17Feb

IODIO E TIROIDE

“Una dieta carente di iodio può portare a ritardo mentale, gozzo o disturbi della tiroide. Il sale iodato è la misura preventiva più efficace utilizzata per controllare la carenza di iodio”. – Medindia

COS’È LO IODIO

Lo iodio è un elemento chimico. Il nome deriva dal greco antico e ha come significato viola o violetto a causa del colore dei vapori irritanti dell’elemento. E’ stato scoperto nel 1811, è diffuso in natura ma, sempre di più, presente in percentuali molto ridotte. Si trova nelle acque marine come iodato di sodio. 

È apparso sulla Terra in epoche più recenti rispetto ad altri elementi chimici e perciò si è depositato sulla superficie delle rocce e del suolo, al di sopra dello stato lavico profondo. Nel tempo, è stato lavato via dalle piogge e portato verso il mare, per questo ne possiede concentrazioni più elevate. Una piccola risiede anche nei terreni, dove viene assorbito dalle piante. 

EFFETTI SULLA TIROIDE

Lo Iodio, utilizzato anche come disinfettante, nella tintura di iodio, svolge un’importante azione preventiva nei confronti di una serie di malattie, tra cui principalmente quelle tiroidee. L’organismo umano infatti concentra lo iodio nella tiroide, dove entra nella formulazione di due ormoni, triiodiotironina (T3Tirosina con 3 atomi di iodio) e tiroxina (T4Tirosina con 4 atomi di iodio), regolatori di alcune funzioni metaboliche, tra cui lo sviluppo del sistema nervoso centrale, le attività cardiovascolari e l’accrescimento corporeo. 

Un buon funzionamento della tiroide è, quindi, alla base di una buona qualità della vita. Purtroppo sempre più persone soffrono di disturbi tiroidei e, purtroppo, non sempre è conclamata la diagnosi. 

Quasi sempre un problema di ipotiroidismo è facilmente identificabile con esami specifici (dosaggi di TSH – FT3 – FT4) e con l’ecografia. Oggi è frequente diagnosticare una tiroidite cronica autoimmune, detta anche tiroidite di Hashimoto, dove si creano autoanticorpi che non riconoscono la ghiandola tiroidea come self e di conseguenza la attaccano.

In tantissimi altri casi le cose non sono invece così semplici. 

Il problema non è una quantità insufficiente di ormoni circolanti ma una difficoltà nel loro metabolismo (ridotta conversione T4→T3). Infatti l’ormone T4, nel fegato, perde un atomo di iodio e diventa T3, che è la parte attiva dell’ormone, cioè il T3 tiene in vita tutti i processi metabolici. Quindi una normale produzione di ormoni, ma una ridotta conversione in T3, produce comunque un ipotiroidismo. 

In tal caso ci troviamo difronte a pazienti che, hanno gli esami nel range di normalità, ma vagano da un medico all’altro senza che nessuno sembri capire cos’hanno che non va. Continuano a non stare bene e tutto si attribuisce allo stress, all’ansia, oppure agli anni che passano. 

SINTOMI DA CARENZA DI IODIO

Questi sono alcuni dei sintomi che spesso questi pazienti lamentano: cefalea, stanchezza fisica e mentale, umore malinconico o depresso, difficoltà di concentrazione, peso che aumenta o che non cala, colesterolo che resta alto nonostante la dieta, freddolosità esagerata, pelle secca, unghie fragili, perdita di capelli, gonfiore agli occhi, al viso e alle dita spesso soprattutto al mattino, stitichezza e cattiva digestione, frequenti malattie da raffreddamento, cefalea, allergie, mestruazioni irregolari o dolorose, dolori muscolari e articolari, ecc.

