa, miglio, ecc.) o le paste che contengono un solo ingrediente! Abbi cura di controllare sempre le etichette per capire cosa c’è dentro quel prodotto. Scegliere 2-3 volte a settimana e a pranzo: Riso brillato, Riso integrale, Riso Basmati, Riso Venere, Pasta di grano saraceno, Couscous, Orzo, Farro, Quinoa, Amaranto, Miglio, Teff, Avena e Grano saraceno.

4 – CARNE

Molto poca carne esclusivamente biologica (pollo, tacchino, faraona, coniglio), con particolare attenzione a quella rossa che è ricca di grasso e purine difficili da digerire; un suo abuso può alzare il livello in circolo dell’acido urico.

6 – FRUTTA SECCA

Nella piramide non è riportata, ma anche la frutta secca gioca un ruolo importante nella dieta. Questa ha il vantaggio di non contenere zuccheri (quindi impatto glicemico minimo) e di contenere invece molti grassi monoinsaturi e polinsaturi, come i famosi omega-3 (soprattutto semi di lino, semi di canapa e noci), oltre che tante vitamine e sali minerali.

7 – CURCUMA

Si tratta di una spezia di colore giallo, ricavata dal rizoma della pianta curcuma longa, molto utilizzata in Oriente (specialmente in India) e un po’ meno qui da noi.

Dal momento che la curcuma gode di spiccate proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e soprattutto antitumorali, si consiglia a tutti un cucchiaino al giorno. Si può mescolare con delle zuppe, con il brodo di cottura delle verdure, o dei legumi, oppure si può usare per condire il risotto, per esempio al posto del nostro zafferano. Purtroppo da sola viene assimilata molto poco dal nostro organismo avendo una bassa biodisponibilità, ma studi scientifici hanno dimostrato che i benefici della curcuma possono essere aumentati fino a 20 volte se assunta in abbinamento con il pepe nero. La piperina contenuta nel pepe nero favorisce infatti l’assorbimento della curcumina: ne basta un pizzico, circa il 3% rispetto alla quantità di curcuma.

8 – LIMONE 

Il limone è un altro nostro prezioso alleato. A differenza delle arance e dei mandarini, questo agrume, all’interno del nostro organismo, si comporta come un potente alcalinizzante. Ha inoltre proprietà diuretiche e depurative e se aggiunto alla carne, al pesce, o alle verdure (tipo gli spinaci), aumenta esponenzialmente l’assorbimento del ferro contenuto in questi alimenti.

IL SALE 

Il sale da cucina (cloruro di sodio) e il sale dei dadi (glutammato di sodio) sono ricchi in una molecola molto pericolosa che è il sodio, capace di procurare ritenzione idrica, affaticamento cardiaco e ipertensione. Purtroppo solo da pochi anni il sale è troppo presente sulle nostre tavole, una volta era una spezia rara tant’è che con essa venivano pagati i soldati (da cui il termine salario). L’abuso di sale è sempre negativo e purtroppo è molto facile abusarne perché di sale ce n’è molto anche quando non lo vediamo, il sale infatti è presente in tutti i cibi inscatolati o conservati, nei succhi di frutta, nelle caramelle, nei salumi, nei biscotti, nel pane e così via. Superare dunque la soglia di pericolo è facilissimo. 

Consigliabile dunque salare meno possibile. L’eccesso di sale favorirebbe alcuni tipi di tumore (stomaco e pancreas). Il cloruro di sodio (il sale da cucina) viene consumato sempre in dosi fin troppo elevate. Infatti non bisogna considerare solo quello della saliera, ma considerare che determinate categorie di alimenti ne sono piene già di loro. Il sodio è praticamente contenuto in tutti i cibi, tranne che nella frutta. Il fabbisogno giornaliero di sodio è di 500mg. Ogni grammo di sale da cucina contiene circa 400 mg di sodio. 

Da qui si può capire quanto abuso di sale facciamo! Lo avreste mai detto che il pane costituisce una delle maggiori fonti per l’introduzione di sale? Altre fonti di sale sono i salumi, i formaggi, tutti i cibi in scatola, i dadi per brodo, le salse e perfino i dolci, sono ricchi di sale!

Il sale rosa dell’Himalaya rappresenta un’alternativa in cucina al sale tradizionale, ma è noto anche per le sue molteplici proprietà benefiche. Nel sale rosa dell’Himalaya sono presenti tantissimi minerali e almeno un’ottantina di altre sostanze ad esempio l’Ossido di Ferro, che è il responsabile dell’affascinante colorazione. Questo sale contiene anche Litio, Magnesio, Potassio e Calcio, sostanze notoriamente benefiche per l’organismo. Rispetto al sale bianco tradizionale, dunque, il sale rosa è naturalmente più ricco di elementi salutari mentre la concentrazione di Sodio è percentualmente distribuita in maniera diversa. Infine, essendo naturalmente ricco di iodio, il sale himalayano non necessita di aggiunte artificiali, come talvolta avviene per il sale bianco tradizionale. La presenza di tutti gli oligo-elementi sopraelencati e l’assenza di trattamenti chimici sbiancanti rendono quindi questo tipo di sale molto apprezzato e responsabile di numerosi benefici per l’organismo.

METODI DI COTTURA 

Importante è anche il modo con il quale i cibi vengono cucinati; un solo esempio: friggere delle patate con del buon olio di oliva vuol dire portare ad un’altissima temperatura un vegetale che non ha con sé nessun grasso capace di trasformarsi in pericolose molecole; se invece friggiamo delle uova, del pesce o della carne, noi portiamo ad altissime temperature alimenti ricchi in grassi che idrogenandosi, possono divenire molecole pericolose. 

Usiamo dunque metodi di cottura leggeri. 

I MIGLIORI METODI DI COTTURA:
  • AL VAPORE
  • BOLLITURA
  • STUFATI
  • COTTURA AL FORNO
PEGGIORI METODI DI COTTURA:
  • FRITTURA: libera acroleina
  • COTTURA ALLA BRACE: libera benizopirene, molecola altamente cancerogena
  • PENTOLA A PRESSIONE: l’alta temperatura cui l’alimento è sottoposto distrugge la vitamina C

SETTE REGOLE DA NON DIMENTICARE 

1. Mantenere un peso corretto (un eccesso ponderale favorisce alcuni tipi di tumore) 

2. Mantenere una dieta molto varia secondo i consigli indicati sopra 

3. Mangiare molta verdura e poca frutta 

4. Mangiare molti legumi e cereali integrali, con poco glutine o meglio ancora senza

5. Limitare il consumo di alcol 

6. Limitare il consumo di sale 

7. Abolire il fumo

Noi siamo quello che mangiamo”. – Ludwig Feuerbach

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