Un test per capire se si è in ipotiroidismo, che si può fare comodamente a casa, consiste nel misurare la temperatura sublinguale, al risveglio tra le 7 e le 8 , per 6 giorni consecutivi, in stato di riposo assoluto e prima di alzarsi. Se la temperatura è inferiore a 36,4 C° è possibile che si è in presenza di un certo grado di ipotiroidismo che andrà comunque CONFERMATO DAL MEDICO. 

PREVENZIONE

Per prevenire questi disturbi bisogna essere certi di assumere abbastanza iodio. L’ipotiroidismo silente, infatti, oltre che all’inquinamento atmosferico (il grado radioattivo dell’aria è molto aumentato) può dipendere semplicemente da una carenza di iodio. 

In una persona sana, il fabbisogno giornaliero di iodio è di 150 microgrammi, quantità che aumenta in gravidanza (il feto ha bisogno di iodio per sviluppare il sistema nervoso) e durante l’allattamento, fino a 250-300 microgrammi. 

DOVE SI TROVA

Sfatiamo subito un mito: nell’aria dei nostri mari non c’è più la stessa quantità di iodio di prima. In molti pensano che basti una passeggiata in riva al mare per fare il pieno di questo importante minerale, ma purtroppo non è così. Lo iodio si assume solo attraverso gli alimenti, in particolare il pescato marino, e la carenza è sostanzialmente dovuta all’impoverimento di iodio nei nostri mari e ad un’errata alimentazione. Non è sufficiente inspirare la brezza della battigia, perché la quantità di iodio che evapora dal mare e che l’organismo assorbe è purtroppo esigua.

La fonte principale di iodio per l’organismo umano è rappresentata dagli alimenti, dalle orate ai saraghi, o i crostacei, per esempio i gamberi e i molluschi, come le vongole e i calamari. Tutti i pesci contengono iodio perché l’assorbono. Allo stesso modo i pesci dei mari del Nord forniscono quantità importanti del micronutriente, tra questi la platessa, che è tra i surgelati più diffusi e che sotto zero non perde lo iodio. Anche le verdure del mare, le alghe (kelp, nori, kombu, wakame,…), apportano iodio. Molto! Se piacciono, possono entrare a far parte dei menù. Sono abbondanti nei pasti dei giapponesi che, infatti, non hanno problemi di gozzo. 

Anche il latte, le uova e le verdure contengono una piccola quantità di iodio, concentrazioni variabili in base alla ricchezza dello stesso nel terreno, in ogni caso non sufficiente a sopperire il fabbisogno giornaliero.

È quindi facilmente intuibile il fatto che, chi non mangia pesce o alghe, assumi molto poco iodio e quanto, di conseguenza, la tiroide possa soffrirne.

Per fortuna da anni è presente sulle nostre tavole il sale iodato. La Legge n. 55/2005 prevede interventi di iodoprofilassi, mentre dal 2009 c’è l’obbligo di verificare l’uso del sale iodato nelle mense scolastiche. In Italia c’è stato quindi un miglioramento dell’assunzione di iodio rispetto al passato, ma comunque non sufficiente in quanto ne persiste una carenza nutrizionale che determina ancora un’alta frequenza di gozzo e di altri disordini correlati. 

In definitiva bisogna essere certi di assumere nutrienti specifici (quali selenio, zinco, iodio, vitamina D, ecc.) il tutto per nutrire e stimolare la ghiandola tiroidea, affinché questa possa produrre in maniera ottimale i suoi ormoni e soprattutto perché questi vengano poi adeguatamente metabolizzati.

08Feb

SULLA MELATONINA 

La melatonina guida le cellule a fare tutto ciò che serve a mantenere il corpo funzionante come una macchina altamente efficiente, quale esso è.” – Prof. W. Pierpaoli

MELATONINA E ORMONI

Quando si parla della melatonina, si pensa in generale al jet-lag o all’insonnia, ma negli ultimi tempi si raccomanda l’uso alle donne affette da malattie immunomodulanti, malattie linfoproliferative e cancro al seno, oltre che per accompagnare i sintomi della fibromialgia e malattie simili.

La melatonina ha proprietà fondamentali, come quella di influenzare in maniera positiva tutte le ghiandole compresa la tiroide e quindi armonizza tutti gli ormoni del corpo.

La melatonina viene prodotta dalla ghiandola pineale (quella che gli orientali chiamano “terzo occhio”) e viene considerata per errore un ormone. Uno dei ricercatori più famosi in questo campo, il Prof. Walter Pierpaoli, preferisce semmai definirla semplicemente una molecola.

La ghiandola pineale è deputata al controllo dell’orologio del nostro corpo, tra cui i cicli circadiani che regolano le fasi di sonno e di veglia e l’orologio biologico a lungo termine, ovvero il sistema che detta le tappe ormonali più significative, come l’ingresso nella pubertà o nella menopausa. 

In pratica la ghiandola pineale è il direttore d’orchestra del nostro assetto ormonale. Nella ghiandola pineale c’è scritta la data della nostra morte, nel senso che quando la pineale smette di risincronizzare le ghiandole endocrine il corpo si prepara lentamente a morire. 

Dal momento che la melatonina viene prodotta specialmente di notte, una sua corretta integrazione è utile ANCHE per chi soffre di insonnia, come trattamento e prevenzione del jet-lag e per chi fa i turni al lavoro.

Come anticipato, la più affascinante e innovativa ricerca sulla melatonina è stata condotta dal Dr. Pierpaoli, che fece scalpore sin dal lontano 1996 con la pubblicazione del suo libro best seller “La Fonte della Giovinezza”, frutto di decenni di ricerca sulla melatonina e sui suoi effetti. Qualche anno dopo, la sua ricerca ha dato vita ad una pubblicazione, apparsa nel 2001 sulla rivista Experimental Gerontology, che documenta il ripristino delle condizioni ormonali in un gruppo di donne in premenopausa, menopausa conclamata e post menopausa.

Constatando che, con l’avanzare dell’età, la pineale produce sempre meno melatonina, si è cercato di dimostrare che, assumendo questa molecola quando i suoi livelli iniziano a declinare, è possibile rallentare, fermare e persino invertire le patologie croniche e gli effetti dell’invecchiamento, e questo avviene perché la melatonina è capace di risincronizzare i ritmi circadiani dei cicli sonno-veglia, ma soprattutto il sistema endocrino – immunitario generale.

Assumendo quindi una micro dose di melatonina ogni notte, secondo il Dr. Pierpaoli, si mette a riposo la pineale, proteggendola dall’invecchiamento e rallentando il processo di degenerazione di tutte le altre ghiandole e degli organi. 

LA MELATONINA RESTAURA LA FUNZIONE TIROIDEA

Negli ultimi anni ci troviamo in una situazione di ipotiroidismo subclinico. Spesso vi sono segni di una scarsa secrezione degli ormoni T3 e T4, purtroppo non sempre conclamata è la diagnosi. Quasi sempre un problema di ipotiroidismo è facilmente identificabile con esami specifici (dosaggi di TSH – FT3 – FT4) e l’ecografia. Oggi è frequente diagnosticare una tiroidite cronica autoimmune, detta anche tiroidite di Hashimoto, dove si creano autoanticorpi che non riconoscono la ghiandola tiroidea come self e la cominciano ad attaccare. In tantissimi altri casi le cose non sono invece così semplici.

Il problema non è una quantità insufficiente di ormoni circolanti ma una difficoltà nel loro metabolismo (ridotta conversione T4→T3). Infatti l’ormone T4, nel fegato perde un atomo di iodio e diventa T3, che è la parte attiva dell’ormone, cioè il T3 tiene in vita tutti i processi metabolici. Quindi una normale produzione di ormoni, ma una ridotta conversione in T3, produce comunque un ipotiroidismo.

Questi sono alcuni dei sintomi che spesso questi pazienti lamentano: cefalea, stanchezza fisica e mentale, umore malinconico o depresso, difficoltà di concentrazione, peso che aumenta o che non cala, colesterolo che resta alto nonostante la dieta, freddolosa esagerata, pelle secca, unghie fragili, capelli che cadono, occhi, viso e dita spesso gonfi soprattutto al mattino, stitichezza e cattiva digestione, frequenti malattie da raffreddamento, cefalea, allergie, mestruazioni irregolari o dolorose, dolori muscolari e articolari…

Un test, che si può fare comodamente a casa, per capire se si è in ipotiroidismo, consiste nel misurare la temperatura sublinguale, al risveglio tra le 7 e le 8, per 6 gg, in riposo assoluto e prima di alzarsi. Se la temperatura è inferiore a 36,4 C° è possibile che siamo in presenza di un certo grado di ipotiroidismo che andrà comunque CONFERMATO DAL MEDICO.

E’ stato dimostrato dalla ricerca che la sola somministrazione di melatonina è in grado di ripristinare il rilascio corretto di questi ormoni e, soprattutto, la conversione da T4 a T3, equilibrando così la funzionalità della tiroide.

Gli studi sulle donne in menopausa del prof. Pierpaoli hanno messo in luce anche la riduzione della depressione, uno dei sintomi più comuni in menopausa, nel 96% dei soggetti coinvolti. Allo stesso modo, si sono ridotte le vampate di calore, le palpitazioni cardiache ed è migliorata la qualità del sonno. E’ possibile, secondo il Dottor Pierpaoli, che il calo della melatonina che si verifica in una donna che ha superato i quarant’anni, possa essere il segnale ormonale che indica al corpo che è il momento di iniziare la transizione verso la premenopausa. Tra i 40 e i 44 anni, infatti, la melatonina diminuisce in maniera sostanziale. La successiva fase di declino avviene tra i 50 e i 54 anni. 

Secondo Pierpaoli, la melatonina agisce come un adattogeno ormonale, contribuendo ad equilibrare la funzione delle surrenali, della tiroide e degli ormoni riproduttivi, oltre che il mantenimento della ciclicità degli ormoni, a breve e a lungo termine. 

Inoltre, pare che la melatonina aumenti la densità dei recettori degli estrogeni nei tessuti bersaglio, come seno, utero e ovaie, migliorandone la sensibilità.

Altri effetti della melatonina che sono stati riferiti dal ricercatore sono:
  • bilanciamento dei livelli di cortisolo
  • prevenzione dell’atrofia di ovaie, vagina e utero
  • estensione della fertilità
  • aumento del colesterolo HDL
  • riduzione della pressione sanguigna
  • Infine possiamo dire che la melatonina non cura il cancro, ma il cancro non può essere curato senza melatonina.

Va sottolineato, inoltre, che non tutti gli integratori a base di melatonina in commercio sono efficaci. Alla luce della sua ricerca decennale, il Dottor Pierpaoli ha messo a punto un integratore di melatonina con l’aggiunta di zinco e selenio. La sua raccomandazione è di assumere una compressa di questo prodotto ogni sera tra le 22 e le 24, o un’ora prima di andare a dormire. Questo permette di avere una buona riserva di melatonina nel momento del “picco notturno”, ovvero quando il corpo la andrebbe naturalmente a produrre. Solo così è possibile mettere a riposo la pineale e rimandare il processo di invecchiamento.

I principali effetti collaterali dell’assunzione a basso dosaggio di melatonina riportati in letteratura sono un po’ di intontimento mattutino, sogni vividi o leggera emicrania, ma sono sintomi che si presentano in una percentuale davvero esigua di soggetti, sono passeggeri e dipendono dal grado di stanchezza e di stress del soggetto che comincia ad assumere melatonina.

La malattia non è altro che l’ovvia conseguenza di un’alterazione cronica dei ritmi ormonali.” – Prof. W. Pierpaoli